La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 12 novembre 2015

Zero poveri estremi

di Riccardo Barlaam
Alla fine del 2015 la percentuale delle persone nel mondo che vivono in condizioni di estrema povertà scenderà sotto il 10 per cento. È la prima volta che accade. Ed è una buona notizia. Che fotografa un miglioramento delle condizioni di vita – per una volta – di chi sta più indietro. La Banca mondiale utilizza un nuovo tetto di reddito pro-capite giornaliero per definire la povertà estrema: limite allargato da 1,25 $ al giorno (ai prezzi del 2005) a 1,9 $ al giorno (ai prezzi attuali), considerando l’aumento del costo della vita.
Le Banca mondiale è l’organizzazione delle Nazioni Unite, con sede a Washington, che ha l’obiettivo di lottare contro la povertà e di organizzare aiuti e finanziamenti per lo sviluppo. Secondo le sue previsioni, a fine anno la percentuale delle persone in estrema povertà scenderà al 9,6% della popolazione mondiale, contro il 12,8% del 2012. Nel 1990 la percentuale di persone sotto la soglia della povertà era del 37%, e addirittura del 44% nel 1981.
I poveri più poveri nel mondo quindi scendono sotto il 10%. Uno su dieci. Il 96% della popolazione ancora in condizioni di povertà estrema risiede nell’Asia del Sud, nell’Africa subsahariana, nei Caraibi, nell’Asia orientale e Pacifico e nelle zone interne di India e Cina. Il grande problema che resta da risolvere, la sfida più grande – scrivono i ricercatori della Banca mondiale, nel loro rapporto The Poverty Focus of Country Programs – è quella della «crescente concentrazione della povertà globale nell’Africa subsahariana».
Difatti, la percentuale delle persone che vivono in condizioni di povertà estrema nell’Africa subsahariana è ancora molto alta, seppure in diminuzione: da quasi un africano su due (il 46,2% della popolazione nel 2012) a quasi un africano su tre a fine anno (il 35,2% della popolazione). L’Africa subsahariana resta la zona più povera del mondo. Nel Sudest asiatico restano tante aree con povertà diffusa, ma vi si registra un miglioramento maggiore rispetto al Subsahara nella riduzione della povertà.
Il motivo della diminuzione della povertà? La Banca mondiale lo spiega con la crescita economica di molti paesi in via di sviluppo e con i maggiori investimenti in istruzione, sanità e ammortizzatori sociali.
La povertà estrema o la povertà assoluta è stata definita per la prima volta dalle Nazioni Unite nel 1995, come «una condizione caratterizzata da una grave forma di privazione dei bisogni umani fondamentali, quali cibo, acqua potabile, servizi igienici, salute, protezione, educazione e informazione. Una condizione che dipende non solo dal reddito ma anche dalle possibilità di accesso ai servizi essenziali».
La riduzione della povertà era il primo degli Obiettivi del Millennio approvati dai 189 membri dell’Onu nel 2000. Più in particolare, il primo Millennium development goal aveva come target la riduzione della povertà estrema di almeno il 50% entro il 2015, rispetto al livello del 2000. Un obiettivo che, ricorda la Banca mondiale, è stato raggiunto nel 2010. Con cinque anni di anticipo rispetto alle previsioni.
Il passo successivo ora è quello della eliminazione totale dei poveri tra i poveri. È uno dei 17 nuovi Obiettivi globali di sviluppo appena lanciati dall’Assemblea generale dell’Onu: eliminare la povertà nel mondo entro il 2030. Cioè di far diminuire ancora, da qui ai prossimi 15 anni, la percentuale di persone che vivono con meno di due dollari al giorno dal 10% attuale a zero. Zero poveri nel 2030. Prima però ci sono tante sfide da vincere.

Fonte: Nigrizia

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