La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 16 ottobre 2015

Israele. La pena di morte senza processo raccoglie l’applauso delle masse

di Gideon Levy
Una catena di esecuzioni extragiudiziarie sta attraversando il paese. E’ odiosa, barbara ed illegale ed è accompagnata dagli applausi delle masse, dall’incitamento dei media e dall’incoraggiamento delle autorità. Adesso all’ondata di attacchi terroristici si aggiunge il peggiore dei danni: la società israeliana sta perdendo la sua immagine. Questa società ha già vissuto dei periodi tremendi, ma non come questo, in cui qualunque aggressore o chiunque minacci con un coltello, un cacciavite o uno sbucciapatate viene ucciso, anche dopo che ha gettato la sua arma, mentre l’assassino diventa un eroe nazionale.
Chi voleva la pena di morte per i terroristi adesso ne ha una versione ancor più vergognosa: una pena di morte senza processo. Quattordici palestinesi sono stati uccisi in questo modo la settimana scorsa, la maggioranza dei quali non sarebbe stata passibile di una sentenza di morte in uno stato di diritto. La sete di sangue, quale non se ne ricorda da queste parti, esige sempre più sangue.
In alcuni degli attacchi, le forze di sicurezza e i civili hanno agito correttamente ed hanno neutralizzato gli aggressori. A volte non vi è stata altra scelta che sparare ed uccidere. Ma in altri casi, è stata messa in atto un’esecuzione, non ci sono altri termini per descriverla. I video lo provano indiscutibilmente.
Basta guardare l’atroce uccisione ad Afula di Asraa Abed, che aveva ancora in mano un coltello, circondata da poliziotti armati che le si avvicinavano sempre più, mentre uno di loro mangiava un ghiacciolo, finché hanno sparato contro di lei diverse pallottole da vicino, invece di fermarla e disarmarla. E’ palesemente un assassinio. Quei poliziotti erano troppo codardi o assetati di vendetta e perciò meritano di essere processati, non encomiati.
Ancor più macabra è l’esecuzione di Fadi Alon a Gerusalemme. Dopo che ha gettato a terra il coltello con cui aveva ferito un giovane ebreo, ha cercato di scappare dalla folla inferocita verso un poliziotto, che la gente incitava con parole volgari ad ucciderlo. Rispondendo alla richiesta della marmaglia, il poliziotto ha sparato a morte al ragazzo, senza motivo, e poi ha fatto rotolare il suo corpo in strada.
L’attacco a Tel Aviv ha presentato elementi grotteschi. Un palestinese con un sottile cacciavite, che aveva aggredito e ferito molto leggermente alcuni israeliani con un sottile cacciavite, è stato colpito a morte da un ufficiale dell’esercito israeliano. Il luogotenente Daniel è diventato l’eroe del giorno. Sono state scritte intere pagine di giornale su di lui, che lo acclamavano come “un combattente di un’unità di difesa aerea che ha fatto ciò che ci si aspetta da un combattente.” Il corpo dell’aggressore, che nessuno si è preoccupato di coprire, con accanto il cacciavite, è il trofeo di Daniel. “Atto eroico alla porta di Kirya”, hanno strillato i titoli dei media. Questi sono i tuoi eroi, Israele, che fanno fuori dei giovani disperati armati di un cacciavite, che avrebbero potuto e dovuto essere arrestati.
La popolazione di Israele guarda queste fotografie e la maggioranza ne è compiaciuta, perché i media esaltano i loro istinti animali. E’ questo il vero incitamento. Adulti e ragazzi vedono che gli arabi vengono uccisi, come cani randagi per la strada ed imparano la lezione. Così, appare chiara una delle principali ragioni dello scoppio della rivolta – la disumanizzazione dei palestinesi, la cui vita e la cui morte non hanno valore per gli israeliani.
Nessuno si sogna di ammazzare Yishai Shlisel [fondamentalista religioso che ha aggredito ed ucciso partecipanti al gay pride nel 2005 e nel 2015. N.d.tr.] o l’assassino del giovane Maor Almakayas [un 15enne accoltellato da altri ragazzi israeliani durante una rissa. N.d.tr.] a Kiryat Gat, ma l’uccisione di un palestinese viene applaudita ed acclamata dalla folla esaltata. E non abbiamo ancora parlato dell’uccisione senza motivo di dimostranti al confine di Gaza, spari che hanno ucciso sette civili, compreso un bambino. E non ho nemmeno menzionato il tentativo di linciaggio ad Afula, o l’aggressore ebreo [che ha ferito a coltellate quattro palestinesi. N.d.tr.] a Dimona, che nessuno ha pensato di uccidere, né di distruggergli la casa. Era molto “angosciato”, perciò è stato perdonato, come se gli aggressori palestinesi non avessero un’ “angoscia” dieci volte più profonda.
Uno dei sostenitori di questa barbarie, Dan Margalit, venerdì ha fornito una giustificazione a tutto questo. “E’ assolutamente auspicabile uccidere tutti i terroristi: più terroristi vengono colpiti, meno ce ne saranno”, ha detto. A questa moralità da ottentotti, che è fuori dalla realtà, si potrebbe aggiungere: più stupratori, rapinatori, guidatori pericolosi, pervertiti sessuali, simpatizzanti di sinistra ed arabi verranno colpiti, meno ne avremo. Morte agli arabi – è tempo di aggredire il prossimo bersaglio.

Articolo pubblicato su Haaretz
Traduzione di Cristiana Cavagna
Fonte: Nena news

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