La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 12 novembre 2015

Portogallo, una democrazia sotto sequestro

di Marcello Sacco
In Portogallo, di esecutivi così brevi come questo XX governo costituzionale, guidato ancora una volta dal conservatore Pedro Passos Coelho e caduto dopo solo undici giorni, non se ne vedevano dai tempi della prima Repubblica, nei conturbati primi decenni del ‘900, quando un governo poteva dimettersi anche dopo pochi minuti, causa tumulti e sassaiole. Stavolta niente sassi, è bastato il pallottoliere: 123 voti contro 107. Che la variegata opposizione di sinistra avesse più deputati era noto, bisognava solo mettersi d’accordo non tanto sulla spallata finale a questa fragile maggioranza relativa, quanto sul da farsi futuro.
Il momento più significativo dei due giorni di dibattito parlamentare del 9 e 10 novembre scorsi è stato forse l’intervento del vicepremier Paulo Portas, segretario del Partito popolare e pezzo da novanta della coalizione PàF (Portugal à Frente), composta da socialdemocratici e popolari.
In sostanza, dopo l’ennesima accusa ai socialisti di voler usurpare il potere che i cittadini avrebbero conferito al PàF, Portas ha intimato i socialisti, in tono risentito e sottilmente minaccioso, di non venire più a bussare alla porta, nel caso in cui questa nuova relazione con i gruppi alla loro sinistra (Pcp, Verdi e Bloco de Esquerda) dovesse andar male. Insomma un discorso da ex fidanzato o amico offeso, giù al campetto di calcio parrocchiale.
Già da un mese, a dire il vero, dopo le legislative del 4 ottobre, il dibattito politico portoghese stava gradualmente assumendo questa strana piega da campionato rionale di calcetto, come se per governare bastasse prendere più punti di ciascuno degli avversari presi separatamente, quasi fosse il calcolo della differenza reti in scontri diretti, per poi passare alla serafica distribuzione delle medagliette in oro, argento e bronzo. Nella prossima legislatura si tratta di mantenere o meno il taglio degli stipendi, i prelievi forzosi, l’Iva al 23% su quasi tutto, l’addizionale Irpef, il congelamento delle pensioni e addirittura procedere alla privatizzazione parziale dello stesso sistema pensionistico? Ebbene questa maggioranza relativa pretendeva di decidere tutto ciò solo in nome della vittoria del 4 ottobre, relegando la maggioranza di fatto a una platea di osservatori passivi, l’emiciclo parlamentare come una curva di ultrà che a fine partita deve solo svuotarsi senza disordini. 
Certo le ragioni del risentimento di Portas e di Passos Coelho sono comprensibili. Per tanti anni la democrazia portoghese si era retta su questa peculiare pratica che qualcuno dirà arte del negoziato, qualcun altro inciucio: la prassi della non-sfiducia, dell’astenersi e lasciar governare l’altro anche quando è in minoranza. In Italia lo si è fatto nei momenti più drammatici della nostra storia repubblicana, qui era cosa frequente. Serviva a salvaguardare una strategia nazionale a lungo termine, sostanzialmente affine in tutto il cosiddetto grande centro. Non a caso, nel gergo politico portoghese, l’area che va dai socialisti ai popolari, passando per i socialdemocratici, si suol definire “arco della governabilità”; tutto il resto è ingovernabile, caos, anarchia, hic sunt leones, come era scritto sulle antiche mappe proprio all’altezza della Penisola iberica, oltre lo stretto di Gibilterra.
Per questo motivo il presidente della Repubblica, il socialdemocratico Aníbal Cavaco Silva, il 5 ottobre ha fatto finta di nulla. E per questo motivo, specie coloro che temono le sinistre al governo, ora dovrebbero prendersela soprattutto con lui. Non ha voluto ascoltare i leader, non ha avuto la voglia, la forza, l’intelligenza necessaria per metterli a sedere attorno al suo tavolo ed eventualmente chiedere a qualcuno di loro di farsi da parte, nella ricerca di soluzioni innovative. Ha gestito il tutto con l’inerzia di sempre, chiedendo a Passos Coelho di intavolare trattative in sua vece, poi incaricandolo di formare il governo, sebbene fosse ormai evidente che sarebbe finita così, tentando