Intervista a Leonardo Ferrante di Corrado Fontana
Mafia e corruzione. Ascoltiamo l’opinione di Leonardo Ferrante, referente della campagna anticorruzione Riparte il futuro, promossa da Libera e Gruppo Abele.
Il fenomeno corruttivo coinvolge – spesso – aziende, partiti, manager. I partiti sono meno presenti o restano un anello necessario? I paesi con i maggiori indici di onestà sono quelli del Nord Europa, contraddistinti da una forte presenza – ed efficienza – dello Stato. Ciò vuol dire che la corruzione prospera grazie a sistemi politici deboli? Con quali fonti e dati possiamo valutare tali fenomeni ed eventualmente valutare una relazione del genere?
"Occorre comprendere bene che la corruzione non prospera solamente in presenza di certe condizioni. Cioè, è possibile che prosperi e si diffonda adeguandosi a diversi sistemi politici e statali. Certamente ci sono sistemi più difficilmente permeabili al fenomeno, ossia quelli dove si ha coscienza dei fattori di rischio e si attuano azioni e politiche utili a minimizzarli, mettendo al centro la trasparenza.
Laddove infatti la rendicontabilità pubblica delle decisioni e delle spese è efficace e totale è più difficile che si crei quell’opacità che è brodo di coltura della corruzione, specie quando ad un controllo istituzionale si accompagna un controllo diffuso da parte della società civile, che si chiama “monitoraggio civico”.
Laddove infatti la rendicontabilità pubblica delle decisioni e delle spese è efficace e totale è più difficile che si crei quell’opacità che è brodo di coltura della corruzione, specie quando ad un controllo istituzionale si accompagna un controllo diffuso da parte della società civile, che si chiama “monitoraggio civico”.
Con la nostra campagna Riparte il futuro, promossa da Libera e Gruppo Abele, promuoviamo proprio questa nuova azione da parte della società civile.
Per il resto, esistono sistemi statali forti dove la corruzione è dilagante: si pensi ad esempio alla Cina. Più facile pensare agli Stati deboli dove la corruzione è possibile perché c’è l’assenza della sanzione. Nei primi i fenomeni corruttivi sono spesso più ampi, onnicomprensivi. Nei secondi esiste sia questa forma macro, sia quella della “petty corruption“, cioè la corruzione spiccia diffusa anche a livello micro.
Veniamo all’Italia. Quanto alla questione partiti: durante la Prima Repubblica avevano il ruolo chiave di garanti della lottizzazione e distribuzione delle tangenti e della presa di decisioni pubbliche, come appurato da Mani Pulite. Con la crisi dei partiti quel ruolo è passato a persone singole che agiscono per conto di altre persone singole o gruppi con legami più laschi e informali, spesso più invisibili. Continua a occorrere il politico, ossia chi ha la possibilità di vendere la decisione pubblica, ma non occorre necessariamente che lui rappresenti la politica a cui appartiene, proprio per la cessazione (che in alcuni casi continua comunque ad esistere) di quel ruolo diffuso di mediazione.
Non dobbiamo mai perdere di vista che la corruzione è uno scambio tra diversi attori: ciò che conta davvero è che il gioco regga, non solo chi lo gioca. Che cosa è cambiato oggi in Italia? Accade che quel ruolo di mediazione e garanzia del patto viene assolto sempre più spesso dai soggetti mafiosi, che potendo disporre della violenza aggiungono alla rete corruttivo il loro know how del “chi sbaglia paga”.
Ecco perché si può parlare di mafio-corruzione, come stanno proprio dimostrando i giudici di Mafia capitale. Ed ecco come è possibile che le mafie dilaghino anche al Nord. Queste forme sono più che allarmanti, evidentemente, perché molto difficili da stanare e riconoscere, oltre che sempre diverse."
Leggi nazionali, convenzioni internazionali, direttive come la 231 europea, non riescono ad arginare il fenomeno. Perché le norme falliscono (se falliscono)? Quali elementi devono avere e invece non hanno? O sono per loro natura semplici palliativi di un fenomeno inestirpabile?
"Considerare inestirpabile la corruzione rischia di favorirla. Mi spiego: la corruzione è un fenomeno che al pari di altri può essere minimizzato a dimensioni residuali. Altro conto è la sistematicità della corruzione. E sistemica è la corruzione italiana, secondo la corte dei conti. Di fronte a ciò, si può fare moltissimo con le giuste leggi e altrettanto corretti comportamenti attuati da politica, società, enti pubblici, aziende.
