La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 14 novembre 2015

All’Italia piacciono fossili: 3,5 miliardi di dollari all'anno regalati a petrolio, gas e carbone

di Umberto Mazzantini
Il nuovo rapporto “Empty promises G20 subsidies to oil, gas and coal production”,diffuso da Oil Change International e Overseas Development Institute a pochi giorni dall’inizio della Cop 21 di Parigi, dedica naturalmente una scheda d’approfondimento all’Italia: il nostro Paese non fa certo la figura del campione ambientale, che vuole davvero ridurre le emissioni di gas serra e lasciare nel sottosuolo i combustibili fossili che provocano il riscaldamento globale.
Tra il dire e il fare, tra le promesse al G20 e al G7, il discorso all’Onu di Matteo Renzi e gli impegni europei, ci sono le trivellazioni petrolifere, i CIP6 e perfino i finanziamenti ai consumi di combustibili fossili nelle isole minori, per non parlare di come e dove il nostro governo finanzia l’estrazione e il consumo dei combustibili fossili all’estero.
Nella scheda dedicata dal rapporto all’Italia si legge che «pur non essendo uno dei principali produttori di combustibili fossili, il sistema energetico in Italia è da loro altamente dipendente, derivando l’88% della sua energia da fonti fossili (Ocse, 2014). Al fine di mantenere i prezzi dell’energia bassi per settori e utenti mirati e per stimolare l’esplorazione e lo sviluppo dei combustibili fossili (il riferimento è evidentemente al via libera dato dal governo alle trivellazioni petrolifere offshore e onshore, ndr), l’Italia ha diversi regimi di incentivazione a favore della produzione di combustibili fossili. Queste sovvenzioni nazionali quantificabili assumono la forma di riduzioni delle accise per la produzione di energia elettrica a base di combustibili fossili sulle piccole isole. In aggiunta a queste sovvenzioni quantificabili, l’Italia fornisce diverse altre misure di sostegno per le quali i dati non sono disponibili. Tra queste, un regime low royalty che prevede royalty basse e riduzioni per i vari livelli e tipi di produzione di combustibili fossili, la detrazione dell’Iva per specifici tipi di utilizzo di combustibili fossili (per la produzione di energia elettrica) e il sostegno a un impianto di rigassificazione off-shore (probabilmente, all’Olt di Livorno, ndr)».
Nella sua scheda italiana, il rapporto “Empty promises G20 subsidies to oil, gas and coal production”, evidenzia che «oltre alla spesa e agli sgravi fiscali diretti, il Gestore dei servizi energetici (Gse) statale in Italia è responsabile dell’attuazione della legge CIP6/92, in base alla quale sono stati pagati miliardi per produrre energia elettrica utilizzando combustibili fossili. Anche se da allora è stata abrogata, la “disposizione fonti assimilate” della legge prevede un sostegno alla produzione di energia attraverso l’energia e il recupero dei rifiuti. Questi “fonti assimilate” ‘includono impianti di cogenerazione, che combinano la produzione di energia elettrica e termica; recupero di calore e fumi di scarico e altri tipi di energia recuperabile da processi e attrezzature. Circa un terzo delle fonti di energia assimilate è basata sui combustibili fossili. Il Gse è tenuto ad acquistare energia elettrica da questi impianti a prezzi superiori al mercato. Il Gse poi rivende l’energia a prezzi più bassi nei mercati nazionali. Compresi i pagamenti da parte del Gse, nel 2013 e 2014 le sovvenzioni nazionali italiane per la produzione di combustibili fossili sono state in media 1,2 miliardi di dollari all’anno. Nel 2013 e 2014, il governo italiano ha fornito in media 1,5 miliardi di dollari all’anno in finanziamenti pubblici internazionali per la produzione di combustibili fossili, attraverso partecipazioni e acquisizioni in società petrolifere e gasiere della banca statale Cassa depositi e prestiti e garanzie di credito all’esportazione fornite dai servizi assicurativi del Commercio estero. A livello mondiale, nel 2013 e 2014, l’Italia ha contribuito anche con una media annua di 757 milioni di dollari alla produzione di combustibili fossili attraverso le sue azioni nelle banche multilaterali di sviluppo. Mentre non è né un grande produttore né consumatore di carbone, l’Italia ha anche investito nelle ricerche sulla carbon capture and storage riguardanti la produzione di carbone e la produzione di energia».
Insomma, se si mette tutto insieme, l’Italia finanzia i combustibili fossili – e quindi il cambiamento climatico e le emissioni che dice di voler ridurre – con almeno 3,5 miliardi di dollari all’anno. E questa, ricordiamo, è una delle stime più conservative; altri e autorevoli studi, come quello del Fondo monetario internazionale diffuso ad agosto e quello prodotto da Legambiente lo scorso anno, parlano di ben altre cifre. Nel primo caso, si evidenzia come i sussidi pubblici italiani al solo carbone arrivino a 4,02 miliardi di dollari l’anno, mentre il Cigno verde – mettendo insieme incentivi diretti e sussidi indiretti – arriva a calcolare in 17,5 miliardi di euro l’aiuto che lo Stato (con soldi pubblici) garantisce all’industria delle fonti fossili. Al netto dell’alta variabilità delle stime prodotte, sintomo di una grave opacità nei sistemi di finanziamento in atto, quel che è certo è che l’Italia nella lotta ai cambiamenti climatici può tranquillamente includersi nel vasto schieramento di quanti predicano bene ma razzolano male. Molto male.

Fonte: Green Report

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