La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 22 maggio 2017

Il teatro dell'assurdo al convegno Mdp

di Stefano Fassina 
Nello scorso fine settimana a Milano, a parte la bellissima manifestazione di sabato "nessuna persona è illegale", sono andate in scena pièce del "teatro dell'assurdo" al convegno di Mdp. Eppure, il titolo dell'appuntamento era ambizioso: "Fondamenta". Le aspettative di chi, come noi, ha guardato con grande interesse all'incontro erano alte. Speravamo si arrivasse a discutere le cause strutturali che, da un quarto di secolo, hanno determinato la deriva della sinistra storica fino a metterla al margine sia nella vecchia Europa, dove è nata e ha dato il meglio di sé, sia negli Stati Uniti, dove in versione roosveltiana ha dato linfa all'american dream. Speravamo anche che, riscoperta giustamente la "questione sociale", se ne affrontassero di petto le "nostre" determinanti strutturali.
Oltre alla generica globalizzazione, oramai universalmente stigmatizzata, non sono stati affrontati temi come il mercato unico europeo - senza standard sociali - e il disinvolto allargamento a Est, fonte di concorrenza al ribasso sul lavoro; le principali Direttive UE da esso generate (dalla devastante direttiva sui posted workers, di primaria rilevanza per la Brexit, alla Bolkestein); la moneta unica al servizio dell'insostenibile mercantilismo tedesco. Insomma, pur consapevoli delle biografie politiche dei protagonisti, speravamo si cercassero spiegazioni strutturali alla marginalità della famiglia socialista europea, Pd incluso. Mi auspicavo che, sguardo avanti, fossero proposte correzioni radicali ai cimeli dell'invocato "centrosinistra" o Ulivo, fattori di aggravamento della svalutazione del lavoro, dello spiaggiamento delle classi medie, dello svuotamento della democrazia costituzionale: il brodo di cultura dei barbari alle porte.
Invece, tutto è precipitato su Matteo Renzi. Va di moda, comodo capro espiatorio, il renzismo. Come se "Italia bene comune" fosse stata archiviata dall'ex Sindaco di Firenze, non dalla subalternità culturale e politica del Pd all'agenda di Maastricht, attuata dal Presidente Monti e imposta dalle forze micidiali dei "mercati finanziari". Come se la vittoria travolgente di Matteo Renzi al Congresso Pd fosse frutto di un'azzeccata campagna di marketing, avvenuta dopo il frontale del 4 dicembre dello scorso anno, dove si è schiantato un impianto di politics costruito in venti anni di "anti-politica", non una policy. Da tanti fondatori del Pd ci aspettavamo, anche per dare fondamenta serie alla loro uscita, il riconoscimento dei difetti di origine del Pd: la democrazia plebiscitaria e il liberismo europeista contenuti e sbandierati nello statuto e nel programma del Lingotto. E, conseguentemente, prevedevamo una liberatoria definizione di Renzi come interprete estremo del canovaccio originario, non usurpatore.
Invece, ancora una volta, una iper-tattica, auto-consolatoria e de-responsabilizzante personalizzazione. Così, c'è stato chi, fresco ex Pd, ha aperto alla coalizione con il Pd ma senza Renzi, come se Matteo Renzi non avesse appena stravinto il congresso. C'è stato anche chi, con un linguaggio arcaico ha continuato, a invocare il "centrosinistra", ma in discontinuità programmatica con il passato, quando il neo-segretario del Pd, forte della ampia ri-legittimazione ottenuta, ogni giorno insiste, comprensibilmente dal suo punto di vista, a rivendicare il Jobs Act come storica riforma di sinistra, a derubricare a errore di comunicazione la vastissima resistenza alla sua legge sulla scuola, a rimpiangere la revisione costituzionale travolta da 20 milioni di No, a tentare ancora una volta una legge elettorale a proprio vantaggio, a far approvare decreti Minniti-Orlando apripista del "diritto etnico", a infilare norme distruttive per l'ambiente nella cosiddetta "manovrina" o nel "blocca-ruspe" (quelle contro le ville abusive, non quelle di Salvini).
È ora, di lasciar stare il teatro dell'assurdo. È ora di fare un'analisi di fase senza tatticismi. È ora di aprire un cantiere di cultura politica e di programma su terreno del patriottismo costituzionale per rideclinare, nella Ue e nell'Eurozona, l'interesse nazionale in relazione all'interesse del lavoro. È urgente, in vista delle imminenti elezioni politiche, avviare un percorso per una lista unitaria e alternativa al Pd, a partire dalle città dove da tempo, in particolare dalle elezioni amministrative di giugno 2016 per arrivare a oggi, sono operative esperienze politiche unitarie e portatrici di un valore aggiunto rispetto alle consumate energie dei partiti della sinistra storica. Soltanto con radicali discontinuità di forme della politica, di programma e di classi dirigenti si può arginare e recuperare lo smottamento di popolo verso proposte regressive. Sinistra Italiana c'è, come ribadito da Nicola Fratoianni. Sarebbe utile alla democrazia italiana che Mdp scegliesse dove stare. Tutto il resto è noia.

Fonte: Huffington Post - blog dell'Autore 

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