La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 18 marzo 2017

Un controvertice europeo a Roma

di Alfonso Gianni
In occasione delle celebrazioni del sessantesimo della firma dei Trattati, avvenuta il 25 marzo del 1957 a Roma e che diedero vita alla Unione Europea (allora Cee) si terrà nella capitale un fittissimo programma di dibattiti e manifestazioni tra il 23 e il 25 marzo. Un vero e proprio controvertice, il cui programma completo può essere consultato su www.lanostraeuropa.org. Tra queste iniziative vorrei segnalare in particolare l'incontro con Gregor Gysi, presidente del Partito della Sinistra europea, e Alexis Tsipras, il premier greco che si terrà nell'aula magna de "La Sapienza" a partire dalle 17.30 di venerdì 23 marzo e la manifestazione che partirà da piazza Vittorio il 25 marzo alle ore 11.00 per concludersi al Colosseo, ove confluirà anche la Marcia per l'Europa del Movimento federalista.
Il tutto è stato organizzato da una larghissima coalizione di associazioni, sindacati, movimenti, centri sociali, reti italiane ed europee.
L'obiettivo è quello di salvare l'Europa, non di disgregarla o di uscirne. Di salvarla innanzitutto dalle sue stesse politiche che hanno aggravato la crisi economica anziché risolverla. Quelle che hanno elevato barriere contro le migrazioni alimentando così le peggiori pulsioni xenofobe e razziste. Quelle che hanno prodotto accordi come il fiscal compact sul rientro dal debito che si vorrebbe inserire nel corpo dei Trattati europei e che provocherebbero un aggravamento senza precedenti della recessione su scala continentale, già violentemente investita da disoccupazione e povertà, bassi redditi e grandi diseguaglianze. Se non si cambia politica il progetto europeo e la stessa moneta unica si disintegrano. La Brexit è stata solo una avvisaglia. D'altro canto la sconfitta in Olanda nelle recenti elezioni delle forze più retrive di Wilders, il crollo dei laburisti che avevano collaborato con i liberali al governo del paese, la buona affermazione delle forze della sinistra alternativa dimostrano almeno due cose. La prima è che il cosiddetto populismo di destra può essere contenuto e sconfitto, a patto che lo si combatta apertamente, contrastando a viso aperto i suoi argomenti in tema di migrazioni, di sicurezza, di gretto nazionalismo, anziché rincorrerlo per lisciargli il pelo. La seconda è che quindi non è necessario per combattere il pericolo delle destre stringersi attorno alle elites tecnocratiche che governano i paesi europei e la stessa Ue nella logica del meno peggio.
Queste ultime, sulla scorta del vertice di Versailles tra la Merkel, Rajoy, Hollande e Gentiloni, del cosiddetto Libro Bianco di Juncker, degli ultimi documenti del Consiglio Europeo si orientano verso la proposta dell'Europa a due velocità. Non è una novità. Già Schauble e Lamers, allora dirigenti della Cdu tedesca, l'avevano proposta nel 1994. Significherebbe lo smembramento dell'Europa. Da un lato un ristretto gruppo di paesi - e chi l'ha detto che l'Italia potrebbe farne parte? - che praticano le peggiori politiche neoliberiste a scapito degli altri che non potrebbero sottrarsi alle regole dell'austerità, senza potere acquisire alcun vantaggio né in termini di politica monetaria né di autonomia di bilancio. L'elezione di Trump, le sue dichiarazioni di disimpegno nei confronti dell'Europa, il rapporto preferenziale con la Brexit, anziché spingere la Ue verso il rafforzamento di una unità politica basata su principi solidali, ha rinvigorito spinte militariste al punto da chiedere che dai vincoli dei Trattati non siano esclusi gli investimenti produttivi (la cosiddetta golden rule) ma le spese belliche. Contemporaneamente si intensifica la guerra ai migranti, accentuando tutte le misure restrittive e pessimi accordi con i paesi del sud del Mediterraneo, come quello dell'Italia con la Libia. In questo modo viene meno uno dei ruoli essenziali che giustificano l'esistenza di un'Europa unita nel mondo: quello di essere un fattore di pace.
Non è questa l'Europa di cui abbiamo bisogno. Di cui il mondo ha bisogno. Tornare alle piccole patrie non avrebbe senso né migliorerebbe la situazione per coloro che ci vivono. Bisogna abbattere i muri; perseguire politiche economiche volte a un diverso modello di sviluppo economico che difenda occupazione, reddito, ambiente, libertà di movimento per le persone e per i migranti; democratizzare gli organi europei, dando la parola ai popoli e ai cittadini, ponendo le basi per la costruzione di una costituzione europea che accolga i punti più alti del pensiero e della scrittura costituzionali del dopoguerra. Riscrivere i trattati, quindi anziché infilarci il fiscal compact.
"Vaste programme", potrebbe dire ironicamente qualcuno riprendendo la celebre frase di de Gaulle. Proprio per questo il 23, il 24, il 25 marzo saranno giorni di una intensa discussione che non si esaurirà certamente in quelle date. Come scrivevano nel lontano agosto del 1941 gli estensori del famoso manifesto di Ventotene: "La via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà".

Fonte: Huffington Post - blog dell'Autore 

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