La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 14 novembre 2015

Violenza sessuale, guerra e patriarcato

di Laura Fano Morrissey
Sono carne e spirito delle Americhe, sono meticcia, sono figlia di una figlia di una figlia nata dallo stupro dei guerrieri avidi d’oro, perché i Conquistatori non si portarono donne al seguito e violando la carne delle indigene diedero origine a ciò che siamo: non fu vittoria, non fu sconfitta, fu la dolorosa nascita della civiltà meticcia, fusione inestricabile di passato che non passa, memoria che non si spegne, vita che nasce dalla morte e morte che dà la vita… (Cacucci, 2010, p. 48).
La conquista dell’America nel 1492 fu caratterizzata dal genocidio della popolazione indigena da parte dei conquistatori spagnoli, dalla sottomissione dei sopravvissuti, dallo stupro e servitù sessuale della componente femminile delle popolazioni originarie. La guerra e lo stupro come arma di conquista sono quindi componenti insite nella creazione stessa dell’America Latina e tuttora visibili nella sua più profonda manifestazione che è il meticciato, carattere fondante delle società del subcontinente.
La guerra, la violenza contro gli indigeni e lo stupro hanno poi accompagnato la storia intera dell’America Latina fino ad oggi. Secondo Francesca Gargallo, la colonizzazione ha creato una femminilizzazione – qui intesa come subordinazione – di intere nazioni, dove la popolazione indigena è stata rappresentata come un’entità da controllare e tenere sottomessa, sottoposta al rischio continuo di poter essere violentata fisicamente o metaforicamente, in modo da poter fornire quel lavoro non remunerato che le donne devono agli uomini in cambio della loro protezione (Gargallo Celentani, 2012, p. 62).
Anche in seguito all’indipendenza dalle potenze coloniali, le nuove Repubblichehanno fondato le proprie basi su un’ideologia razzista nei confronti degli abitanti originari, proponendo il meticciato come valore positivo, e su un patriarcato frutto di commistione tra il patriarcato originario e quello coloniale, relegando le donne a soggetti di seconda categoria, considerate solo in relazione al loro rapporto funzionale con gli uomini. In particolare, le donne indigene hanno sofferto di una doppia condizione di emarginazione, dovuta all’‘etnia’ e al genere, divenuta poi tripla emarginazione con l’avvento della società capitalistica, dove all’‘etnia’ e al genere si è aggiunta la classe sociale. Durante il periodo neo-coloniale, in cui gli Stati Uniti d’America hanno giocato e continuano a giocare un ruolo fondamentale nello sfruttamento delle risorse naturali e umane del resto del continente, l’America Latina tutta viene presentata da Francesca Gargallo come «una sposa schiavizzata […] sua perché riconosca il valore universale della sua dominazione; sua per castigarla quando si ribella» (Gargallo Celentani, 2006, p. 174).
La colonizzazione, dunque, ha marcato profondamente il passato, il presente e il futuro dell’America Latina, tanto che può facilmente rinvenirsi un legame tra ciò che avvenne durante la conquista e la più attuale e drammatica espressione di violenza nei confronti delle donne: il ‘femminicidio’. Questo fenomeno, che interessa principalmente il Messico e i Paesi dell’America Centrale, in particolare Guatemala e Honduras, viene descritto dalle femministe indigene come una pratica che affonda le sue radici nel razzismo e nella misoginia della conquista.
Per questo motivo, analizzare lo stupro come arma di guerra in America Latina ci porta a fare delle riflessioni sul carattere labile delle categorie temporali e sulla fragile distinzione tra guerra e pace. Lo stupro come arma di sottomissione e controllo caratterizza questa regione durante guerre e dittature, così come in periodi apparentemente ‘di pace’. Inoltre, il passato, il presente e il futuro tendono a fondersi in qualsiasi analisi, rendendo difficile tracciare distinzioni nette tra ciò che è successo in un determinato periodo storico e ciò a cui assistiamo attualmente.
Quella che segue è dunque una lettura critica di tre casi studio dove la violenza sessuale e lo stupro sono stati utilizzati come arma di guerra. I tre casi studio (Guatemala, Colombia, Messico) possono a prima vista essere categorizzati come passato, presente e futuro, sebbene una lettura più attenta mostrerà come queste categorie sono labili. Il passato infatti si ripresenta nell’oggi. Il presente acquista una dimensione temporale difficile da definire. Il futuro affonda le sue radici nel passato, che così continua a ripetersi in forme apparentemente diverse.
Io non ce la faccio a ridere, né a ballare, né ad essere contenta…Come si possono fare queste cose dopo quello che ci è successo? (Centro Nacional para la Memoria Histórica, 2013, p.266)
Questo intervento è un estratto del saggio “Ieri, oggi, domani. Violenza sessuale, guerra e patriarcato in America Latina” di Laura Fano Morrissey, contenuto nel libro Stupri di guerra e violenze di genere. Il volume, a cura di Simona La Rocca ed edito da Ediesse, è disponibile in libreria. Il libro è il risultato di uno sforzo collaborativo e affronta il tema con un approccio interdisciplinare, che spazia dal diritto all’antropologia, alla medicina, alla psicologia, al giornalismo. Il risultato è un testo ambizioso che condensa saggi su casi internazionali quali la Bosnia, il Ruanda, la Palestina, il Kurdistan, così come le esperienze vissute dalle donne italiane durante la Seconda Guerra Mondiale.

Fonte: comune-info.net 

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