La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 18 marzo 2017

O accetti i voucher, o non ti chiamiamo più

di Maurizio Di Fazio
A proposito di voucher. Questa è la storia di Salvatore (il nome è di fantasia), un cameriere palermitano di 57 anni, con moglie e tre figli, che dopo 35 anni di lavoro continuativo nel ristorante di un noto villaggio turistico siciliano si è visto negare il rinnovo del contratto, e da due anni è senza lavoro. “O accetti i voucher, o non ti chiamiamo più”. Nel settore del turismo, fino a pochissimo tempo la pietra d’angolo era il contratto nazionale stagionale a tempo determinato: durava da aprile a ottobre, il suo rinnovo avveniva in automatico, comprendeva contributi previdenziali, ferie pagate, buonuscita di fine stagione.
D’inverno, poi, volendo arrotondavi in qualche maniera; ma dalla primavera all’inizio dell’autunno stavi tranquillo. Eri assunto, sostanzialmente, a tempo indeterminato. Nessuno sarebbe mai stato cacciato dalla mattina alla sera. “Poi le aziende turistiche si sono dette: ‘Perché fargli un contratto vero e proprio se possiamo utilizzarli attraverso i voucher, che ci costano molto di meno e ci svincolano da tutte quelle rogne come le ferie, la pensione, le rivendicazioni sindacali?’.
Per loro, una manna dal cielo” racconta all’Espresso Salvatore. E così questo comparto vitale per la nostra economia è stato colonizzato dalla deregulation più selvaggia. “Ti chiamano una settimana sì e una no; a volte anche qualche giorno e basta. Porte girevoli. In teoria il compenso sarebbe di 37 euro a giornata per 5 ore di lavoro. Ma per la stessa cifra si finisce quasi sempre per lavorare il doppio. E se protesti, se provi a far valere le tue ragioni, vieni messo alla porta e avanti un altro. Tanto ce ne sono altri mille in attesa pronti a subentrare, e a testa bassa, al posto tuo”. Il marxiano esercito industriale di riserva di oggi è ingrossato da ragazzini di 16, 18, 20 anni alle primissime armi lavorative, privi di competenze ma senza alcuna pretesa di diritti e qualità nel proprio lavoro. “Se avessero trovato dei camerieri più esperti di me, che parlino, non so, più lingue di quante ne parlo io, avrei capito e accettato la mia cacciata. Ma non è stato così. Non è mai così. Sostituiscono professionisti che stanno in quel posto da decenni, che conoscono tutto e tutti lì dentro, che hanno maturato una robusta padronanza tecnica e linguistica, con adolescenti che comunicano magari a stento persino in italiano… - ci dice ancora Salvatore -. Un diciottenne accetta qualunque ordine e sopruso e lavora il 200 per cento del pattuito per la somma stabilita in partenza. Non ha famiglia. Non ha trascorsi. Non pensa al domani”.
Salvatore non si dà pace: “Ormai le cose vanno in questo modo. Non c’è più controllo. Non si guarda più alle persone, alla loro storia. È una giungla. Siamo diventati dei semplici numeri. Mi hanno spremuto per 35 anni e mi hanno buttato via come se nulla fosse. E non c’è più nessuno che possa aiutarmi, aiutarci. Prima almeno esisteva un sindacato forte che ci tutelava, batteva i pugni, andava a trattare con le imprese. Con questi voucher non hanno regolarizzato il lavoro nero: l’hanno fatto aumentare”.
L’estate scorsa i turisti si sono accorti della sua improvvisa e inopinata scomparsa: “Alcuni americani, non vedendomi in sala, sono venuti a trovarmi a casa: “Tu eri il più gentile e simpatico di tutti, quello che parlava più lingue, ci dispiace tanto…”. Perché con numerosi villeggianti si era creato un rapporto che andava oltre la consuetudine. Un legame di empatia, amicizia. “C’era chi tornava apposta per noi. Ma i capi di tutto questo se ne infischiano”. Difficile spiegare soprattutto ai figli che il tenore di vita del passato rischia di non ritornare mai più: “Il mio primogenito fa l’università a Viterbo. La mia ragazza più grande si è diplomata l’anno scorso e si è presa un anno sabbatico, ma adesso vorrebbe continuare gli studi. L’altra ha sedici anni ed è iscritta alle superiori. Qualche giorno fa una di loro è venuta da me e mi ha detto: “Papà, ma come faremo ad andare avanti? È da tanto che non lavori”. Mi vedono tutti i giorni in casa, è umiliante”.
Difficile ricominciare a quasi sessant’anni: “Nessuno mi ha richiamato per la prossima stagione estiva. Ho mandato, invano, decine di curriculum in tutt’Italia. Spero che qualcuno apra gli occhi e ricominci a tenere conto delle professionalità acquisite. Io non accetterò mai di essere retribuito in questo modo ingannevole. Se c’è da lavorare con un normale contratto stagionale, in qualsiasi punto della cartina, molto volentieri, non aspetto altro. Ma coi voucher no, mai più”.

Fonte: L'Espresso 

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