La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 23 novembre 2015

Il nuovo ritmo del mondo

di Alberto Negri
Il mondo è cambiato in poche settimane: dalle braccia aperte della cancelliera Angela Merkel ai rifugiati siriani si è passati alle frontiere blindate e all'allarme terrorismo dopo la strage di Parigi. Essere più vulnerabili però non significa cedere all’irrazionalità e alla paura. 
Soltanto una settimana fa le vittime di Beirut sarebbero state relegate nelle pagine interne come pure l’attacco di Bamako. Fatichiamo persino a ricordare che il 10 ottobre scorso ci sono stati 100 morti ad Ankara. Per anni le autobombe esplodevano a Baghdad senza la dignità di una notizia in breve. Il 19 ottobre 2005 nella capitale irachena iniziò il processo a Saddam Hussein: dalle otto del mattino a mezzogiorno ci furono 88 esplosioni tra colpi di mortaio, alcuni kamikaze e un’autobomba. Rinchiusi nella fortezza triste del Palestine Hotel, smettemmo poi di contare. Alle cinque del pomeriggio, anche d’estate, città come Algeri, Damasco, Baghdad, si fermavano, le auto sparivano, i negozi chiudevano e la gente si asserragliava in casa. Questa era ed è ancora la vita quotidiana. 
Ora siamo diventati spettatori interessati a quello che ci accade intorno. La realtà è che il mondo è in guerra da quasi 15 anni ma in luoghi lontani o che sembravano tali, l’Afghanistan, l’Iraq, la Siria, l’Africa del Sahel. Eravamo in guerra anche noi europei, direttamente o indirettamente, ma preferivamo non saperlo. Adesso per contrastare i jihadisti ci siamo fatti nuovi amici. La Russia e l’Iran, due paesi sotto sanzioni che appoggiano Assad, sono diventati alleati ambiti della Francia di Hollande nel conflitto contro il Califfato, riabilitiamo gli Hezbollah libanesi e aumenta la simpatia per i curdi che per altro abbiamo lasciato bombardare dalla Turchia.
Siamo un po’ meno meno loquaci sugli imbarazzanti affari di armi con gli arabi sostenitori dei jihadisti e delle ideologie più radicali. In Arabia Saudita si decapita quanto nello Stato Islamico: 114 esecuzioni nei primi otto mesi dell’anno. Anche per tutto questo il fondo dell’«Internazionale» citava ieri opportunamente il poeta francese Paul Valéry: «La guerra è un massacro tra persone che non si conoscono a vantaggio di persone che si conoscono ma non si massacrano».

Fonte: pagina Facebook dell'Autore

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