La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 30 settembre 2017

La sinistra e la Catalogna

di Boaventura de Sousa Santos
Il referendum della Catalogna domenica prossima diverrà parte della storia dell’Europa, forse per la peggiore delle ragioni. Non discuterò qui le questioni di sostanza, che possono essere interpretate come storiche, territoriali, riflettenti colonialismo interno o autodeterminazione. Queste sono le questioni più importanti, senza le quali è impossibile comprendere la situazione attuale. La mia opinione al riguardo è alla buona. In realtà molti considereranno la mia opinione irrilevante poiché, essendo portoghese, tendono a provare una particolare solidarietà per la Catalogna. Nello stesso anno in cui il Portogallo si liberò dei Filippi [re di Spagna – n.d.t.] (1640) la Catalogna mancò lo stesso obiettivo. Naturalmente il Portogallo era un caso molto diverso, essendo un paese che era stato indipendente per più di quattro secoli e che amministrava un impero diffuso in ogni continente. Ciò nonostante gli obiettivi avevano una certa affinità, il successo del Portogallo e il fallimento della Catalogna essendo più collegati di quanto potrebbe parere a prima vista. Forse dovremmo ricordare che la corona spagnola riconobbe la “dichiarazione unilaterale d’indipendenza” del Portogallo solo ventisei anni dopo.
La verità è comunque che, anche se queste sono realmente le questioni più importanti, purtroppo non sono quelle più urgenti al momento. Le questioni più urgenti hanno a che fare con la legalità e la democrazia. Mi occupo qui di esse perché interessano tutti i democratici in Europa e nel mondo. Come decretato, il referendum è illegale alla luce della Costituzione dello stato spagnolo. In quanto tale, in una democrazia non può avere alcun effetto giuridico. In sé e per sé non può avere l’effetto che è il suo obiettivo diretto, cioè decidere se il futuro della Catalogna sarà dentro o fuori dalla Spagna. Il partito Podemos ha ragione nell’affermare che “una dichiarazione unilaterale d’indipendenza” non va accettata. Ma la complessità emerge quando la relazione tra il giuridico e il politico sono ridotti all’interpretazione del primo. Nelle società capitaliste e asimmetriche in cui viviamo c’è sempre più di una lettura delle relazioni tra giuridico e politico. Quello che è diverso in tali letture è ciò che distingue una posizione di sinistra da una di destra riguardo a una dichiarazione unilaterale d’indipendenza. Una posizione di sinistra sulle relazioni tra giuridico e politico sarebbe fondata sui seguenti assunti.
Primo: il rapporto tra legge e democrazia è dialettico, non meccanico. Gran parte di ciò che consideriamo legalità democratica in un dato momento storico è iniziata come illegalità, come un’aspirazione a una democrazia migliore e più ampia. E’ perciò imperativo perciò valutare i processi politici in termini della loro dinamica storica complessiva. In nessun caso possono essere ridotti al rispetto della legge del momento.
Secondo: i governi di destra, soprattutto quelli guidati dalla destra neoliberista, non hanno alcuna legittimità democratica quando si dichiarano rigidi difensori della legalità, perché le loro pratiche consistono in violazioni spesso sistematiche della legge. Non mi sto riferendo unicamente alla corruzione endemica. Mi sto riferendo, nel caso della Spagna, alla violazione della legge della memoria (con riferimento ai crimini commessi dalla dittatura di Franco), alla ricorrente violazione dell’autonomia statutaria delle regioni riguardo ai trasferimenti finanziari, ad esempio, alla violazione delle garanzie costituzionali quali il diritto ad alloggi decenti o all’attuazione di misure repressive di eccezioni senza la dichiarazione costituzionale dello stato d’eccezione. La sinistra deve essere sufficientemente attenta a non mostrare alcuna complicità con questa concezione della legalità.
Terzo: la disobbedienza civile e politica è un patrimonio inalienabile della sinistra. Senza di essa, ad esempio, il movimento degli Indignados e i tumulti pubblici da esso provocati pochi anni fa non sarebbero stati possibili.
Da una prospettiva di sinistra la disobbedienza civile e politica deve anche essere concepita in termini dialettici, non in termini di che cosa significa in base al quadro legale corrente, ma piuttosto in termini di che cosa significa come aspirazione a un futuro migliore. Questa valutazione deve essere fatta non solo da quelli che disobbediscono (e che solitamente pagano per questo un prezzo salato) ma anche da quelli che possono beneficiare di tale atto nel futuro. In altri termini, la domanda da porre è la seguente: si può sperare che la dinamica della disobbedienza condurrà a una comunità politica più inclusiva e più democratica nella sua totalità?
