La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 25 maggio 2017

Il Venezuela ha bisogno di una mano, non di una martellata

di Jesse Jackson
Se avete un martello, ogni cosa sembra un chiodo. Gli Stati Uniti hanno un grosso martello: le forze armate, più le forze di intervento segrete della comunità dell’intelligence. E così lanciamo bombe dai droni su sette paesi. Donald Trump va in Arabia Saudita a vendere armi e ad esortare alla collaborazione militare. Quando la Corea del Nord si comporta male, spedisce una flottiglia di portaerei come “dimostrazione di forza.” Quando il governo della Siria viene accusato di usare armi chimiche, scatena un fuoco di fila di missili cruise.
Ora che il Venezuela precipita nel caos, gran parte dell’emisfero teme che gli Stati Uniti ricorreranno al loro martello segreto per liberarsi di un regime che a loro non piace.
La gente in Venezuela sta soffrendo orribilmente nel mezzo di una recessione sempre crescente. In uno studio recente è stato riportato che circa tre quarti della gente ha perduto peso per una diffusa penuria alimentare. Nel 2016 l’inflazione era arrivata al’800%, mentre l’economia ha perduto quasi il 20% del suo PIL. Più del 40% della popolazione vive in estrema povertà. La carenza di cibo e di medicine sta aumentando, gli ospedali sono sempre meno funzionanti e le prigioni sono segnate da sommosse e massacri. Le violente proteste di massa minacciano di diventare fuori controllo.
Le cause di questo sono molte. Il Venezuela ha le più grosse riserve di petrolio del mondo. Il petrolio costituisce circa il 90% delle esportazioni del Venezuela ed è fondamentale per un paese che importa molti beni di prima necessità. Negli anni ’90, quando i prezzi del petrolio precipitarono, i venezuelani soffrirono. Quando i prezzi del petrolio, nel 2000 migliorarono, il governo populista di Chavez eletto dalla gente, usò nuove risorse per ridurre le povertà e ed estendere l’assistenza sanitaria e l’istruzione. Quando i prezzi del petrolio precipitarono di nuovo, il Venezuela ridiscese nella miseria.
Il paese è profondamente polarizzato. Le avide famiglie dell’élite che hanno gestito il paese per decenni, non hanno mai accettato la “Rivoluzione Bolivariana” di Chavez, e hanno organizzato massicce proteste e hanno tentato un colpo di stato. I poveri supportarono Chavez, ma il suo successore, Nicolas Maduro, non aveva né le sue capacità politiche né la sua fortuna riguardo ai prezzi del petrolio. In elezioni aspramente contestate, l’opposizione conquistò l’assemblea nazionale nel 2016. Maduro aveva usato la Corte Suprema per ribaltare la legislazione dell’assemblea, allo stesso tempo posticipando le elezioni regionali. Le dimostrazioni dell’opposizione divennero più imponenti e più violente.
Ma prima che gli Stati Uniti ricorrano ancora una volta al martello, dovrebbero riflettere. Il Venezuela è un nostro vicino. Ha una popolazione di persone molto istruite e urbanizzate. Essendo al confine con la Colombia, ha un poco della più grande biodiversità del mondo. Le sue foreste sono un tesoro globale, ma sono minacciate dalla deforestazione. Nella sua infelicità attuale, è una fonte sempre maggiore del traffico di droga che arriva dalla Colombia.
In quanto buoni vicino, dovremmo preoccuparci delle sofferenze del Venezuela. Data la nostra storia nell’emisfero, fornire assistenza agli abitanti del paese è complicato.
Gli Stati Uniti sono largamente considerati come avversari del governo, desiderosi di destabilizzarlo. I tentativi statunitensi di mobilitare l’Organizzazione degli Stati Americani per isolare il Venezuela, sono considerati parte di tali sforzi. Ralph Gonsalves, primo ministro di St.Vincent e delle Grenadine, una nazione insulare neo Caraibi meridionali, di recente ha scritto ai capi delle 14 nazioni caraibiche per avvertire degli “sviluppi insidiosi” da parte di “un piccolo gruppo di nazioni potenti”, per “ottenere il cambiamento di regime in Venezuela, usando l’OAS come arma di distruzione.” Nell’aspra lotta tra il governo venezuelano e l’opposizione, si considera che gli Stati Uniti siano dalla parte dell’opposizione.
Gli Stati Uniti non dovrebbero usare il martello dell’intervento militare o segreto, ma piuttosto la democrazia creativa e l’assistenza umanitaria. Dovremmo sviluppare uno sforzo multilaterale per fare arrivare cibo e medicine ai Venezuelani in questo periodo di bisogno. Dovremmo unirci per sollecitare il governo a far svolgere le elezioni regionali rinviate e per incoraggiare i leader dell’emisfero a mediare per qualche tipo di risoluzione negoziata tra i partiti.
Il Venezuela con Chavez faceva parte della “Primavera Latino-Americana,” una reazione al fallimento delle politiche economiche dettate da Stati Uniti e Fondo Monetario Internazionale (FMI) che generarono maggiore disuguaglianza e povertà crescente. Ora quella Primavera si è infiacchita, in parte per la Grande Recessione, il crollo dei prezzi del petrolio, l’incapacità e le aspre divisioni politiche. Gli Stati Uniti si sono dichiarati avversari della Primavera Latino-Americana fini dai primissimi giorni, ma non abbiamo nessun modello da imporre al resto dell’emisfero e non dovremmo cercare di fare da ago della bilancia nelle lotte politiche all’interno delle nazioni.
Questi sono i nostri vicini. Abbiamo interesse a limitare la violenza, ad appoggiare i processi democratici e ad aiutare la gente durante il subbuglio economico. La lunga storia di interventi militari e segreti nell’emisfero ha isolato sempre di più gli Stati Uniti dai suoi vicini. Ora, in Venezuela, possiamo cominciare a trovare un modo migliore non intervenendo a favore di una parte o dell’altra, ma stando dalla parte dei nostri vicini in un periodo di estrema necessità.

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: Sun Times
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2017 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0

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