La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 25 maggio 2017

Il rapporto Istat 2017: la trasformazione delle disuguaglianze e l’identità di sinistra

di Nestore Pirillo
I Un ritratto Il “ritratto” della società italiana che emerge dalla sintesi letta da Giorgio Alleva alla presentazione del Rapporto annuale dell’Istat 2017 è di grande interesse per un’analisi della situazione “concreta” del Paese. Specie dopo i tre giorni della Conferenza di discussione a Milano (‘’Fondamenta – L’Italia nel mondo nuovo’’ 19/21 Maggio), richiama con forza l’attenzione di quanti hanno a cuore una politica di emancipazione delle classi subalterne in Italia, e insieme la ricostruzione di una identità di sinistra, oggi. Le domande che da quest’angolo visuale vengono alla mente del lettore interessato si sovrappongono. Che cosa sopravvive dell’identità della sinistra novecentesca in questo “ritratto”?
E’ possibile una identità nuova, capace di restituire autonomia politica e culturale? Un’identità non solo di protesta, effetto della “melanconia” militante dei gruppi dirigenti o delle “identificazioni proiettive” degli intellettuali ?
II. Lutto, melanconia e passaggi Forse si può leggere come una specie di elaborazione del lutto, la citazione, nel Rapporto, dello studio “classico” di Paolo Sylos Labini (Saggio sulle classi sociali, 1974 ). E anche il riferimento ai sociologi, Antonio Schizzerotto e Antonio Cobalti (Università di Trento), può essere considerato un modello di “passaggio del testimone”, necessario all’indagine intorno alla “questione sociale” in Italia. Con un’analisi sbagliata di tale questione – per riprendere un’osservazione di Palmiro Togliatti, ricordata da Alfredo Reichlin ( Il silenzio dei comunisti, Torino, Einaudi 2002)) – si sbaglia tutto, anche in Articolo Uno. Modernizzazione e rappresentanza, governabilità, rimandano non alla teologia politica, ad una costruzione ideologica della storia “nazionale” aggiustata a sinistra, ma alle scienze sociali, ad una lettura critica, urgentemente “multidimensionale” del nostro presente, diversamente plurale, dovuto all’orizzonte di aspettative proprie, “determinate dalle crisi degli ultimi lustri“. Il 2008 è “l’anno cruciale della grande recessione“. Nel Rapporto si indagano aspetti e sviluppi, alcuni già noti a sinistra . Si tratta di riprenderli ancora, nell’insieme e politicamente. Il recupero del voto, del “nostro popolo” che non vota più la sinistra, il superamento della rottura, tra i gruppi dirigenti e tra questi e la “base”, l’ “elettorato”, le “masse” – che data da parecchio, da troppo – la ricomposizione del centrosinistra, non passano per la moltiplicazione di partiti immaginari ma per la grande trasformazione, spesso e variamente focalizzata, di una ragion d’essere della Sinistra: le disuguaglianze (su cui nella Conferenza ha insistito Bersani), a cui la Sinistra, però, oggi non riesce, politicamente e programmaticamente a rispondere, con una mediazione.
III Disuguaglianze ed effetto classe A che è dovuta, almeno in parte, la trasformazione delle disuguaglianze, di questo indicatore fondamentale dell’identità di sinistra, è così spiegato nel contributo della “mappa” dell’Istat . “La progressiva frammentazione del tessuto sociale – si legge nella Sintesi del Rapporto (p.4) – ha portato nel tempo a un’attenuazione del concetto di ‘classe’, quale che ne sia la definizione o il campo teorico di riferimento…. [ e ha] comportato, dal punto di vista delle soggettività, un effetto (neretto mio, np) rilevante sul senso di appartenenza e sull’identità sociale”. La polemica sui “traditori” ha un fiato corto. La classe operaia e la classe media, una volta, responsabilmente radicate nella struttura produttiva del Paese, oggi partecipano a nessi globalizzati . La prima ha abbandonato o offuscato il ruolo di spinta all’equità sociale mentre la seconda non è più alla guida del cambiamento e dell’evoluzione sociale in termini sia produttivi sia di costumi. “Una delle ragioni per le quali ciò è avvenuto – si legge ancora nel Rapporto – è la perdita dell’identità di classe, legata alla precarizzazione e alla frammentazione dei percorsi lavorativi, ma anche al cambiamento di attribuzioni e significati dei diversi ruoli professionali”. Interi segmenti di popolazione non rientrano più nelle classiche partizioni: per es. giovani con alto titolo di studio sono occupati in modo precario, stranieri di seconda generazione non hanno il background culturale dei genitori, a stranieri di prima generazione non viene riconosciuto il titolo di studio conseguito. Una fetta sempre più grande di esclusi dal mondo del lavoro si forma col progressivo invecchiamento della popolazione” ( Focus Cap. 2 Approfondimento e analisi)
