La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 28 novembre 2015

Perché la Turchia ha pugnalato la Russia alla schiena

di Pepe Escobar 
E’ assolutamente impossibile capire perché il governo turco abbia voluto perseguire la strategia suicida di abbattere un Su-24 russo sul territorio siriano – tecnicamente una dichiarazione di guerra della NATO alla Russia – senza inserire nel contesto il gioco di potere turco nel nord della Siria. Il presidente Putin ha affermato che l’abbattimento del caccia russo è stato una “pugnalata alla schiena”. Vediamo dunque come i fatti sul campo hanno consentito che ciò avvenisse.
Ankara usa, finanzia e arma un manicomio di gruppi estremisti nella Siria settentrionale e deve a ogni costo continuare a fornire corridoi aperti per loro dal sud della Turchia; dopotutto tutto ciò di cui hanno bisogno è conquistare Aleppo, il che aprirebbe la via al Santo Graal di Ankara: il cambio di regime a Damasco. Al tempo stesso Ankara è terrorizzata dall’YPG – le Unità Popolari di Protezione Curdo-Siriane – un’organizzazione affiliata alla sinistra del PKK. Vanno contenute a ogni costo.
Dunque il gruppo dello Stato Islamico – al quale le Nazioni Unite hanno dichiarato guerra – è un mero dettaglio nella strategia complessiva di Ankara, che consiste essenzialmente nel combattere, contenere o addirittura bombardare i curdi; appoggiare ogni sorta di jihadisti takfiri e salafiti, compreso il gruppo dello Stato Islamico; e ottenere il cambio di regime a Damasco.
Non sorprendentemente i curdi siriani dell’YPG sono largamente demonizzati in Turchia; accusati almeno di tentare la pulizia etnica dei villaggi arabi e turcomanni nella Siria settentrionale.
Tuttavia ciò che i curdi siriani stanno tentando – e, con allarme di Ankara, in qualche misura appoggiati dagli Stati Uniti – è di collegare quelli che al momento sono tre lembi di terra curda nella Siria settentrionale.
Uno sguardo a una mappa turca imperfetta rivela almeno come due di questi lembi di terra (in giallo) siano già collegati, a nord-est. Per realizzare ciò i curdi siriani, aiutati dal PKK, hanno sconfitto lo Stato Islamico a Kobane e dintorni. Per ottenere il terzo lembo di terra, devono arrivare ad Afryn. Tuttavia sul percorso (in azzurro) c’è una molteplicità di villaggi turcomanni a nord di Aleppo.
L’importanza strategica di queste terre turcomanne non può essere sottolineata a sufficienza. E’ esattamente in quest’area, che si estende sino a 35 chilometri all’interno, che Ankara vuole installare la sua cosiddetta “zona di sicurezza”, che sarà di fatto una zona d’interdizione al volo, in territorio siriano, ufficialmente per ospitare profughi siriani e con il tutto pagato dalla UE, che ha già sbloccato tre miliardi di euro, a partire dal 1° gennaio, attraverso la Commissione Europea (CE). 
L’ostacolo oggi insormontabile a che la Turchia ottenga questa zona d’interdizione al volo è, prevedibilmente, la Russia.
Sfruttamento dei turcomanni
Chi sono i turcomanni? Qui dobbiamo fare un salto indietro alla storia dell’antica Via della Seta. Ci sono circa 200.000 turcomanni che vivono nella Siria settentrionale. Sono discendenti di tribù turcomanne trasferitesi in Anatolia nell’undicesimo secolo.
Villaggi turcomanni crescono anche a nord della provincia di Idlib, a ovest di Aleppo, e a nord della provincia di Latakia, a ovest di Idlib. E’ è qui che troviamo un gruppo di cui si parla raramente: un raggruppamento di milizie turcomanne.
Il mito di civili turcomanni innocenti massacrati dal “regime di Assad” è, beh, un mito. A Washington tali milizie sono considerate “ribelli moderati”, per quanto si siano fuse con ogni sorta di gruppi jihadisti o alimentati dai jihadisti, dal sempre flessibile Esercito Siriano Libero a Jabhat al-Nusra noto anche come al-Qaeda in Siria (che Vienna ha finalmente classificato come gruppo terroristico).
Prevedibilmente i media turchi salutano tutti questi turcomanni come “combattenti per la libertà”, in stile Ronald Reagan negli anni ’80 nei confronti dei jihadisti afgani. I media turchi propagandano che l’intero loro territorio è controllato dall’”innocente” opposizione turcomanna, e non dal gruppo dello Stato Islamico. Non dal gruppo dello Stato Islamico, in effetti, ma prevalentemente da al-Nusra, che è virtualmente la stessa cosa.
Per la Russia non c’è distinzione, specialmente perché un raggruppamento di ceceni, uzbechi e uiguri (seguiti dai servizi segreti cinesi) hanno cercato rifugio tra questi “moderati”. Per la Russia quel che conta è schiacciare qualsiasi possibilità di una futura autostrada jihadista di 900 chilometri tra Aleppo e Grozny.
E questo spiega il bombardamento russo della provincia settentrionale di Latakia. Ankara, prevedibilmente, è uscita dai gangheri. Il ministero degli esteri ha addirittura minacciato la Russia solo pochi giorni fa; le “azioni del lato russo non sono state una lotta al terrorismo, ma hanno bombardato villaggi turcomanni civili e questo potrebbe determinare gravi conseguenze”.
