La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 25 ottobre 2015

Il governo mette in riga le toghe

di Andrea Fabozzi 
Il governo rea­gi­sce, la magi­stra­tura asso­ciata chia­ri­sce. La cro­naca del giorno dopo rac­conta di un arre­tra­mento delle toghe rispetto alle accuse rivolte all’esecutivo Renzi. L’Anm si è vista descri­vere come un’associazione che alza i toni per nascon­dere i pro­pri guai – nello spe­ci­fico l’inchiesta di Palermo sui magi­strati che si occu­pano dei beni con­fi­scati alla mafia – per­sino da uno come il mini­stro Alfano. Però lo stile del mini­stro della giu­sti­zia Orlando non è quello del pre­po­tente, né d’altra parte il pre­si­dente dell’Anm Sabelli è un incen­dia­rio. Il guar­da­si­gilli al mat­tino pic­chia duro: “I toni dell’Anm sono il ten­ta­tivo di tenere insieme la magi­stra­tura in un momento di scon­tri signi­fi­ca­tivi al pro­prio interno”. Al pome­rig­gio si pre­senta al con­gresso di Bari dei magi­strati e omag­gia l’Anm come “inter­lo­cu­tore essen­ziale” (il 90% dei magi­strati è iscritto, com­preso il capo­cor­rente Ferri che di Orlando è sot­to­se­gre­ta­rio). Sabelli si fa incon­tro mite – “Mini­stro, non è venuto nella fossa dei leoni, gli attac­chi fron­tali non ci appar­ten­gono” – e poi offre l’interpretazione auten­tica delle parole dello scan­dalo: “Quando ho par­lato di stra­te­gia della dele­git­ti­ma­zione in realtà non mi rife­rivo al governo”.
Si rife­riva al pre­si­dente del Con­si­glio, que­sto è chiaro a tutti. E’ Renzi che ha inven­tato la cam­pa­gna di osti­lità sulle ferie dei magi­strati, è Renzi che quando Sabelli che minac­ciava agi­ta­zioni rispose in tv con il famoso “brrr… che paura”. Il pre­si­dente del Con­si­glio non aveva poi tutti i torti, visto che con­tro l’avversatissima stretta sulla respon­sa­bi­lità civile, le toghe hanno sca­te­nato qual­che assem­blea, un mani­fe­sto e nes­suno scio­pero. Il merito allora fu di Orlando. Renzi lo con­si­dera un “doro­teo” ma il mini­stro gli ha por­tato in dote passi avanti sulla riforme meno gra­dite dalle toghe (respon­sa­bi­lità civile, ma anche Csm) e una delega sostan­zial­mente in bianco sulle inter­cet­ta­zioni.
Nella sfida, Sabelli ha perso sul piano della comu­ni­ca­zione. Aveva cer­cato di modu­lare la rela­zione di venerdì introno a una gar­bata e col­la­bo­ra­tiva cri­tica all’esecutivo, su sin­goli punti. Aveva por­tato argo­menti inop­pu­gna­bili – come il fatto che il governo ha lasciato cadere la delega sulle pene non deten­tive men­tre pagava dazio all’alleato Alfano pro­po­nendo timi­dis­sime misure con­tro la cor­ru­zione. Si è ritro­vato descritto come un pole­mico qua­lun­qui­sta: “Come si fa a dire che siamo come Ber­lu­sconi”, gli hanno rispo­sto dal Pd, “Non è ipo­tiz­za­bile il paral­lelo con gli anni pre­ce­denti”, ha detto Orlando. Sabelli non era stato così inge­nuo. Aveva par­lato di una ten­sione con l’esecutivo “meno accesa” rispetto agli anni del Cava­liere “ma più com­plessa”. Ieri l’Anm ha spe­ri­men­tato fino in fondo que­sta complessità.
Orlando ha rispo­sto con reto­rica ren­ziana: non biso­gna opporsi al nuovo. “Non fate l’errore di pen­sare che chiun­que chieda un cam­bia­mento sia un nemico, assu­me­tevi una parte di respon­sa­bi­lità nel cam­bia­mento del paese”. E ha avver­tito: “La magi­stra­tura rischia di essere distante dai cit­ta­dini”. La cam­pa­gna sulle ferie non avrà aiu­tato.
Il vice­pre­si­dente del Csm Legnini è l’uomo chiave di que­sta stra­te­gia di nor­ma­liz­za­zione. Si auto­de­fi­ni­sce “ponte” tra governo e magi­strati, lui che per man­dato guida l’autogoverno delle toghe. Del resto è appro­dato al Csm diret­ta­mente dal governo Renzi, dove si occu­pava di eco­no­mia. Non volen­dolo, ha sug­ge­rito il titolo al con­gresso di Bari dell’Anm, — “Giu­sti­zia, eco­no­mia, tutela dei diritti”- quando a luglio ha spie­gato che i giu­dici nelle loro sen­tenze dovreb­bero “cogliere e pre­ve­dere l’impatto delle deci­sioni giu­di­zia­rie sull’economia”. “A volte abbiamo la sen­sa­zione che la tutela dei diritti inte­ressi solo a noi magi­strati”, ha con­cluso ieri, come scon­so­lato, il segre­ta­rio dell’Anm Mau­ri­zio Car­bone. Men­tre Legnini pre­scri­veva l’armonia: “Il con­flitto, anche solo latente, tra poli­tica e magi­stra­tura, tra giu­sti­zia ed eco­no­mia, rischia di inde­bo­lire il futuro del paese”. L’aggettivo “nuovo” è squil­lato sedici volte nell’intervento del vice­pre­si­dente del Csm a Bari. Anche a pro­po­sito dei temi tabu: “Auto­no­mia e indi­pen­denza dei magi­strati vanno con­si­de­rati in un’ottica in parte nuova”. Non si è capito benis­simo in che senso. Ma di certo in un senso “complesso”.

Fonte: il manifesto

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