La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 25 ottobre 2015

Lubiana law & order

di Stefano Lusa
Le cose erano note da tempo. Tutto era pronto nei minimi det­ta­gli. La Slo­ve­nia avrebbe accolto 2500 migranti al giorno da alcuni punti sta­bi­liti. Gli arrivi sareb­bero stati con­cor­dati con Zaga­bria; poi i migranti sareb­bero stati iden­ti­fi­cati, come impon­gono le regole di Schen­gen e infine avreb­bero potuto pro­se­guire il loro viag­gio verso l’Austria, secondo le moda­lità che Lubiana avrebbe con­cor­dato con Vienna.
Sabato scorso, dopo la chiu­sura del con­fine unghe­rese il sistema è sem­brato fun­zio­nare benis­simo, almeno per qual­che ora, ma non c’è voluto molto per pre­ci­pi­tare nel caos.
Era abba­stanza pre­ve­di­bile che Zaga­bria, sotto la spinta dei migranti ed in piena cam­pa­gna elet­to­rale, avrebbe sem­pli­ce­mente con­ti­nuato a fare quello che già faceva con l’Ungheria, affret­tan­dosi a por­tare i pro­fu­ghi al con­fine slo­veno. Quando il numero è comin­ciato a salire e le pro­ce­dure di entrata in Slo­ve­nia hanno ini­ziato ad allun­garsi allora i croati non hanno fatto altro che lasciare i migranti a ridosso della fron­tiera, indi­cando loro la strada da per­cor­rere per arri­vare nell’area Schen­gen. Lubiana ha subito pro­te­stato vee­men­te­mente ed ha pun­tato il dito con­tro i com­por­tanti «poco euro­pei» degli inaf­fi­da­bili cugini.
Regole euro­pee
I croati hanno iro­ni­ca­mente com­men­tato che gli slo­veni devono solo seguire il loro esem­pio, spo­stando i migranti rapi­da­mente verso l’Austria.
Bef­far­da­mente hanno anche aggiunto che se non sono capaci di por­tare la gente fino a Šen­tilj ci pos­sono pen­sare diret­ta­mente loro. Da Lubiana hanno subito pre­ci­sato che non inten­dono mica com­por­tarsi come Zaga­bria, che ha messo su una spe­cie di agen­zia di viag­gio, non rispet­tando quelle stesse regole euro­pee da cui la Slo­ve­nia non vuole tran­si­gere. L’ossessione per il rispetto delle regole è un po’ nel Dna degli slo­veni, ma secondo alcuni viene anche dalla paura, che se non evi­den­ziati ade­gua­ta­mente all’entrata, i pro­fu­ghi potreb­bero venir respinti verso la Slo­ve­nia, che poi non avrebbe le pezze d’appoggio neces­sa­rie per riman­darli in Croa­zia. Una cosa di cui nem­meno gli unghe­resi, nelle ultime set­ti­mane di pas­sag­gio dalla Croa­zia all’Austria, attra­verso il loro ter­ri­to­rio, sem­bra­vano pre­oc­cu­parsi più di tanto.
Per con­tro dal governo slo­veno sono con­ti­nuati ad arri­vare allar­manti segnali sulla pre­sunta inten­zione degli austriaci di chiu­dere la fron­tiera e di limi­tare i pas­saggi. Pro­ba­bil­mente da Vienna ed anche da Ber­lino qual­che pres­sione sarà stata fatta su Lubiana, ma l’Austria ha smen­tito gli slo­veni pre­ci­sando che nes­suna limi­ta­zione al pas­sag­gio di pro­fu­ghi è stata posta. Sta di fatto che adesso i migranti hanno fretta, tanta fretta di arri­vare. Sen­tono che qual­cosa potrebbe cam­biare e non vor­reb­bero tro­varsi bloc­cati a pochi passi dalla meta.
Ordine pub­blico o emer­genza?
D’un tratto le forze dell’ordine slo­vene si sono tro­vate a dover gestire migliaia di per­sone che con­ti­nuano a var­care in massa il con­fine. I ritmi si fanno di ora in ora più intensi.