Da un lato infatti è necessario porre argini di tipo penale, ma dall’altro è fondamentale che in Italia si comprenda, a livello di cultura diffusa, che la corruzione non conviene mai, non solo sul lato etico ma anche dal punto di vista economico. Oggi paghiamo effetti di corruzioni consumatesi 30-40 anni fa, scaricate sul debito pubblico quindi sulle generazioni successive. I costi della corruzione, se a volte sono immediati (si pensi ad esempio allo scandalo delle valvole cardiache dell’ospedale Molinette di Torino, che costò la vita di diversi bambini) molto più spesso sono devastanti nel tempo, perché creano un sistema profondamente malato, che penalizza diritti e merito.
Da questa consapevolezza è nata la nostra campagna, che ha superato oltre un milione di firmatari, divenendo la campagna digitale più grande d’Italia.
Le convenzioni internazionali da sole non bastano ed è risaputo, ancor di più se vengono ratificate solo in parte, come nel caso italiano. Se rispettassimo tutto quello che firmiamo, avremmo già strumenti più efficaci.
Accanto a questo, occorre comunque incoraggiare comportamenti ostili alla corruzione da parte di cittadini, enti, aziende. Un esempio è il whistleblowing. Whistleblower, letteralmente, è il suonatore di fischietto; concretamente, è il lavoratore del settore pubblico o privato che segnala una pratica opaca, scorretta, corruttiva a cui ha assistito, e che molto spesso si trova a rischiare il posto di lavoro e in alcuni casi anche la vita se l’ambiente lavorativo è ostile alla legalità. Non a caso, con la versione europea della campagna Riparte il futuro, che si chiama appunto Restarting the future, chiediamo tra altre cose anche l’adozione di una direttiva europea che difenda su tutti i 28 paesi dell’Unione chi fa la sua parte nella garanzia della legalità, rompendo il silenzio.
Quello che infatti occorre oggi soprattutto all’Italia è rompere quel muro di accettazione silenziosa del fenomeno corruttivo, ancora troppo spesso considerato sostenibile, specie se ci riguarda da vicino. Per invertire questa tendenza, più che nuove leggi occorre la diffusione cultura dell’integrità. Qui c’è tutta la sfida che associazioni come Libera e Gruppo Abele, assieme ad altre, vogliono raccogliere: se le leggi spettano a chi governa, la responsabilità di mutamenti culturali è in capo alla società civile. Ecco perché don Luigi Ciotti parla di corresponsabilità e azione delle coscienze: senza questo modo, tutto il resto rischia di essere solo burocrazia. Allo stesso modo, occorre dotarsi dei migliori sistemi di monitoraggio e trasparenza per disincentivare il comportamento corruttivo."
Qualche giorno fa un docente citava Eni e poneva provocatoriamente il dubbio sul giudizio di condanna assoluta per casi di corruzione internazionale che aprono tuttavia grandi spazi all’attività imprenditoriale, alla creazione di posti di lavoro, allo sviluppo economico di aree disagiate e al sostegno di compagnie con migliaia di lavoratori. Che ne pensi?
"Lo stereotipo della corruzione “olio del sistema” ha nel tempo già fatto vittime tra esimi studiosi, economisti, politici.
Proviamo comunque a dare per vera questa tesi: la corruzione unge meccanismi e ingranaggi affinché il tutto vada più svelto. Resta comunque da chiedersi quale macchina, quell’olio malato, faccia funzionare meglio e quale sistema contribuisca a costruire. Un’attività imprenditoriale nata sulla corruzione ha un peccato originale che sarà difficile estirpare.
Molto spesso si dice anche che la corruzione permetta il progresso di Stati meno economicamente sviluppati: facile comprendere come non sia vero. Non esiste la bacchetta magica in grado poi di trasformare un comportamento dagli effetti devastanti in un sistema democratico, che premia diritti e merito. È come pensare che un’impresa mafiosa poi riesca ad inserirsi nel mercato senza falsarlo. E va sfatato un altro mito: la bacchetta non è certo il solo sviluppo economico, come viene raccontato troppo spesso per creare un clima culturale favorevole alla corruzione.
Accade però che chi si oppone a questo stereotipo viene considerato ingenuo. È vero il contrario: ingenuamente si crede che la corruzione possa nel tempo creare un sistema sano.
Ecco: c’è molto da fare per contrastare un “lavaggio dei cervelli“, spesso molto subdolo, che quotidianamente viene portato avanti per farci accettare la corruzione come un male minore. Viceversa, è l’origine di molti mali italiani. La saggezza latina aveva ben presente che la corruzione genera una frattura del patto sociale: “cum-rumpere”. Sarebbe ora di recuperarla.
Con Riparte il futuro, quindi come Libera e Gruppo Abele, continueremo su questa strada, nella certezza che è possibile invertire la rotta."
Fonte: Valori.it
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