La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 27 maggio 2017

Il pareggio demografico in Costituzione

di Pierluigi Fagan
Sull’ultimo numero di LImes, il maggior demografo italiano M. Livi Bacci, constata che l’equilibrio demografico -a rigore- è più importante di quello di bilancio, se non altro perché ne è precondizione. Il nostro consuntivo delle nascite 2016, è pari a quello del XVI secolo, quando eravamo un quinto degli attuali. Complesse, ovviamente, le ragioni di questo pesante deficit. Una contrazione della natalità si osserva un po’ ovunque (tranne nell’Africa sub-sahariana) nel più generale movimento che tende a convertire quantità di vite in qualità di vita. La possibile compensazione migratoria, in mancanza di un bilancio statale agile ed investibile nei processi di accoglienza ed integrazione, da soluzione diventa problema.
Al movimento generale di riduzione della natalità, in Italia, si sommano questioni peggiorative specifiche. La prima è l’occlusione del futuro, senza fiducia ed aspettative non solo si produce la “preferenza per la liquidità” che blocca la circolazione della ricchezza ma anche la paralisi di ogni altro investimento, incluso quello riproduttivo. E’ curioso come la scienza economica non abbia una sezione di psicologia economica nel suo episteme, a parte il recente sviluppo della cosiddetta “economia comportamentale”. Ancora più curioso noi si faccia gestione sociale ricorrendo solo ad una scienza economica così gravemente insufficiente. La seconda sarebbe dare alle donne in età fertile (quindi giovani) garanzie occupazionali, di reddito e di servizi ma poiché i figli non li fanno da sole, tali rassicurazioni prospettiche dovrebbero valere anche per i partner il che ci porta all’annoso problema dell’occupazione giovanile, all’autonomia abitativa, alla sempre più impossibile indipendenza che è la terza ragion per cui del fenomeno negativo. Insomma, il pareggio di bilancio s’impone per non aggravare il debito ma porta ad una sclerosi economica che produce deficit demografico che produce sclerosi sociale ed economica che non può che peggiorare qualità di vita ed anche il debito.
L’Italia era la decima nazione al mondo nel 1950, è la ventitreesima oggi, trentunesima nel 2050. Nel 1950 eravamo poco di più dei nordafricani, nel 2050 saremo quattro volte meno e molto più anziani. In breve, s’imporrebbero due cambiamenti radicali. Il primo è assumere una mentalità sistemica, non c’è economia che non sia imbricata con la società, la demografia, la geografia, la geopolitica. Altresì, nei sistemi, le dinamiche sono non lineari e le reazioni alle azioni possono impiegare decenni a prodursi per cui occorre fare e condividere strategie e non disordine compulsivo di idee della giornata. Il secondo, è l’assunzione di un punto di vista basato sull’interesse nazionale comune. Senza la condivisione di un interesse nazionale (che non cancella la successiva lotta per poi ripartirsi in un modo o nell’altro il risultato complessivo), tutti noi avremo sempre minori condizioni di possibilità. Ragionar per sistemi e darsi in oggetto il sistema Italia, la forza politica che riuscirà in questo doppio intento, potrebbe rappresentare l’unica nostra speranza.

Articolo pubblicato sulla pagina Facebook dell'Autore

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