Ankara appoggia direttamente le milizie turcomanne con aiuti umanitari, ma quelle con contano sul serio sono le armi; camion controllati dal MIT, il servizio segreto turco.
Tutto questo si inserisce nella mitologia del partito AKP di difendere popolazioni persino pre-ottomane; dopotutto hanno sempre offerto “buoni servizi” all’Islam. I turcomanni siriani sono tanto pii quanto lo è la dirigenza di Ankara.
L’affare s’ingrossa
Per la Russia l’area nota come Montagna Turcomanna o le alture – che i turchi chiamano Bayirbucak – a nord della provincia di Latakia, sono un obiettivo importante. Perché è lì che troviamo l’”autostrada delle armi”, attraverso la quale Ankara, fianco a fianco con la CIA, arma queste milizie.
Per la Russia ogni possibilità di milizie alleate con i salafiti o con i jihadisti salafiti che tentano di conquistare la provincia prevalentemente alawita di Latakia è una linea rossa, perché ciò minaccerebbe la base aerea russa di Khmeimim e alla fine anche il porto di Tartus.
Così abbiamo essenzialmente la CIA che fornisce armi – quei famosi missili TOW anti carri armati – usando un percorso di contrabbando attraverso un territorio turcomanno che capita sia una base di potere di Ankara gestito dal al-Qaeda in Siria. Questo è un territorio di fondamentale importanza per Stati Uniti, Turchia e Arabia Saudita per minare Damasco, e soprattutto un fondamentale territorio di guerra per procura della NATO (USA-Turchia) contro la Russia.
La CIA fa arrivare i TOW a 45 gruppi “vagliati”, dunque di “ribelli moderati”. Assurdità: delle armi si sono impossessati i jihadisti più esperti di al-Qaeda in Siria nonché la nebulosa nota come Esercito della Conquista, appoggiato dall’Arabia Saudita.
Dunque per schiacciare sul serio Jabhat al-Nusra e l’Esercito della Conquista, la Russia ha cominciato a bombardare i contrabbandieri turcomanni, che non si possono certo dire “moderati”; sono interamente infiltrati da fascisti islamo-turchi, come quelli che hanno abbattuto a colpi di mitra il pilota russo tenente colonnello Oleg Pershin mentre stava scendendo con il paracadute, un crimine di guerra in base alle Convenzioni di Ginevra.
La posta in gioco per la Russia non potrebbe essere più alta, perché sfruttando i tribali turcomanni la Turchia si è già profondamente insediata nella Siria settentrionale.
Dunque aspettiamoci che la Russia aumenti considerevolmente i bombardamenti delle aree turcomanne, ben oltre una rappresaglia per l’uccisione del pilota russo.
Altrove la Russia ha una quantità di altre opzioni, ad esempio armando l’YPG; ciò consentire a quest’ultimo di impossessarsi finalmente del tratto di confine tra Afryn e Jarablus che è tuttora controllato dal gruppo dello Stato Islamico. Ankara darà di matto se i curdi siriani uniranno il loro territorio sin qui diviso in quello che chiamano Rojava.
La conclusione è che Turchia e Russia semplicemente non possono far parte della stessa coalizione che combatte il gruppo dello Stato Islamico, poiché i loro obiettivi sono diametralmente opposti.
Lo storico Cam Erimtan, residente a Istanbul, delinea così il quadro generale:
“Il nuovo governo turco ha assunto il potere nello stesso giorno in cui è stato abbattuto il caccia russo. E ora il subdolo primo ministro Davutoglu e lo scomodo presidente Erdogan sono impegnati nel controllo del danno e in una mobilitazione interna, abbandonando persino, per il momento, la loro preferita retorica della solidarietà islamica e giocando appieno la carta nazionalista. Anche se l’azione militare indubbiamente produrrà grandi vantaggi quanto a popolarità interna, le conseguenze economiche hanno già cominciato a farsi sentire, con la Russia che ha tagliato l’importazione di merci turche. Questo può indicare che il governo a guida AKP ha agito unicamente come lacchè della NATO, ignorando le realtà sul campo e inebriandosi di un turbolento centro dell’attenzione”.
La festa non durerà a lungo, perché la Russia reagirà in modo freddo, calcolato, rapido, multidirezionale e inatteso all’abbattimento del Su-24.
L’incrociatore missilistico russo Moskva – dotato di sistemi di difesa aerea – sta ora comprendo l’intera regione. Due sistemi S-400 copriranno l’intera Siria nord-occidentale e il confine turco meridionale. La Russia è in grado di bloccare elettronicamente l’intera Turchia meridionale. Non c’è modo che Erdogan abbia la sua “zona di sicurezza”, pagata dalla UE, in Siria a meno di entrare in guerra con la Russia.
Quello che è certo è che la priorità numero uno della Russia consiste ora nello schiacciare per davvero la strategia estremista turca nella Siria settentrionale.

Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: teleSUR English
Traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2015 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

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