La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 16 ottobre 2015

All’inseguimento di “cervelli in fuga”

di Loredana Fraleone
Che la situazione dell’ Università e della ricerca italiana sia a dir poco disastrosa è ampiamente denunciato anche dai recenti dati OCSE. Siamo al penultimo posto in Europa, prima dell’Ungheria, per i tagli sull’istruzione e scivolati all’ultimo, per la spesa rispetto al PIL.
Parliamo di dati di fondo, che spiegano il calo di docenti, di studenti, di laureati, di ricercatori, di corsi, di Università vere e proprie. Dati ignorati se non occultati da questo governo che prosegue la politica di restrizione dell’accesso allo studio, come alla cultura in generale del resto, dell’estensione del precariato, della mortificazione della ricerca.
Quale progetto di società per l’Italia vi sia dietro queste politiche non è difficile da intuire. Siamo tornati alla selezione di classe, attraverso l’aumento delle tasse universitarie (solo nei Paesi Bassi sono più costose in Europa), ma anche attraverso il martellamento ideologico sull’inutilità del titolo di studio, che per ovvie ragioni fa presa sui ceti più bassi, nonostante gli studi dell’OCSE dicano che l’occupazione è più alta tra i laureati (79% a fronte del 58% di chi possiede solo il diploma di scuola media).
Rispetto a questa situazione, appena accennata negli aspetti più negativi, cosa s’inventa il venditore di fumo a capo del governo? Una pura operazione d’immagine: il rientro di 500 “cervelloni” ai quali destinare incentivi e “un gruzzoletto” per finanziare con criteri e strumenti individuali la ricerca.
Ancora una volta una truffa ideologica, che ha dietro l’idea che l’individuo “bravo” possa molto di più di un lavoro collettivo, costante e sistematico, come se i “bravi” non uscissero proprio da questo.
Del sistema universitario e della ricerca, questo governo, in continuità ma in modo più esplicito di quelli precedenti, ha un’idea iperliberista, in cui i “migliori” e gli “utili” secondo i suoi parametri sopravvivano e gli altri, non immediatamente connessi al mercato, soccombano pure.
Non sarebbe male che i tanti e le tante docenti, che lavorano bene e producono buona ricerca nelle università italiane, colgano l’occasione della irricevibile provocazione di Renzi, per manifestare il proprio sdegno di fronte alle esternazioni di un capo di governo che considera la cultura, in quanto tale, un disvalore e ritiene che i cervelli migliori si trovino ormai tutti fuori dall’Italia.

Fonte: Rifondazione comunista 

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