La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 11 marzo 2017

Donne più libere ed eguali con il reddito di base

di Elisabetta Ambrosi
La forza del reddito di cittadinanza sta nel suo carattere universalistico: uno “zoccolo” di base per tutti, che sostenga chi non ha alcun reddito, ma anche chi lavora e non guadagna abbastanza a causa di stipendi bassi e ormai sempre più precari e saltuari. Non fa differenze tra giovani e anziani, sposati e non sposati, maschi e femmine: il reddito di cittadinanza è per tutti, il che significa che tutti possono contare su di esso come strada per tentare, ad esempio, un cambio di lavoro senza finire nella povertà, o crescere dei figli riuscendo a garantire loro una vita buona, con i giochi e gli strumenti di cui i bambini hanno naturalmente bisogno.
Ma l’universalità del reddito di cittadinanza non gli impedisce di andare a colmare alcuni divari specifici, cioè di intervenire laddove ci siano ingiustizie e dislivelli profondi: ad esempio, ancora oggi, specialmente in Italia, quelli di genere, tra uomo e donna. In questo senso, il reddito di cittadinanza si configura come uno strumento formidabile per rendere le donne un po’ più uguali agli uomini. E dunque più libere di fare scelte consone ai loro desideri e aspirazioni, cosa che oggi non avviene, visto che le donne del nostro paese, come indicano molte statistiche sulla felicità del genere femminile nei singoli paesi, sono tra le ultime nella scala della soddisfazione delle singole vite. 
Più precarie, e povere, fin da subito
Ma in che modo l’introduzione del reddito di cittadinanza aiuterebbe in maniera specifica le donne ad essere meno oppresse, a poter alzare gli occhi più in alto di quanto oggi non facciano? Le diseguaglianze cominciano presto. Già dopo la laurea, basta consultare i dati che Almalaurea produce ciclicamente, le donne – che si laureano con voti più alti e in tempo più breve - guadagnano molto meno degli uomini. E questo anche a parità di titolo di studio e di mansioni, non tanto, dunque, perché tendano, tra l’altro oggi sempre meno, a scegliere facoltà umanistiche invece che scientifiche. Non solo. La precarietà, che oggi colpisce i giovani indistintamente, falcidia le donne in misura maggiore.
Sono loro a “scegliere” in massa contratti part time, sono loro ad avere (anzi subire) in maggioranza contratti atipici, ovvero flessibili senza alcuna tutela, fintamente “family friendly”, quando in realtà le costringono a lavorare per cifre miserevoli, nella maggior parte dei casi inferiori ai 10.000 euro l’anno.


Fonte: bin-italia.org 

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