La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 12 novembre 2015

Non sono le sinistre portoghesi a rompere la Ue, ma i conservatori inglesi

di Alfonso Gianni
Come era facilmente prevedibile il tentativo del presidente del Portogallo, Aníbal Cavaco Silva, di operare un vero e proprio "strappo" alla democrazia affidando l'incarico di governo a chi aveva perso la maggioranza assoluta nelle elezioni e non aveva visibilmente i numeri in parlamento per costruire intese sufficienti a sostenere un esecutivo, è stato subito affondato. Infatti l'alleanza già in campo fra il Partido socialista (Ps), il Bloco de Esquerda (Be, una formazione che fa parte del Partito della Sinistra europea, di cui è membro anche la greca Syriza), il Partido ecologista os verdes (Pev) e il Partido comunista portugues (Pcp) ha liquidato l'esecutivo di minoranza guidato da Pedro Passos Coelho con 123 voti su 230.
Resta da chiedersi perché mai il Presidente del Portogallo si sia infilato in una simile mission impossible, essendo i numeri già chiari in partenza. Certamente per dimostrarsi il più solerte - del resto lo aveva apertamente dichiarato - nei confronti dei desiderata dei mercati finanziari e delle élite che attualmente comandano nella Unione europea.
Ma forse questa spiegazione da sola non basta. In realtà Cavaco Silva sperava che i socialisti ci ripensassero. Che cioè retrocedessero dalla idea di costruire un'alleanza di governo che le altre tre forze della sinistra. Invece l'accordo, messo nero su bianco ed estremamente articolato, ha retto. Ed ha anche ricevuto l'assenso di dirigenti del Partito socialista europeo.
E questo è certamente un elemento di novità nel quadro continentale. Non dimentichiamo che la formazione di punta della socialdemocrazia europea, la germanica Spd, pur avendo avuto a suo tempo i numeri per costituire un governo alleandosi con le formazioni alla propria sinistra, non lo ha mai fatto, preferendo in anticipo la Grosse Koalition con il partito di Angela Merkel. Né si può dire che i socialisti di Hollande abbiano dato grande prova di sé in termini di politiche alternative al neoliberismo da quando si sono insediati all'Eliseo. La vicenda portoghese diventa quindi estremamente interessante anche per valutare se nella socialdemocrazia e tra i socialisti europei si sta aprendo un nuovo varco, una prima rottura nel monolitismo filo neoliberista, capace di aprire almeno una seria discussione nelle loro fila, oppure se si tratta di un episodio isolato, che magari qualcuno spera finisca male per proseguire imperterrito nelle politiche centriste.
Dopo il voto del Parlamento, il Presidente portoghese potrebbe in teoria dare vita ad un esecutivo tecnico che cerchi di guadagnare tempo, cioè i sei mesi previsti dalla Costituzione lusitana, perché sia possibile convocare nuove elezioni. Ma non appare la soluzione più probabile, poiché è molto dubbio che le destre ne trarrebbero vantaggio tale da riconquistare la maggioranza assoluta. Fatti i necessari passaggi, Cavaco Silva dovrebbe quindi affidare l'incarico per il nuovo governo ad Antonio Costa, leader dei socialisti portoghesi, forte dell'appoggio delle altre forze della sinistra. "Il nostro obiettivo è chiudere con l'austerità rimanendo nel'euro", ha dichiarato l'esponente socialista. L'analogia con l'impostazione politica e programmatica di Syriza su questo punto è evidente. Entrambi sono per un cambiamento radicale delle politiche della Ue, senza scegliere la strada della fuoriuscita dall'euro, che del resto è quella che il ministro delle finanze tedesco, Schäuble aveva indicato alla Grecia. La famosa Grexit.
Un programma come quello stilato dalle sinistre portoghesi, che sul terreno sociale è l'esatto contrario di quello imposto dalla Troika in cambio degli "aiuti" forniti - tra i molti punti si può ricordare l'innalzamento graduale dello stipendio minimo, il ripristino della contrattazione collettiva, lo scongelamento dell'adeguamento delle pensioni, il ristabilimento delle festività abolite - e che avrebbe la forza di aprire un nuovo fronte di lotta contro l'austerità in un altro paese del Sud dell'Europa. Questo aiuterebbe sia la Grecia, nel suo tentativo di resistere alle misure più odiose contenute nel ricatto che ha dovuto subire, sia le sinistre spagnole che il 20 dicembre prossimo saranno chiamate a una decisiva prova elettorale. Il tutto rafforzerebbe la possibilità di imporre un cambiamento nelle politiche economiche, sociali e istituzionali della intera Unione Europea.
Mentre in Portogallo si apre questa concreta possibilità, in Gran Bretagna i conservatori guidati da David Cameron rilanciano la proposta di unReferendum sulla adesione alla Ue, previsto nella seconda metà dell'anno prossimo. Lo fanno con una lettera a Donald Tusk, Presidente del Consiglio della Ue, in cui formulano quattro richieste cui condizionare le scelte del Regno Unito per quanto riguarda la sua permanenza nella Ue. C'è chi considera questa di Cameron una mossa da spericolato giocatore. Spara ad alzo zero per strappare un accordo comunque vantaggioso per il suo paese. Cameron chiede la facoltà di rinuncia (opt-out) alla clausola dei Trattati su una Unione sempre più stretta; invoca tutele per il mercato interno di chi è fuori dall'Eurozona (a principale beneficio della sterlina, ovviamente); insiste su un maggiore ruolo dei parlamenti nazionali; pretende la sospensione per quattro anni dai benefici del welfare per gli immigrati extracomunitari. Misura, quest'ultima, quanto mai odiosa. Come si vede i pericoli di implosione dell'Europa e di allargamento dell'antieuropeismo non derivano affatto dalle sinistre portoghesi, o di altri paesi, che vogliono combattere l'austerità, ma proprio dai paladini di quest'ultima, fra i quali militano i conservatori inglesi.

Fonte: Huffington post - blog dell'Autore 

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