La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 30 settembre 2017

La finanza non è un fine

di Andrea Baranes
Banca Etica è stata invitata a partecipare a Spello 2017, la tre giorni di incontri, laboratori e dibattiti organizzati ogni due anni dal Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA) e a portare il proprio contributo alla discussione. Nel contesto attuale, e ripercorrendo le recenti notizie riguardanti il mondo bancario italiano, potrebbe suonare paradossale pensare a una banca chiamata a ragionare di temi sociali. Ma forse proprio qui è uno dei principali problemi: diamo ormai per scontato che la finanza sia un mondo a sé, staccato dalla società e con l’unico fine di fare soldi dai soldi.
Un sistema lontano dalle persone, che inasprisce le diseguaglianze e lavora in maniera estremamente verticistica ed escludente, l’opposto di meccanismi partecipativi. Un sistema in cui ogni considerazione sociale o ambientale è considerata una “esternalità”.
Non dovrebbe essere così. La finanza è – o meglio dovrebbe essere – non un fine ma uno strumento al servizio dell’economia e dell’insieme della società. In quanto strumento, dovrebbe adattarsi a quelle che sono le richieste e le questioni che emergono dalla società stessa, per poi cercare di dare un proprio contributo alla risoluzione dei problemi. 
Oggi non solo questo non avviene, ma l’immagine che da di sé la finanza è quella di un qualcosa di asettico, quasi “oggettivo”, guidato da leggi matematiche al pari di una scienza esatta. La finanza ragiona in millesimi di secondo, al ritmo di computer sempre più veloci e connessi, e l’insieme delle attività economiche e sociali deve adattarsi a tali tempi. L’insieme delle politiche pubbliche, quindi i servizi essenziali dalla sanità all’istruzione sono costantemente sottoposte al costante e inappellabile giudizio dei mercati finanziari. La stessa idea di essere umano si riduce all’homo economicus, essere perfettamente razionale che opera nel proprio esclusivo ed egoistico interesse. 
Se sono urgenti quanto necessarie delle regole per chiudere una volta per tutte il casinò finanziario, è se possibile ancora più importante che la prima e principale trasformazione non sia sul piano delle regole economiche e finanziarie, ma culturale. Il sistema bancario e finanziario oggi non solo non riesce a rispondere alle sfide della società, ma contribuisce in maniera sostanziale ad acuire i problemi. Solo per fare un esempio, tramite i derivati è oggi possibile speculare sul prezzo del cibo e delle materie prime. Scommesse che amplificano le oscillazioni dei prezzi e hanno enormi impatti tanto sui consumatori quanto sui piccoli produttori. Parliamo in particolare di milioni di piccoli contadini, che quel cibo lo producono, e che non solo subiscono gli effetti della speculazione, ma sono completamente esclusi dai servizi finanziari e dall’accesso al credito. Lo stesso discorso si potrebbe ripetere circa il ruolo negativo che oggi ha la finanza rispetto a temi quali i cambiamenti climatici o la riduzione delle diseguaglianze. 
È quindi necessario smontare l’attuale visione e ripensare dalla radice il ruolo e il compito che la finanza deve avere nella società. Per questo è essenziale mettersi in ascolto e successivamente provare a contribuire e partecipare, lavorando in rete con gli altri attori della società. La finanza etica mostra un possibile percorso alternativo, fondato sulla trasparenza, la partecipazione e la valutazione delle ricadute non economiche dell’agire economico. L’incontro, i laboratori e i cantieri organizzati dal CNCA a Spello sono un’opportunità per proseguire il cammino in questa direzione. Per ricordarsi che la finanza può e deve essere parte della soluzione e non, come avviene oggi, uno se non il principale problema. 

Fonte: comune-info.net 

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