La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 30 ottobre 2015

Foucault letterato (la bella clandestina)

di Giancarlo Alfano
La ricezione di Foucault in Italia e nel mondo ha solitamente ignorato i suoi interessi per la letteratura, anche per l’atteggiamento del pensatore francese, che non ha mai riunito i suoi interventi dedicati a scrittori e opere letterarie, né, tanto meno, ha mai scritto un libro sull’argomento (gli Scritti letterari – pubblicati da Feltrinelli nel 1971 e varie volte ristampati, a cura di Cesare Milanese – furono un’operazione editoriale italiana, di cui non esiste equivalente in Francia).
Di recente, invece, a partire invece dai materiali raccolti in Dits et écrits, dalla conversazione del 1964 con Claude Bonnefoy intitolata Il bel rischio(pubblicata da Cronopio e recensita qui), e dall’introduzione di Mario Galzigna alla nuova edizione italiana della Storia della follia, l’immagine di un « Foucault letterato » si è invece progressivamente messa a fuoco. E in questa linea s’inserisce adesso la nuova iniziativa di Cronopio che, sotto il titolo La grande straniera. A proposito di letteratura, pubblica alcuni interventi realizzati dal filosofo francese tra il 1963 e il ’70.
I curatori dell’edizione sottolineano, del resto, che il rapporto di Foucault con la letteratura è stato costante, sin dalla sua prima formazione, con le due biblioteche di famiglia (quella seria, medico-filosofica, del padre, e quella piacevole e immaginosa, letteraria, della madre), quella incredibilmente ricca della École Normale Supérieure e quelle dei centri di cultura francese a Uppsala e Varsavia, dove il pensatore iniziò a lavorare proprio come professore di lingua e letteratura francese.
Al di là della dimensione aneddotica, questi materiali sono molto interessanti per un ripensamento non banale né parziale dell’opera di Foucault. Basti pensare agli argomenti dei tre testi pubblicati nell’elegante volumetto di Cronopio: due puntate di un ciclo radiofonico del ’63 dedicato a «linguaggio e follia»; una conferenza del ’64 su Letteratura e linguaggio; una conferenza del ’70 sulla scrittura del Marchese de Sade. Nomi e questioni che in quegli anni erano al centro della riflessione francese, a partire da Le degré zero de l’écriture (1953) di Roland Barthes (presentissimo sottotraccia nella conferenza del ’64) o dal Kant avec Sadedi Jacques Lacan, pubblicato su «Critique» nello stesso anno, 1963, in cui Foucault pubblicava il suo celebre saggio sulla trasgressione.
Ci sono in particolare due temi che emergono dalla Grande straniera. Il primo riguarda il concetto di «opera», che nella conferenza del ’64 è utilizzato dall’autore per articolare il rapporto tra linguaggio e letteratura, tra funzione comunicativa e destinazione espressiva, con l’individuazione di una svolta estetica che avrebbe luogo tra Sette e Ottocento, quando – utilizzando i termini di Foucault – scompare la Retorica e la critica entra direttamente nel campo della letteratura. Ne deriva un’esplicita dimensione metaletteraria, che il pensatore declina in un’interessante riflessione sulla spazialità del testo letterario (e qui si dovrà pensare a una certa influenza di Blanchot, nonché del giovane Genette). Il secondo riguarda invece quel che chiamerei la «messa in opera»: è il caso del linguaggio della follia, o meglio della possibilità di accesso al linguaggio da parte del folle. Lo si vede con grande chiarezza nella citazione di una splendida lettera a Jacques Rivière in cui Artaud parla delle sue poesie come di qualcosa che viene da altrove e che egli accoglie pur di contrastare, almeno in parte, l’«inesistenza assoluta di cui talvolta soffro».
È qui che l’opera più conosciuta di Foucault s’incontra col suo costante interesse per la letteratura. Tra la scrittura «tacitante» degli Archivi delle istituzioni (che descrivono il folle o l’anormale solo per chiuderlo nel Grande Internamento) e la scrittura letteraria che permette al soggetto di situarsi nella Biblioteca dei classici, si situa l’avvento della scrittura folle o trasgressiva (o del simulacro: si vedano le belle pagine su Proust). Un avvento che resta forse un po’ ambiguo nella riflessione foucaultiana, ma che questa bella pubblicazione di Cronopio ci aiuta a ripensare, invitandoci a scoprire e opportunamente valutare la costante presenza della «grande straniera» nella sua opera.

Fonte: Alfabeta2

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