Tra il gestire la pre­ve­di­bile emer­genza e garan­tire il pieno rispetto della legge e dell’ordine Lubiana ha scelto la seconda via. In sin­tesi sta coor­di­nando la situa­zione come fosse una que­stione di ordine pub­blico e non una cata­strofe uma­ni­ta­ria. Tutti fermi, quindi, come accade da giorni a Rigonce, tra la mas­sic­ciata del treno, una stri­scia d’asfalto ed i campi di grano, immersi nel fango, anche sotto la piog­gia, in attesa di venir por­tati ai cen­tri per l’identificazione. Uomini, donne e bam­bini (tanti bam­bini) bagnati fino al midollo in attesa, per ore, che si libe­rino le strut­ture pre­po­ste all’accoglienza. Poi la lunga mar­cia, tutti a piedi, per chi­lo­me­tri e chi­lo­me­tri fino ai cen­tri di rac­colta, scor­tati dai reparti spe­ciali e dalla poli­zia a cavallo. Foto che hanno fatto il giro del mondo e che oggi sono l’immagine della Slo­ve­nia.
Arri­vati a desti­na­zione, in strut­ture piene all’inverosimile, si pro­cede alla sche­da­tura, con i migranti che diven­tano, con il pas­sare del tempo, sem­pre più insof­fe­renti, messi all’interno di angu­sti recinti espo­sti alle intem­pe­rie. Mer­co­ledì nel campo di Breice una pro­te­sta è sfo­ciata nell’incendio di una ven­tina di tende. Nella strut­tura, dove c’erano circa 1700 per­sone si è sfio­rata la tra­ge­dia, for­tu­na­ta­mente nes­suno è rima­sto ferito. Cre­scente ten­sione anche negli altri campi, dove le forze dell’ordine devono gestire una situa­zione alquanto com­pli­cata. Intanto i poli­ziotti si stanno sob­bar­cando ritmi mas­sa­cranti ed è lecito chie­dersi, visto il limi­tato orga­nico, fino a quando potranno resi­stere.
Paura
Il paese ha paura. Una parte della stampa e delle tele­vi­sioni fa a gara per ali­men­tare il panico. I pro­fu­ghi ven­gono pre­sen­tati come un poten­ziale peri­colo per la tran­quilla vita di ogni giorno. Le imma­gini delle zone, piene di rifiuti, dove sono stati costretti a bivac­care i migranti, senza nes­suna assi­stenza, con­ti­nuano a imper­ver­sare sulla rete, accanto ad esse com­pa­iono i più sva­riati com­menti a sfondo xeno­fobo e raz­zi­sta.
Il governo, di cui non si può essere sor­presi di come sia rima­sto sor­preso da que­sta pre­ve­di­bile emer­genza, cerca ora di cor­rere ai ripari. A larga mag­gio­ranza il par­la­mento ha votato in fretta e furia una prov­ve­di­mento che d’ora in poi con­sen­tirà all’esercito di coa­diu­vare la poli­zia nella gestione dell’ordine pub­blico. Qual­cuno è rima­sto inor­ri­dito per un prov­ve­di­mento che, non appena la legge entrerà in vigore, potrà essere usato anche in altre situa­zioni. In ogni modo i mili­tari con i loro blin­dati, i loro fucili mitra­glia­tori ed i loro giub­botti anti­pro­iet­tile sono già al con­fine e nei cen­tri dove ven­gono smi­stati gli immi­grati.
Ser­vono da deter­rente, spie­gano gli esperti, ma a Lubiana sem­bra cre­scere la voglia di seguire la via unghe­rese. Nel cen­tro­de­stra si chiede a gran voce di eri­gere un muro al con­fine, men­tre una fetta con­si­stente dell’opinione pub­blica sem­bra tutt’altro che con­tra­ria dall’idea. Lubiana potrebbe pro­ce­dere non appena da Vienna o da Ber­lino dovesse arri­vare l’adeguato segnale. Pre­sto da Buda­pest a Lubiana potrebbe eri­gersi una nuovo muro della cri­stia­nità.

Pubblicato su Osser­va­to­rio Bal­cani e Cau­caso (Obc)
Fonte: il manifesto 

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