La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 10 marzo 2017

Una legge per il fine vita. Intervista a Marco Cappato

Intervista a Marco Cappato di Giacomo Russo Spena
“Sono finalmente arrivato in Svizzera e ci sono arrivato, purtroppo, con le mie forze e non con l’aiuto del mio Stato. Volevo ringraziare una persona che ha potuto sollevarmi da questo inferno di dolore, di dolore, di dolore. Questa persona si chiama Marco Cappato e lo ringrazierò fino alla morte. Grazie Marco. Grazie mille”, era stato l’ultimo messaggio arrivato via twitter di Fabiano Antoniani, prima di mordere un pulsante per attivare l’immissione del farmaco letale, in una clinica elvetica. Marco Cappato, il suo nome è ormai legato, in maniera indissolubile, al diritto al suicidio assistito. In queste ore si sta prodigando per organizzare l’ultimo saluto a Dj Fabo, che si terrà venerdì 10 marzo in una chiesa milanese. Sorte che non toccò dieci anni fa a Piergiorgio Welby.
“Un segnale positivo, le cose stanno cambiando anche all’interno delle gerarchie ecclesiastiche” chiosa al telefono. L’attivista radicale, ed ex parlamentare europeo, è indagato dalla procura per aiuto al suicidio e rischia fino a 12 anni di carcere: “Sono pronto a difendere le mie ragioni”. E ha già annunciato che a breve accompagnerà altre due persone in Svizzera che hanno ottenuto la cosiddetta luce verde: “Reitero semplicemente un comportamento che reputo giusto”, afferma con convinzione il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni. 
Cappato, non ha paura di finire in galera con questi continui gesti di disobbedienza? 
"Innanzitutto non sta a me decidere se ho commesso un reato, vedremo cosa stabilirà la procura di Milano. Al momento non ho ricevuto alcuna comunicazione giudiziaria né ho notizie sull’interrogatorio davanti ai giudici. Credo di stare dalla parte del giusto, e non temo le conseguenze: aiuto semplicemente persone, in condizioni critiche, abbandonate dallo Stato italiano."
Nella libera deposizione dai carabinieri, dove si è autodenunciato, ha specificato che non c’è stata nessuna istigazione al suicidio di Fabiano Antoniani. Anzi avrebbe cercato di dissuaderlo. Conferma? 
"Ho aiutato Dj Fabo a morire in una clinica in Svizzera, come lui aveva richiesto e desiderava. Da parte mia, anzi – se vogliamo specificare – c’è stata dissuasione nel senso che avendo reso la sua battaglia pubblica, gli ho consigliato di continuare a battersi per l’introduzione dell’eutanasia. Qui siamo all’esilio della morte di persone malate e con sofferenze atroci. Perché negargli questo diritto in Italia costringendole a partire?"
Tra l’altro viaggi che costano molti soldi... 
"Non tutti possono permetterselo! Per andare in Svizzera a praticare il suicidio assistito parliamo di 10mila euro: siamo al diritto sul censo. Questo perché in Italia ci rifiutiamo di legiferare in materia. "
E ora, come ha annunciato, si prepara ad accompagnare altre persone nel loro viaggio della morte. 
"Insieme a Mina Welby e Gustavo Fraticelli, ho fondato l’associazione “SOS eutanasia” per aiutare i malati italiani ad accedere al suicidio assistito in Svizzera. E riceviamo molte richieste. Da marzo 2015, mese d’inizio dell’azione “SOS eutanasia”, abbiamo dato informazioni a 210 persone presentatesi in forma non anonima. Di queste, 91 persone sono state aiutate da gennaio ad oggi. A breve accompagnerò in Svizzera altre due persone. E’ un loro diritto."
Che tipo di aiuto fornite? 
"Nelle nostre risposte – oltre a dare una mano logistica nell’organizzazione del viaggio e a volte anche economicamente – forniamo informazioni sulla sospensione delle terapie in Italia e, anche, sulle cliniche svizzere ma solo a coloro che potrebbero avere i requisiti, fermo restando che saranno poi i centri stessi a decidere sulla base della legislazione elvetica."
In Italia c’è una visione distorta, quasi una narrazione tossica: si pensa che le cliniche svizzere diano la “luce verde” per il suicidio assistito nell’arco di un pomeriggio e senza un lungo, e complesso, iter fatto di perizie e diagnosi. Si trascura totalmente l’enorme dato di umanità che accompagna la strada verso la scelta dell’eutanasia? 
"Esattamente così. In Svizzera non si pratica il suicidio assistito a chiunque lo chieda, ma c’è un’assistenza medica che valuta le condizioni che effettivamente consentono di accedere alla morte volontaria."
In questi anni, si è parlato di eutanasia in Italia, sempre e solo dopo qualche morte eclatante o pubblica. La politica promette, a caldo, di legiferare in materia ma poi la questione ricade sistematicamente nel dimenticatoio. Tante parole, mai fatti. Perché rimane sempre tutto uguale? 