IV Cristallizzazione e composizione della Diseguaglianza
La disuguaglianza non è solo aumentata ma ha una sua propria composizione in rapporto alla frammentazione sociale. E’ cristallizzata “in assenza di mobilità sociale”. E’ una disuguaglianza non più solo distanza tra classi diverse ma composizione stessa delle classi e loro relazione. Nella complessità delle attuali forme lavorative, quando più fluido si rende il passaggio da un gruppo sociale a un altro, sia in ascesa sia in discesa, tanto più evidenti sono le ricadute sulla percezione di appartenenza e sulla possibilità di guadagnare mobilità sociale verso l’alto, sia intragenerazionale sia intergenerazionale.
Tra le ricadute di queste disuguaglianze c’è quella che concerne la partecipazione e l’esclusione. La partecipazione attiva alla vita politica del Paese riguarda gruppi di popolazione abbastanza ristretti ed è condizionata dalle risorse culturali di cui si dispone, dalla posizione lavorativa, dal contesto di residenza, oltre che dal sesso e dall’età. Alla vita politica del Paese partecipano più attivamente gli appartenenti alla classe dirigente (14,8%) e alle famiglie di impiegati (11,6%). La partecipazione è, invece, al minimo (4,9%) nelle famiglie degli operai in pensione, caratterizzate da titoli di studio bassi ed età media elevata
Un’altra ricaduta è quella sul “dualismo territoriale”: sulle due Italie che sopravvivono allo storicismo di Croce, Gentile e Gramsci. Nel Mezzogiorno sono maggiormente presenti gruppi sociali con profili più fragili e meno agiati; al Nord e, in misura minore, al Centro gruppi sociali a medio o alto reddito. Tra queste ricadute una differenza significativa, è quella relativa al gruppo delle famiglie a basso reddito con stranieri che, per scelte lavorative, risultano prevalentemente collocate nelle zone settentrionali del Paese.
La distribuzione dei gruppi per grado di urbanizzazione del territorio fa che famiglie tradizionali della provincia e giovani blue-collar caratterizzano prevalentemente le zone rurali, mentre classe dirigente, pensioni d’argento e famiglie a basso reddito con stranieri risiedono in aree altamente urbanizzate (Focus Cap. 2 Approfondimento e analisi (p.9-10)
V Persone e cose. Liberalizzare da sinistra
Le dinamiche, che le scienze sociali rendono visibili, sono già il risultato della modernizzazione in atto nel paese. Governarle e rappresentarle non può assolutamente essere “né di destra, né di sinistra”, per il solo fatto che una tale prospettiva presuppone una “rivoluzione passiva” dei vecchi rapporti, da dissolvere – come lo statuto dei lavoratori – nelle attuali disuguaglianze; e insieme presuppone, diciamolo senza arrossire, la perpetuazione della frammentazione della forza-lavoro come merce, nel nome di una positiva e “moderna” flessibilità.
La ricostruzione di una identità di sinistra in Italia non può non passare per uno spazio che favorisce l’organizzarsi delle nuove – nei contenuti – disuguaglianze. E’ un ritardo culturale dei gruppi dirigenti la conoscenza approssimativa dei dispositivi che le producono come questo presente: dove, 1) istituzionalmente, il governo del potere pubblico è sempre meno pubblico, confuso col segreto, il privato, la propaganda (Cfr Norberto Bobbio “La democrazia e il potere invisibile“, 1980; Francesca D’Agostini “Verità avvelenata. Buoni e cattivi argomenti nel dibattito pubblico”, Torino, Bollati Boringhieri 2010) ); dove 2) nel sociale è impedito alle nuove “persone” storiche, di diventare soggetti di diritto, secondo il loro “libero sviluppo e movimento” (Cfr Galvano Della Volpe, La libertà comunista 1946), incluso il “genere” e il “privato” (Nicla Vassallo “Il matrimonio omosessuale è contro natura” (falso!) Roma-Bari,Laterza, 2015, Francesca Rigotti “Nuova filosofia delle piccole cose”, Novara Interlinea 2013).

Fonte: largine.it

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