La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 30 ottobre 2015

Pechino cambia: più figli e più pensioni agli anziani

di Simone Pieranni
Anche que­sto Ple­num del Comi­tato cen­trale del par­tito comu­ni­sta cinese pas­serà alla sto­ria, per­ché sarà ricor­dato come l’incontro che ha san­cito la fine della legge del figlio unico, appli­cata nel paese fin dal 1979. Si tratta di una legge anti­pa­tica ai cinesi, odiata in molte zone del paese, e che secondo i più otti­mi­sti avrebbe evi­tato alla Cina un incre­mento attuale di 400 milioni di abi­tanti (secondo altri la stima sarebbe esa­ge­rata, per­ché ci sarebbe stato un calo del tasso delle nascite nel primo decen­nio di riforme, dal 1970 al 1979, con una dimi­nu­zione dal 5,8 al 2,8% a causa dell’aumento del red­dito medio).
Il pro­blema vero è che la sua appli­ca­zione for­zata, per­ché col­le­gata alle «quote» che i fun­zio­nari dove­vano pre­sen­tare alla fine di ogni anno, ha creato omi­cidi, aborti for­zati, e vio­lenze. Spe­cie nei primi anni di appli­ca­zione, soprat­tutto nelle cam­pa­gne, ha dato ori­gine a tra­ge­die; nel tempo la legge è stata emen­data, rifor­mata, leg­ger­mente modi­fi­cata. Sono state effet­tuate ecce­zioni, per le mino­ranze etni­che, per le fami­glie com­po­ste da figli unici. Nel 2013 infine è stata alleg­ge­rita. Dal 2016, final­mente, le cop­pie cinesi potranno avere due figli senza pagare multe o nascon­dere i figli ai solerti fun­zio­nari addetti al con­trollo della nascite. Un cam­bia­mento epo­cale, sto­rico, ma non certo improv­viso: da anni si lavora a que­sto, attra­verso l’accorpamento degli uffici di pia­ni­fi­ca­zione fami­liare con il mini­stero della salute. Ma que­sto cam­bia­mento, dicono gli esperti demo­gra­fici, potrebbe essere tardivo.
Forza lavoro
La Cina ha biso­gno di aumen­tare il numero di gio­vani (e di donne) essendo un paese anziano. L’invecchiamento della società pro­cede a un ritmo acce­le­rato. Secondo le stime dell’Onu, il picco della cre­scita della popo­la­zione cinese sarebbe stato rag­giunto nel 2030. I nuovi studi lo situano dieci anni prima, nel 2020. Cala la popo­la­zione lavo­ra­tiva, che i cinesi con­si­de­rano tra i 19 e i 54 anni. Ed ecco le modi­fi­che alla legge, anche se ormai le cop­pie urbane cinesi pre­fe­ri­scono o non avere figli o averne uno solo a causa dell’aumento del costo della vita nelle città e ai costi che com­porta la prole.
Oltre a un nuovo stile di vita, più vicino a quello occi­den­tale, con una con­se­guente prio­rità data alla car­riera, cui va unita la neces­sità con­fu­ciana di accu­dire, anche eco­no­mi­ca­mente, i pro­pri parenti anziani. E pro­prio su que­sto asse con­fu­ciano sem­bra aver dise­gnato il futuro del paese il comi­tato cen­trale. Il suo nuovo piano quin­quen­nale, che sarà pre­sen­tato uffi­cial­mente a marzo, è cir­con­dato da una serie di misure, tra le quali spicca l’allargamento delle pen­sioni di anzia­nità — con par­ti­co­lare rife­ri­mento alle pro­te­zioni sani­ta­rie — a tutta la popolazione.
Con­fu­cio in campagna
Ne con­se­gue che quei 200 milioni circa di anziani che erano esclusi dai mec­ca­ni­smi pre­vi­den­ziali, sta­tali e sociali sud­di­visi in varie cate­go­rie e sca­glioni, ora avranno una forma di red­dito universale.
Signi­fica che per que­gli anziani che riman­gono nelle cam­pa­gne, men­tre i figli sono nelle grandi e medie città a lavo­rare, e che soli­ta­mente vivono in con­di­zioni di povertà, miglio­rerà e non poco la vita e ren­derà meno peri­co­loso il futuro in caso di malat­tie e neces­sità mediche.
Il par­tito prova a fare filotto: con­sen­tire a que­sti anziani di non gra­vare sui red­dito dei gio­vani fami­liari, in primo luogo. In secondo luogo signi­fica soste­nere i cosid­detti «left behind» i bam­bini abban­do­nati con i nonni nelle cam­pa­gne, per­ché nelle città non godono dei diritti sociali e diven­tano un peso eco­no­mico inso­ste­ni­bile per i geni­tori a basso red­dito (sono circa 70 milioni).
Infine la misura con­sen­ti­rebbe ai gio­vani nelle grandi e medie città di spen­dere i pro­pri soldi, pro­vando quindi a get­tare ben­zina nel motore del mer­cato interno, desti­nato a reg­gere l’economia cinese, a fronte di una dimi­nu­zione di inve­sti­menti ed espor­ta­zioni. Almeno, que­sto è il dise­gno spe­rato dalla diri­genza e a que­sto sono rivolte le misure che il Ple­num ha di fatto sancito.
Insieme a que­ste due sto­ri­che misure, entro il 2020 è pre­vi­sto anche di rad­dop­piare il Pil del 2010 attra­verso una cre­scita che dovrebbe atte­starsi intorno al 7%. Le altre grandi deci­sioni del quinto ple­num riguar­dano la con­ferma delle espul­sioni di una serie di alti fun­zio­nari accu­sati di cor­ru­zione, già decise in pre­ce­denza dall’ufficio politico.
Espul­sioni
Le espul­sioni con­fer­me­reb­bero la com­pat­tezza del par­tito sotto la guida di Xi Jin­ping. Tra gli epu­rati il nome di mag­gior impor­tanza è senza dub­bio quello di Ling Jihua, in pas­sato segre­ta­rio par­ti­co­lare dell’ex-presidente Hu Jin­tao. Con lui, sono stati cac­ciate dal par­tito altre otto «tigri», ovvero fun­zio­nari di alto rango che avreb­bero abu­sato della loro posi­zione per acca­par­rare ric­chezze e potere.
La lotta alla cor­ru­zione lan­ciata tre anni fa da Xi Jin­ping ha por­tato in pri­gione decine di migliaia di fun­zio­nari. La tigre più grossa ad essere cat­tu­rata è stata l’ex-capo dell’apparato di sicu­rezza Zhou Yon­g­kang, con­dan­nato all’ergastolo.

Fonte: il manifesto 

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