"Negli ultimi 10 anni le cose sono cambiate, malgrado l’inerzia del Parlamento, grazie alle sentenze dei tribunali. Prendiamo qualche esempio emblematico. Nel caso Welby, il medico Riccio fu prima incriminato per omicidio del consenziente e poi scagionato in base all’art 32 della Costituzione. Poi è arrivato il caso Englaro con la Cassazione che autorizzò Beppe ad interrompere le terapie di Eluana. Infine, 6 mesi fa, il caso di Walter Piludu dove, per la prima volta, il tribunale di Cagliari ha imposto alla struttura ospedaliera di staccare il respiratore su richiesta del malato. Un precedente storico. Questo per dire che le sentenze della magistratura hanno fatto evolvere la giurisprudenza rendendo cristallino che il principio costituzionale – l’art 32 prevede che nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario – deve essere rispettato anche in assenza di una legge che specifichi il come. Adesso ci sono le basi per una buona legge in Italia."
Siamo d’accordo nel dire che questa legge in discussione in Parlamento è ben lontana dall’essere però una legge sull’eutanasia? 
"Certo, la legge in discussione è sul testamento biologico e sulle cosiddette direttive anticipate e quindi prevede soltanto ciò che è interruzione di terapie, o rinuncia, e cure palliative sia per una persona cosciente che per una persona che ha lasciato disposizioni scritte nell’eventualità si fosse trovata nella condizione di non intendere e volere. Rimane in piedi la criminalizzazione del suicidio assistito prevista dal codice penale italiano, codice penale fascista e degli anni ‘30, che non contempla distinzione tra omicidio del consenziente, perfettamente sano, e una persona sottoposta a malattia irreversibile e a sofferenza insopportabile. Tutto questo aspetto, definito assistenza medica alla morte volontaria in Svizzera, non è compreso nella legge italiana." 
Quindi siamo d’accordo che questa legge, pur se dovesse terminare l’iter parlamentare, non fermerebbe i viaggi della morte in Svizzera? 
"Non fermerebbe l’esilio della morte, ma potrebbe ridurlo. Il passaggio importante è quello sulla sedazione palliativa profonda continua. Al momento non è inclusa nella legge ma è una pratica attuata quasi regolarmente in Italia: sono numerosi i centri ospedalieri di accompagnamento alla morte e dove si fa coerentemente l’interruzione della terapia, anche in assenza della legge. E’ dovere di un sistema sanitario nazionale rispettare la volontà del cittadino. La legge serve soltanto per regolamentare una situazione già diffusa e per dare un diritto, ora assente, al paziente."
E Dj Fabo allora perché ha preferito andare in Svizzera piuttosto che morire in qualche clinica italiana? 
"Avevamo trovato medici disponibili a sedare Fabiano ma sarebbe morto dopo qualche giorno, voleva evitare il prolungarsi dell’agonia sia per lui che per la madre, così ha scelto l’estero. Per una persona residente al Sud, magari, si fanno altri ragionamenti perché il viaggio in Svizzera diventa più dispendioso in termini economici e di tempo."
Lei ci sta dicendo che in via informale il fine vita è praticato qui in Italia, come per le unioni di fatto che sono state riconosciute dopo un difficoltoso iter e in maniera blanda - sembra che la nostra politica sia indietro anni luce rispetto alla società in cui viviamo, non trova? 
"Sono passati 40 anni dalla proposta sull’eutanasia di Loris Fortuna. Negli anni ‘70 è partita la stagione dei diritti civili (aborto, divorzio), poi abbiamo assistito al ritorno clericale e il potere ecclesiastico ha impedito unioni civili e suicidio assistito." 
Questa può essere la volta buona? 
"Quasi quattro anni fa, il 13 settembre 2013, depositammo alla Camera la proposta di legge di iniziativa popolare per la sospensione delle terapie, l’eutanasia legale e il testamento biologico, corredata da 67mila firme di cittadini italiani. I sondaggi ci informano che l’opinione pubblica è pronta – il 70 per cento è favorevole – è arrivato il momento che ci arrivi anche il Parlamento, prima che sia troppo tardi, perché di mezzo ci va la sofferenza delle persone. Come diceva Luca Coscioni: “I malati non possono aspettare le scuse di uno dei prossimi Papi”."
Tra l’altro un Parlamento già ampiamente screditato agli occhi dei cittadini.
"Il fatto di non riuscire a legiferare nemmeno sul testamento biologico, rappresenterebbe un ulteriore elemento di sfiducia. Al limite dell’incomprensibile."
Dieci anni fa Mina Welby fu respinta dalle autorità ecclesiastiche, domani la Curia milanese celebrerà l’ultimo saluto a Dj Fabo. E’ un passaggio emblematico che porta ad una nuova fase? 
"E’ un segnale positivo ma, attenzione, oggi la posizione della Chiesta sul fine vita non è cambiata. Soltanto non c’è più l’ossessione a trasformare il dogma in legge e ad organizzare le truppe parlamentari. Registro un maggiore spazio per il confronto politico. Non perdiamo altro tempo."

Fonte: MicroMega online 

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