Quarto: il referendum della Catalogna costituisce un atto di disobbedienza civile e politica e, in quanto tale, non può produrre direttamente il risultato politico che intende. Con il che non si vuole dire che non possa avere altri risultati politici legittimi. Può ben essere la conditio sine qua non per conseguire in futuro gli obiettivi intesi, dopo che siano poste in atto le necessarie mediazioni politiche e legali. Il movimento degli Indignados non è stato in grado di realizzare i suoi obiettivi di “democrazia reale ora!”, ma è indubbio che, grazie a esso, la Spagna è oggi un paese più democratico. L’emersione del partito di sinistra Podemos e di molti altri partiti autonomi nelle regioni, quali le Mareas (movimenti di cittadini), è, tra l’altro, prova di questo.
Considerati gli assunti precedenti, una posizione di sinistra a proposito del referendum della Catalogna potrebbe presentarsi come segue. Primo: affermare inequivocabilmente che il referendum è illegale e non può produrre i risultati che intende (tale dichiarazione è stata formulata). Secondo: affermare che l’essere illegale non impedisce che il referendum sia un atto legittimo di disobbedienza civile e che, anche senza effetti giuridici, i catalani hanno ogni diritto di dimostrare liberamente nel referendum. Inoltre è un’azione politica democratica di grande importanza nella situazione attuale (tale dichiarazione è stata omessa). Quest’ultima dichiarazione è ciò che distinguerebbe una posizione di sinistra da una di destra, con le implicazioni seguenti.
La sinistra denuncerebbe il governo davanti alle istituzioni europee e lo citerebbe in giudizio presso i tribunali europei per violazione della Costituzione a causa dell’applicazione di misure dello stato di eccezioni senza dichiararlo formalmente. La sinistra sa che la complicità di Bruxelles con il governo centrale è dovuta unicamente al fatto che il governo spagnolo è retto dalla destra neoliberista. Sa anche che semplicemente attenersi alla legge è moralistico e inutile perché, come ho detto più sopra, la destra neoliberista rispetta la legge (e la democrazia) solo quando serve ai suoi interessi. La sinistra si organizzerebbe per recarsi in massa dalle differenti regioni della Spagna in Catalogna questa domenica per sostenere, con la propria presenza, il diritto dei catalani a esercitare pacificamente il loro referendum e anche per essere effettiva testimone dell’eventuale violenza repressiva da parte del governo spagnolo. Chiederebbe la solidarietà di tutti i partiti e le organizzazioni di sinistra d’Europa invitandoli a venire a Barcellona e a essere osservatori informali del referendum e della violenza repressiva, nel caso ci fosse. La sinistra dimostrerebbe così pacificamente e, sottolineerei, da veri Indignados, a favore del diritto dei catalani a un gesto pubblico pacifico e democratico. Documenterebbe in dettaglio tutte le illegalità delle forze repressive e citerebbe in giudizio le prevaricazioni. Se il referendum fosse impedito con la violenza sarebbe chiaro che essa ha avuto luogo senza complicità da parte della sinistra.
Il giorno dopo il referendum, senza effetti giuridici e quale che sia il risultato, la sinistra sarebbe in una posizione privilegiata per svolgere un ruolo unico nell’assicurare un dibattito politico. Indipendenza? Più autonomia? Uno stato federale plurinazionale? Uno stato libero associato diverso dalla caricatura che è Puerto Rico? Ogni posizione sarebbe sul tavolo e i catalani saprebbero di non avere bisogno delle forze della destra, che storicamente è sempre stata collusa con il governo spagnolo contro le classi popolari della Catalogna, per far prevalere la posizione che la maggioranza considera migliore. Cioè catalani, europei e democratici di tutto il mondo imparerebbero che c’è una nuova possibilità di essere sinistra in una società democratica plurinazionale. Sarebbe un contributo dei popoli e delle nazioni della Spagna a democratizzare il mondo intero.

Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo
Traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2017 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.

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