La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 10 marzo 2017

Lettera ai leader Ue

di Elisa Bacciotti
Mentre si avvicinano le celebrazioni del 25 marzo a Roma, a 60 anni dai Trattati di Roma, le istituzioni europee e gli Stati Membri sembrano, ciascuno per proprio conto, interrogarsi sul senso del loro, del nostro, stare insieme. Così, mentre la Commissione europea presenta un Libro Bianco in cui vengono descritti gli scenari sul futuro dell'Unione, i leader dei Paesi membri più popolosi (ormai ridotti a quattro dopo la Brexit) dichiarano apertamente il loro orientamento per un'Europa che agisca a diverse velocità e con diversi livelli di integrazione.
In un contesto simile può giovare quindi ricordarsi del senso profondo della convivenza europea: un progetto che è partito dalla messa in comune di risorse economiche e produttive, ma sempre nell'ottica di promuovere la pace, la sicurezza e la stabilità di un continente attraversato dagli spaventosi conflitti dell'Ottocento e della prima metà del Novecento.
Ed è per questo motivo che appellarsi oggi ai valori profondi dell'Unione, ci appare più che mai fondamentale, perché tali valori - a partire da quelli inseriti nella Dichiarazione dei Diritti Umani - rimangono rilevanti quanto più siamo in grado di farli vivere nel presente, senza confinarli nelle pagine dei libri di storia o di diritto internazionale.
In quest'ottica come Oxfam ed insieme a più di 160 organizzazioni della società civile italiane ed europee, abbiamo chiesto ai Capi di Stato che si sono riuniti l'8 marzo a Malta di renderci ancora orgogliosi di essere europei.
Nell'appello consegnato ieri ai leader europei, chiediamo infatti di mettere in pratica i valori di umanità, solidarietà e responsabilità nella risposta all'arrivo dei migranti sul territorio europeo. Dando la priorità alla protezione delle persone più vulnerabili ed evitando politiche - basate sulla deterrenza e sull'esternalizzazione delle frontiere - che respingano queste persone ai confini dell'Europa, in contesti di vita disumani: nelle isole greche, al confine tra Grecia e Turchia o in zone ancora lacerate dalla guerra, come la Libia.
I flussi migratori sono un fenomeno strutturale a livello planetario. È quindi indispensabile gestirli, prevenendone i rischi associati e al contrario cogliendone opportunità e benefici con politiche sostenibili e di lungo periodo, basate sul rispetto dei diritti umani. Gestendo le paure dei cittadini, non alimentandole.
In questa direzione va anche la nostra richiesta di politiche che possano aumentare le vie d'accesso sicure e legali in Europa, come i visti umanitari, le politiche di resettlement e la riunificazione familiare, oltre che una maggiore mobilità per i lavoratori.
Chiediamo inoltre ai leader europei di investire maggiormente sulla risposta alle sfide globali - fame, cambiamento climatico, conflitti, povertà - che spesso non danno molte altre scelte se non fuggire dal proprio paese a chi vive senza speranze per il proprio futuro o per quello dei propri figli.
Non si tratta di politiche irrealizzabili. Al contrario oggi decine di migliaia di cittadini europei e molte organizzazioni della società civile dimostrano, che è possibile concretamente fare qualcosa per accogliere e proteggere chi fugge in Europa per cercare un futuro.
Ecco perché chiediamo ai leader europei di iniziare ad ascoltarli, a seguire questo esempio, piuttosto di cedere alle sirene della xenofobia che, troppo spesso, mette in contrapposizione i più vulnerabili gli uni contro gli altri, senza offrire una vera speranza di cambiamento.

Fonte: Huffington Post - blog di Oxfam

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