La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 11 ottobre 2015

La polizia assedia le città a maggioranza Hdp, coprifuoco a Dyarbakir

di Carovana Rojava resiste
Sono pas­sate solo poche ore dalla strage di Ankara che a Suruç l’aria è già diven­tata irre­spi­ra­bile. Entriamo silen­ziosi al cen­tro cul­tu­rale Amara, dove lo scorso 20 luglio ebbe luogo la strage di 33 stu­denti e atti­vi­sti socia­li­sti che por­ta­vano aiuti a Kobane, per mano di un atten­ta­tore sui­cida dello Stato isla­mico. Le facce qui sono scure e pre­oc­cu­pate. Per molte e molti degli atti­vi­sti pre­senti le imma­gini della piazza della sta­zione di Ankara richia­mano alla mente tutte le sen­sa­zioni di quella mat­tina di luglio.
Solo poche ore fa ci tro­va­vamo a Diayr­ba­kir, dove in seguito agli scon­tri di ieri sera tra soste­ni­tori della sini­stra filo-kurda (Hdp), cit­ta­dini comuni e poli­zia ai mar­gini del quar­tiere Hasirli, è stato nuo­va­mente ordi­nato il copri­fuoco. Nes­suno può lasciare le pro­prie case dopo le sei di pome­rig­gio. Que­sta tec­nica è usata a sin­ghiozzo sem­pre più di fre­quente nelle grandi città del Kurdistan.
A Cizre, a due passi dal con­fine siriano, è durato ben nove giorni a par­tire dal 6 set­tem­bre scorso, a Nur è stato indetto a più riprese nel mese di set­tem­bre, ma anche a Nusay­bin, Sil­van, Silopi e Bismil i kurdi non hanno potuto muo­versi da casa nel corso degli ultimi dieci giorni.
In tutte que­ste città, dove l’Hdp è la mag­gio­ranza ed esi­stono quar­tieri che si auto­di­fen­dono con bar­ri­cate, si sono suc­ce­duti ten­ta­tivi della poli­zia di pene­trare con mezzi mili­tari, ten­ta­tivi cui è seguita la rea­zione delle comu­nità locali. A Cizre in par­ti­co­lare l’attacco armato di venti giorni fa, anti­ci­pato dallo stop di acqua e cor­rente elet­trica, ha cau­sato la morte di 21 per­sone. Le testi­mo­nianze di chi ci ha accom­pa­gnato tra le vie della città vec­chia rac­con­tano di buchi più o meno evi­denti den­tro palazzi, negozi e strade ster­rate. Ad un passo da Nur, una signora strat­tona un bimbo di forse cin­que anni per far­celo vedere: «Que­sto per Erdo­gan è un ter­ro­ri­sta, a voi pare un ter­ro­ri­sta que­sto bam­bino?», osserva indignata.
Dal cen­tro cul­tu­rale di Suruç ci rechiamo ad uno dei campi pro­fu­ghi costruiti con grandi ritardi dopo gli attac­chi dell’Isis a Kobane. Nihat, giunto poco meno di un anno fa da Kobane, con­fessa una certa indif­fe­renza verso Assad e i raid aerei russi in Siria degli ultimi giorni, con rela­tivi scon­fi­na­menti in ter­ri­to­rio turco. Nihat non nasconde però un disprezzo ine­qui­vo­ca­bile verso Erdo­gan e il suo par­tito. La sua devo­zione va alle Unità di pro­te­zione maschili e fem­mi­nili (Ypg/Ypj) che hanno pro­tetto il pas­sag­gio dei pro­fu­ghi, non solo kurdi, con cibo, sup­porto logi­stico e tute­lando l’incolumità delle per­sone. «Siamo con­trari ad azioni mili­tari esterne, quelle ame­ri­cane ave­vano poi un ruolo per lo più di fac­ciata», aggiunge Omer di Hdp. Secondo lui, solo scon­fig­gendo l’Isis, i kurdi potranno vin­cere la loro bat­ta­glia per l’autonomia.
La con­clu­sione dell’incontro è segnata dalla vibra­zione di un paio di cel­lu­lari, la Far­ne­sina invita a evi­tare assem­bra­menti e mani­fe­sta­zioni pub­bli­che in tutta la Turchia.
Nel pome­rig­gio di ieri, men­tre si aggra­va­vano le noti­zie rela­tive al numero di vit­time dell’attentato di Ankara, siamo stati ospi­tati nella sede della muni­ci­pa­lità di Hdp a Suruç. Men­tre ad Istan­bul era già in corso un cor­teo con­tro gli attac­chi, il par­tito di Demir­tas ha deciso di denun­ciare diret­ta­mente da qui l’accaduto. Man­cano tre set­ti­mane alle ele­zioni che dovreb­bero risol­vere le incer­tezze di que­sta fase tran­si­to­ria e la strage di que­sta mat­tina, che richiama le stesse dina­mi­che degli atten­tati dello scorso giu­gno al comi­zio di Demir­tas a Diyar­ba­kir, non pos­sono che ren­dere incan­de­scente il già tra­bal­lante sce­na­rio poli­tico turco.
La volata di Hdp, che ha supe­rato per la prima volta lo sbar­ra­mento del 10% nel corso dell’ultima tor­nata elet­to­rale, ha sor­preso il par­tito di mag­gio­ranza rela­tiva. Que­sta sor­presa si è pre­sto mutata in paura, in molti hanno inte­resse a fer­mare l’avanzata di un movi­mento che non si rivolge più solo ai kurdi ma parla di diritti, ugua­glianza e demo­cra­zia per tutti.

Fonte: il manifesto 

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.