La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 18 marzo 2017

Crimini dell’apartheid

di Vijay Prashad
Apartheid è una parola potente che evoca l’esperienza del Sudafrica e che ha implicazioni di crimini contro l’umanità. Le Nazioni Unite non usano questa parola liberamente. Entra raramente nei rapporti dell’ONU e non si sente dalla bocca dei suoi funzionari. Ora, invece, in un rapporto diffuso il 15 marzo a Beirut, in Libano, l’ONU ha proclamato che Israele ‘è colpevole del crimine di apartheid’. Questo è un giudizio molto significativo che ha importanti ramificazioni per l’ONU, per la Corte Internazionale di Giustizia e per la comunità internazionale.
Nel 2015, la Commissione Economica e Sociale delle Nazioni Unite per l’Asia Occidentale ESCWA) è stata incaricata dai suoi stati membri – i 18 stati arabi in Asia Occidentale e in Africa – di studiare se Israele aveva instaurato un regime di apartheid. L’ESCWA ha chiesto a due accademici americani – Richard Falk e Virginia Tilley – di intraprendere questo studio. Falk era stato Relatore Speciale dell’ONU sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi dal 2008 al 2014. La Tilley era stata Capo di una Ricerca nel Consiglio di Ricerca del Sudafrica per le Scienze Umane che nel 2009 aveva prodotto uno studio che mostrava condizioni tipo apartheid a Israele e nei Territori Palestinesi Occupati. Il rapporto che hanno ora elaborato fa la ‘grave accusa’ che Israele è colpevole di apartheid non soltanto in Cisgiordania, a Gaza e a Gerusalemme Est – il Territorio Occupato – ma anche all’interno dei suoi stessi confini e contro i rifugiati palestinesi. Questo è un rapporto molto grave che sarà molto difficile che Israele ignori.
Fine del consenso ai due stati?
IL Primo Ministro di Israele, Benjamin Netanyahu è stato di recente a Washington, D.C., per incontrare il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. In quell’incontro, Trump è sembrato che ignorasse il consenso internazionale verso la creazione dei due stati. Infatti, come mostrano questo e altri rapporti, la soluzione dei due stati è stata a lungo sminuita. Il progetto di insediamento illegale ebraico in Cisgiordania del governo di Israele e la virtuale annessione che vuole fare di Gerusalemme Est rende impossibile immaginare che la Palestina si insedi in quella zona. Quello che esiste è un solo stato con Israele che ha esercitato il suo dominio in tutta la terra a ovest del fiume Giordano, ma un solo stato con un sistema di apartheid, con gli ebrei israeliani in posizione dominante sui palestinesi. Il nuovo rapporto dell’ONU parla a proposito di questa inquietante situazione di apartheid non soltanto nel Territorio Occupato della Cisgiordania e di Gerusalemme Est, ma anche in tutta Israele.
Un motivo per cui il governo israeliano non è disposto a considerare la soluzione con un solo stato con diritti uguali per tutti gli israeliani e i palestinesi è quello che chiamano un ‘minaccia demografica’. Se i 12 milioni di palestinesi – esiliati e rifugiati compresi – fossero cittadini di questo unico stato, allora sovrasterebbero i sei milioni di ebrei del paese. Il rapporto dell’ONU sostiene che Israele è un ‘regime razziale’ perché le sue istituzioni sono basate sul mantenimento di una nazione ebraica con tecniche di soppressione ed espulsione.
Discriminazione enorme
I palestinesi che hanno la cittadinanza israeliana (ezrahur) non hanno il diritto alla nazionalità ( le’um) e questo significa che possono accedere soltanto ai servizi sociali inferiori, che affrontano leggi urbanistiche restrittive e che si trovano impossibilitati a comprare della terra senza restrizioni. I palestinesi a Gerusalemme Est sono ridotti alla condizione di residenti permanenti che devono costantemente dimostrare che vivono nella città e che non hanno alcuna ambizione politica. I palestinesi in Cisgiordania vivono in ‘modi coerenti con l’apartheid’, come scrivono gli autori del rapporto dell’ONU. E coloro che sono esiliati nei campi profughi il Libano, in Siria e in Giordania, non hanno assolutamente alcun diritto alla loro terra natia. Tutti i palestinesi, sia quelli che vivono ad Haifa (Israele) o ad Ain al-Hilweh (Libano) subiscono le conseguenze dell’apartheid israeliana. Questo oltraggio è accentuato da leggi che umiliano i palestinesi. La legge più recente – Legge del Muezzin – impone limiti al richiamo del Muezzin alla preghiera a Israele e a Gerusalemme Est.
