La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 8 marzo 2017

Corpo e diritti sotto attacco. Per non tornare indietro, nell'era dei populismi

di Francesca De Benedetti 
Ci aveva messe in guardia due anni fa la femminista Nancy Fraser: la lotta delle donne, se concentra tutte le sue attenzioni solo sull’emancipazione individuale, dimenticando la dimensione collettiva, è destinata a “diventare ancella del liberismo”. In questo modo, avvertiva lei, il femminismo diventa friabile. All’epoca “sfondare il tetto di cristallo” era l’espressione più di moda, però Fraser mise in guardia le lettrici di Repubblica sull’importanza di tornare a parlare non solo di “carriera” ma anche di precarietà, di redistribuzione, di tagli alla spesa sociale.  Due anni dopo, in questo 8 marzo così particolare, le donne si scoprono in effetti più nude che mai. I diritti - anche quelli considerati acquisiti - fanno passi indietro e la dimensione collettiva delle lotte appare persino più urgente di allora. Basti riepilogare il dibattito internazionale degli ultimi mesi: la politica, negli usa così come nella “casa Europa”, torna a frequentare e ad attaccare le libertà delle donne. Lo fa la politica, e lo fanno i governi, discutendo dell’opportunità - per la donna - di coprire il corpo al mare, della possibilità - per la donna - di disporre della scelta di abortire, lo fanno con campagne di Stato sulla fertilità in cui si cita “il prestigio di essere madre” ma si dimentica di nominare la parola “precarietà”. 
“Sì, è evidente: siamo in una fase regressiva della storia”, commenta con noi la filosofa statunitense Judith Butler. “Ma bisogna prender atto che siamo di fronte a nuove forme di fascismo e autoritarismo”, dice lei alludendo anzitutto a Donald Trump, ma non solo, e puntando il dito su “liberismi sfrenati, razzismi, militarismi, nazionalismi”. Serve “una lotta transnazionale”, secondo Butler, e “deve riguardare prima di tutto democrazia, equità, libertà”. Nel passo indietro generale di cui parla la filosofa, oltre ai diritti sociali, anche il corpo delle donne torna a essere più che mai terra di scontro e di aggressione, ed è impressionante la “transnazionalità” con cui il diritto all’aborto viene messo in discussione in Polonia innanzitutto, ma pure negli Usa del presidente “pro-life”, in Francia con la giovane “antiabortista” Marion Le Pen”, in parte in Italia con il dibattito sugli obiettori. 
Perciò acquista ancor più significato la scelta di Bruxelles, città-cuore d’Europa, di dedicare la sua protesta dell’8 marzo, in occasione del grande sciopero globale delle donne a cui hanno aderito più di 40 paesi, alla solidarietà verso le donne polacche. Loro saranno in piazza in tutte le grandi città del Paese. Lana Dadu è una delle giovani in rivolta, contribuì ad organizzare la grande “Czarny protest” di ottobre, insieme le donne riuscirono a fermare il piano del governo di limitare ancor di più il diritto all’aborto: pure nei casi di stupro, di rischio di vita e per la salute. Ma Lana, che ha organizzato la protesta di oggi a Cracovia con lo slogan “la solidarietà è la nostra arma”, ci racconta che la battaglia è tutt’altro che finita: la premier Beata Szydło sta valutando nuove misure anti-aborto, e pure anti-contraccezione. 
“Questi sono i colpi di coda dell’alleanza tra la Chiesa e un governo populista ormai in difficoltà”, secondo Dadu. Joanna, anche lei in piazza, ma a Varsavia, racconta di aver paura soprattutto per sua figlia, di 17 anni. “Il governo ci sta trascinando indietro e tiene sotto scacco soprattutto le donne. Ci sentiamo minacciate: vogliono toglierci il diritto all’aborto anche in casi estremi come lo stupro, vogliono toglierci la pillola del giorno dopo, il governo ha interrotto la convenzione anti-violenza, il tutto è supportato dalla Chiesa locale, ma che futuro ha mia figlia se la legge non proteggerà più i suoi diritti?”. 
Già, le più giovani. Su di loro ricadono preoccupazioni ma anche speranze. “Vorrei che fosse chiaro, a tutte le ragazze in particolare”, dice dagli Usa Sarah Weddington che giovanissima vinse alla Corte suprema nel 1973 la battaglia per l’aborto legale - una conquista ormai fragile nell’America di Trump. “Questi diritti sono a rischio, non possiamo darli per scontati”. Alle ragazze, Eve Ensler, femminista e drammaturga, nota per i “Monologhi della vagina” ma anche per aver ideato la manifestazione transnazionale delle donne “V-Day”, oggi vuole dare un consiglio: “Se leggete qualcosa, in questo 8 marzo, fate che sia Audre Lorde e il suo saggio The Uses of Erotica”. Il consiglio di questa femminista, che non ha esitato a definire il suo presidente “predator-in-chief”, ha a che fare con il corpo e il desiderio così come con la lotta. 
“Mi sono interrogata a lungo – spiega Ensler – sul desiderio femminile. Mi sono trovata a riflettere su come questa energia sia una delle forze più potenti al mondo, e su come chi vorrebbe costringerci a rinnegarla intenda invece metterci sotto silenzio, renderci nemiche di noi stesse, abbattere le nostre inclinazioni rivoluzionarie. Il saggio di Lorde oggi è uno squillante richiamo per noi donne alla consapevolezza: è un invito a partire dal desiderio e a riscoprire nel nostro slancio una fonte di sapere e di potere. Possiamo, sì: resistere a violenza e autoritarismo, che oggi dilagano. Reclamate il vostro slancio alla vita, ragazze: fatelo con le vostre parole, la vostra storia, nel vostro lavoro, nella vostra vita”.

Fonte: MicroMega online 

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.