per giunta il colpo di mano finale, con quell’invito trasmesso in Tv ai socialisti di altre correnti affinché disertassero e non votassero la sfiducia. António Costa, segretario del Partito socialista, non aveva quasi scelta e ha dunque preferito altri tavoli dove accomodarsi. Chi, all’indomani delle elezioni, gridava al golpe per la mancata nomina imediata di Costa, certo, drammatizzava un po’; chi grida al golpe oggi si sporge pericolosamente sul baratro del ridicolo. Passos Coelho non è stato messo da parte in trattative sopra o sotto banco. La scelta azzardata di Cavaco Silva, suo compagno di partito, dovrebbe almeno avere il merito di sgomberare il campo da ogni dubbio: il governo è caduto nell’unico luogo dove poteva legittimamente cadere, il Parlamento.
Ora non resta che vedere fin dove andrà la testardaggine del vecchio presidente conservatore. Se continuasse a respingere l’ipotesi di un governo delle sinistre, potrebbe mantenere questo esecutivo in normale amministrazione fino all’elezione del prossimo presidente della Repubblica (gennaio 2016), ma sarebbe una scelta grave sotto moltissimi aspetti, economici, istituzionali e di salubrità dell’aria politica. Oppure potrebbe inventarsi un governo di iniziativa presidenziale affidato a una personalità più esterna all’agone politico; ma l’iniziativa rischierebbe di arrivare fuori tempo massimo, visto che a sinistra gli accordi sono oramai siglati.
Certo non è facile inventare una tradizione di dialogo in una famiglia in cui fino a ieri non ci si parlava poi tanto. La grande spaccatura fra socialisti e comunisti, in Portogallo, è lunga almeno 40 anni, risale all’estate calda del 1975, alle occupazioni dei latifondi, volute dai comunisti e osteggiate dai socialisti; alle scelte sempre più atlantiste ed europeiste del Ps, ma anche alla frustrazione delle speranze di molti lavoratori, soprattutto nel Sud “rosso” dell’Alentejo, dove il Pcp conserva il suo zoccolo duro di elettori. Questa difficoltà di dialogo l’hanno poi ereditata sia i Verdi (assolutamente minoritari, alle elezioni si presentano in coalizione con il Pcp) e il Bloco de Esquerda, che era nato proprio per cercare il dialogo, ma si era poi rintanato a sinistra per l’intransigenza non solo dei suoi leader, ma anche di un socialismo sempre più alla Tony Blair. Il governo Sócrates, minoritario anch’esso, nel 2011 cadde così: contava sul silenzio/assenso del centrodestra per varare il suo pacchetto di salassi, finì schiacciato tra destra e sinistra, aprendo le porte alla troika.
La spigolosità del dialogo a sinistra si nota tuttora anche nella varietà di accordi firmati in questi giorni, tutti in separata sede. Perfino il protocollo delle firme e dei discorsi è stato studiato per non ferire la suscettibilità di questo o quel leader e permettere, ad esempio, che il Comitato centrale del Pcp approvasse l’accordo per “unanimità formale”, cioè senza metterlo ai voti e quindi senza rivelare eventuali spaccature interne. E Catarina Martins, portavoce del Bloco de Esquerda, ha rivelato nelle ultime ore che il BE non avrà ministri nel probabile nuovo governo perché il dissenso su alcune questioni fondamentali, come la rinegoziazione del debito, permane.
Eppure l’occasione è storica. Il Portogallo ha fatto il bravo alunno per quattro anni, ha applicato le misure della troika e ha concluso il piano di salvataggio finanziario. Non è né sarà mai (almeno per i prossimi due secoli) una “tigre asiatica” e la crescita prevista per i prossimi anni, se confermata, si dovrà semplicemente al fatto che, una volta toccato il fondo, non resta che risalire lentamente. Tuttavia non è più nella posizione fragile in cui si trovava Tsipras l’estate scorsa. Permettergli di cambiare pagina significa che c’è vita oltre la troika anche per l’Europa periferica e che è possibile avvicinare la sinistra anti-euro a posizioni più europeiste senza pretenderne la resa su tutti i fronti. Insomma a Lisbona si gioca una partita importante, non un campionato rionale di calcetto.

Fonte: MicroMega online 

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