Le cose sarebbero meno gravi se il sistema politico israeliano permettesse ai palestinesi il diritto di perorare la loro causa contro le condizioni tipo apartheid. L’Articolo 7 (a) della Legge Fondamentale proibisce a qualsiasi partito politico di considerare una contestazione al carattere ebraico dello Stato. Dato che la definizione dello stato di Israele rende i palestinesi cittadini di seconda classe, i loro diritti di voto si riducono semplicemente a un’affermazione della loro subordinazione. Come indica un rapporto dell’ONU, ‘Un’analogia sarebbe con un sistema in cui gli schiavi hanno il diritto di votare ma non contro la schiavitù.’ Ai palestinesi che vivono dentro Israele e nei Territori Occupati e anche in esilio forzato, viene proibito di combattere per cambiare i termini della politica in Israele. Questo blocco è il motivo per cui il rapporto dell’ONU fa appello alla comunità internazionale di essere all’altezza dei suoi impegni.
Dal momento che la maggior parte degli stati del mondo ha firmato la Convenzione contro l’apartheid, sono ora obbligati a punire esempi di apartheid. Risaltano due raccomandazioni presenti nel rapporto. Primo, gli autori chiedono che la Corte Criminale Internazionale (ICC) indaghi sulla situazione in Israele. Il procuratore capo dell’ICC, signora Fatou Bensouda, ha aperto un’indagine sul bombardamento di Israele contro Gaza nel 2014 e sugli insediamenti illegali in Cisgiordania. La Signora Bensouda ha detto di non essere contraria a una completa valutazione delle azioni di Israele. Se amplierà lo scopo della sia indagine alla natura di apartheid dello stato è una cosa a parte. Secondo, il rapporto chiede che gli stati membri permettano ‘le azioni penali nei riguardi di funzionari israeliani che siano chiaramente collegati a pratiche di apartheid contro i palestinesi.’All’inizio di quest’anno, l’ex Ministro degli Esteri israeliano, Tzipi Livni ha cancellato un viaggio a Bruxelles quando era stata avvertita che i procuratori l’avrebbero potuta arrestare usando il principio della giurisdizione universale. Queste azioni aumentano il costo per Israele delle sue politiche di apartheid.
L’anno scorso, quando il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha dichiarato che gli insediamenti nei Territori Occupati erano illegali, c’è stata la preoccupazione in Israele che la Signora Bensouda avrebbe accelerato la sua opera. Altri in Israele hanno detto che non c’era nulla di nuovo nella risoluzione che non usava la parola ‘grave’ per definire la situazione, e che non considerava che le azioni di Israele fossero un crimine di guerra. Invece, il nuovo rapporto fa entrambe le cose. Se si riconosce che Israele è uno stato dove vige l’apartheid, allora questo è equivalente a un crimine di guerra (nel Protocollo Aggiuntivo del 1977 alle Convenzioni di Ginevra) e a un crimine contro l’umanità (nella Convenzione sull’Apartheid del 1973 e nello Statuto di Roma del 1998 della Corte Penale Internazionale).
La reazione dell’India
Per preparare il terreno al viaggio del Primo Ministro indiano Narendra Modi a Israele alla fine di quest’anno, il suo Ministro degli Esteri S. Jaishankar andrà presto a Israele. Arriva notizia dal Ministero degli Affari Esteri che è probabile che Mr Modi non visiterà i Territori Occupati, e questo sarà un affronto alla Palestina. La reazione complessiva dell’India a questo rapporto definirà l’atteggiamento di Mr Modi verso Israele. L’uscita di questo rapporto e le sue forti conclusioni, dovrebbero far esitare Mr Modi a distruggere decenni di consenso alla Palestina da parte dell’India. L’India eserciterà la sua leadership nel difendere la legge internazionale come aveva fatto nella lotta contro l’apartheid in Sudafrica? Oppure l’India si allontanerà dai suoi alti principi e si accontenterà di trattative per le armi e di vuota retorica?

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: The Hindu
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2017 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0

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