La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 16 ottobre 2015

Ci mancava il CdV

di Augusto Illuminati
Gli acronimi contengono spesso sorprese. In questo caso proprio una losca faccenda. Si tratta del “Controllo del Vicinato”, inteso come ideologia e come modello associativo proposto in franchising ai vari comuni, con tanto di logo e statuto.
Non siamo ancora al massacro dei meninos de rua per ripulire Rio de Janeiro in vista delle Olimpiadi o dei linciaggi di poveri ingombranti in Argentina, condannati sia pur equivocamente da papa Bergoglio, ma stiamo sulla buona strada. Ci scalda il cuore sapere che tali pratiche non allignano soltanto fra le nebbie leghiste veneto-padane, ma sono sbarcate anche nella nostra amata Roma Capitale: nel marzo di quest’anno a Fonte Laurentina, con promettenti estensioni a Tor dei Cenci, Spinaceto, Castel di Leva, Trigoria Alta, Prato Smeraldo, Molino Santa Felicola e Colle dei Pini.
Il tratto comune, con esiti che vanno dallo splatter al farsesco (accontentiamoci del secondo frame, per carità), è l’ideologia del vicinato, lo slittamento della buona prossimità in tribù o banda urbana in concorrenza “perbenista” ma non sempre pacifica con le bande giovanili. Si tratta – sia nel modello anglosassone del Neighborhood Watch sia nelle varie imitazioni nostrane coordinate o riconosciute dall’Associazione Controllo del Vicinato, costituita nel 2013 – di un’ideologia ambigua, resa esplicita solo dai protagonisti e dalle pratiche. Nell’ideologia statunitense si mischiano vari livelli: dal classico comunitarismo, con tutte le sue ambiguità, al razzismo in stile KKK, da una solidarietà di taglio religioso e medio-borghese illuminato all’ossessione securitaria. Le pratiche vanno dal contrasto al bullismo e alla discriminazione della diversità (che da noi sarebbero considerata terribili pretese di gender!) alla sorveglianza degli estranei nei ben curati vialetti dei suburbia e …alla denuncia delle violazioni della proprietà intellettuale. Insomma, dall’assistenza sociale e familiare un po’ invasiva alle ronde truculente del Watch Town, poco distinguibili dai vigilantes privati. Drammatici incidenti come l’uccisione di un tranquillo ragazzo nero, Trayvon Martin, nella gated community di Sanford, Florida, nel febbraio 2012, da parte di un sorvegliante poi assolto, e altri episodi consimili, hanno suscitato allarme e un vasto dibattito sulla stampa Usa, con richieste di maggiori controlli e autorizzazioni. Tuttavia è evidente il favore dei gruppi conservatori e della polizia locale per iniziative del genere, che proteggono ovviamente quartieri residenziali di ceto medio-alto ben lontani dall’inner town, che spesso equivale a rovescio alla nostra periferia degradata.
La traduzione italiana della formula anglosassone, come si può immaginare, ha pochissime valenze comunitarie e molti equivalenti securitari, attenuati dalla minor diffusione delle armi automatiche private. Inoltre si è diffusa non presso ricche comunità, ma (come anche in America Latina) in cittadine e quartieri di piccola borghesia impoverita e terrorizzata da una delinquenza spesso immaginaria e soprattutto dal “clandestino”, dallo “zingaro” (il corrispettivo del black e del latino di oltre Atlantico).
Il programma ufficiale dei gruppi facenti riferimento all’Associazione CdV e riconosciuti dai comuni «prevede l’auto-organizzazione tra vicini per controllare l’area intorno alla propria abitazione. Questa attività è segnalata tramite la collocazione di appositi cartelli. Lo scopo è di comunicare a chiunque passi nell’area interessata al controllo che la sua presenza non passerà inosservata e che il vicinato è attento e consapevole di ciò che avviene all’interno dell’area». Gli occhi vigili degli sfaccendati locali dovrebbero rappresentare «un deterrente per chi volesse compiere furti o altro genere di illeciti “da strada” come graffiti, scippi, truffe, vandalismi», in nome –s’intende – dei più deboli, donne, vecchi, bambini. Si raccomanda di «focalizzarsi sulle precondizioni dell’evento criminoso» (in stile Minority Report) piuttosto che sulla scoperta e cattura dei colpevoli, prudentemente lasciata alla polizia regolare.
Il riferimento teorico è alla cosiddetta Teoria dell’Attività Routinaria, per cui il crimine richiede disponibilità di un bersaglio adeguato, assenza di un controllore idoneo e presenza di un potenziale aggressore motivato: «il Controllo del Vicinato agisce sull’assenza di un controllore capace, restituendo ai residenti la capacità di controllare il proprio territorio» e di diminuire la vulnerabilità ambientale. Insomma, se una casa ha un vetro rotto o un lampione non funziona o un’auto viene lasciata abbandonata, prima o poi di sarà uno stupro o una rapina.
Cosa devono fare in pratica i premurosi e impiccioni vicini? «Essere reattivi ad allarmi che suonano, cani che abbaiano insistentemente, invocazioni di aiuto. A volte basta uscire di casa e dimostrare che il vicinato è attivo per dissuadere ladri e malviventi». Se uno sconosciuto si aggira per le vie del nostro quartiere, chiediamogli se sta cercando qualcuno. Aiutiamolo se è il caso, altrimenti lo dissuaderemo. Evitiamo però di rompere i coglioni alle coppiette in macchina (etero, beninteso). Affacciamoci spesso al balcone per far capire che siamo in casa e stiamo vigili, ecc. Per estensione: spazziamo il marciapiede davanti casa e cancelliamo ogni graffito. Se poi qualche bangla o rom ce le busca, è la vita, ragazzi, anzi: vicini.
Nelle grandi città, dove parlare di prossimità fa ridere e gli “sconosciuti” sono la regola, intervengono altri argomenti. L’invasione straniera di massa, naturalmente, il “decoro”. Offeso non dalla speculazione edilizia e dalle vetture in tripla fila, ma da bancarelle, questuanti, graffiti e alieni in genere. Il nemico è il campo rom, non Caltagirone o Parnasi. Ma su questo già è stato molto detto. Con l’urbanizzazione del CdV provinciale la gestione politica passa dal benpensantismo della Lega a quello di destra e Pd, uniti nel “disagio”. La Nazione, anzi il Partito della Nazione, si edifica sulla monnezza. Già è ricicciato il Gran Bollito Rutelli, che promette di impegnarsi per il decoro di Roma.
C’è da rimpiangere il prototipo Usa, che si ispira al selvaggio West… Noi abbiamo Alessandro Gassman con la scopa, loro Clint Eastwood.

Fonte: dinamopress.it

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