La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 12 novembre 2015

Il Gruppo Stato Islamico: un’organizzazione politica

di Bruno Jäntti
C’è in corso un nuovo avvenimento. E accade quindi proprio che tutti gli orientamenti politici si sono subito fatti venire in mente una risposta esaustiva circa il motivo per cui accade e chi c’è dietro.
Questo si adatta alla comparsa del Gruppo Stato Islamico (IS). Negli scorsi due anni, tutti i tipi di persone hanno tentato di persuadermi che l’IS è una creazione dell’Arabia Saudita, o della Turchia, o di Israele, o dell’Islam, o degli Arabi.
Lo scopo di questo mio editoriale non è di produrre un resoconto delle origini o della leadership del gruppo IS. Intendo, piuttosto esprimere alcune delle mie preoccupazioni circa il modo in cui il gruppo sembra essere percepito tra moltissimi progressisti.
Anche se un’interpretazione aiuta la propria agenda puntando il dito conto il crudele arci nemico – qualunque cosa o chiunque possa essere quel nemico preferito – questo non significa che l’interpretazione sia empiricamente sensata. In effetti, rifuggire da spiegazioni fatte di slogan compiaciuti raramente è una cattiva idea nella ricerca e nell’analisi politica.
Per ipotesi, immaginiamo che il gruppo IS non sia un parto collettivo dell’ingegno dell’Islam, degli Arabi, o anche un piano concepito da Israele o dall’Arabia Saudita. Che cosa è, allora? Come è una valutazione di sinistra del gruppo?
Quando le persone occidentali di sinistra e a volte quelle medio orientali e i progressisti discutono del gruppo IS, c’è la tendenza a descriverlo come una creazione diretta o indiretta della politica estera occidentale in generale, o di quella statunitense in particolare. Per generalizzare, secondo questa opinione avendo distrutto lo stato e la società in Iraq, la politica estera statunitense ha finito con il procreare il mostro di Frankenstein, cioè il gruppo IS. Nel caso che vogliate controllare se questa è un’opinione comune tra le persone di sinistra, sentitevi di liberi di dare una scorsa agli editoriali nelle pubblicazioni di sinistra e decidete per conto vostro. Tuttavia, come i punti di vista elencati qui sopra, anche questo è inverosimile.
Un collegamento tra due eventi, o tra due protagonisti o due fenomeni politici, non implica la casualità. Il contributo di Washington alla politica medio orientale, non si basa sull’indebolimento del processo democratico che invece si ottiene tramite la guerra illegale, organizzando di colpi di stato e appoggiandoli, attaccando i movimenti progressisti e appoggiando i regimi che si adattano agli interessi degli Stati Uniti sfruttando e maltrattando le loro popolazioni.
E tuttavia, malgrado i precedenti di Washington nella politica estera del Medio Oriente, gli Stati Uniti non sono i soli colpevoli dietro la comparsa del gruppo IS o i suoi progressi.
Uno dei problemi di etichettare le organizzazioni sunnite jihadiste come semplici reazioni alle politiche degli Stati Uniti, è che questo punto di vista rifiuta deliberatamente o non deliberatamente, l’idea che i movimenti salafiti, prevalentemente il gruppo IS, siano in grado di avere una realpolitik indipendente.
Mettiamo da parte per un momento i gruppi takfiri più piccoli e tuttavia influenti, come Ahrar al-Sham e Jabhat al-Nusra e discutiamo dello gruppo IS. Il gruppo IS sta ridisegnando l’Accordo Sykes-Picot *. Controlla una popolazione più grande che le popolazioni di Finlandia e Norvegia messe insieme. E’ coinvolto in una guerra in pieno svolgimento e su molti fronti cui partecipano contemporaneamente una dozzina di protagonisti statali e non statali. Le sue risorse economiche ammontano a miliardi di dollari e la sua ala armata comprende forse oltre 100.000 combattenti.
Questi risultati vengono resi possibili da una volontà politica concentrata, da un’attenta pianificazione, da efficienti strutture organizzative e dall’impegno di raggiungere obiettivi specifici a breve, medio e lungo termine. Questa è un’organizzazione politica.
I movimenti politici che ci piacciono sono in generale rappresentati come espressioni di volontà politica, determinazione, impegno e così via. E’ meno comodo percepire allo stesso modo movimenti che non ci piacciono o che detestiamo. Sono una pura reazione, a questo o a quello, una conseguenza quasi inevitabile di questo o di quello, un sintomo di questo o di quello.
All’inizio del 2015, il Comitato per i Diritti del Bambino [Committee on the Rights of the Child – CRC] ha pubblicato “Osservazioni conclusive riguardo ai periodicie rapporti sull’Iraq dal secondo al quarto.” La lettura di questo documento è obbligatoria per chiunque studi il gruppo IS. Anche se si focalizza sui diritti dei bambini, il CRC ha fatto luce sugli obiettivi e le tattiche più pericolose del gruppo IS, cioè sull’uccisione sistematica da esso praticata, dei gruppi di minoranza. E’ possibile, anche probabile, che la persecuzione attuata dalle forze del gruppo IS, potrebbe raggiungere proporzioni di genocidio – in parte le ha già raggiunte.
“Il Comitato esprime la sua più intensa preoccupazione per la deplorevole situazione dei bambini e delle famiglie che appartengono a gruppi di minoranze, in particolare Turkmeni, Shabak, Cristiani, Yezidi, Sabei, Mandei, Kaka’i, Curdi Faili, Sciiti arabi, Assiri, Baha’i, Alauiti che vengono sistematicamente uccisi, torturati, violentati, costretti a convertirsi all’Islam, tagliati fuori dall’assistenza umanitaria dal cosiddetto ISIL nel tentativo (come è stato riferito), da parte dei membri dell’ISIL di sopprimere, epurare per sempre o espellere, o, in certi casi, distruggere queste comunità minoritarie.”
Dopo la pubblicazione di questo documento del CRC, il gruppo dell’IS ha eseguito altri molteplici massacri, alcuni di quali con obiettivo queste minoranze.
Secondo la prospettiva della realizzazione del processo democratico, dei diritti umani o della più remota parvenza di uguaglianza, il Medio Oriente non è un letto di rose. C’è una pletora di organismi responsabili di questo. E ci sono molti movimenti e reti medio-orientali che stanno costruendo strutture politiche ed economiche giuste e sostenibili. Queste forze si trovano davanti a molteplici minacce. Se gli occidentali di sinistra vogliono svolgere un ruolo costruttivo e aiutare i loro compagni in Medio Oriente, potrebbero dover riesaminare alcune delle loro opinioni sul gruppo IS, perché in Siria e in Iraq non esiste maggiore minaccia alla politica progressista che il gruppo IS. Non il gruppo IS della folle reazione ai crimini degli Stati Uniti, ma il gruppo IS che è un’organizzazione politica indipendente. E quella organizzazione va fermata.


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: teleSUR English
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2015 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0

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