Intervista a Alessandra Ballerini di Stefano Galieni
Passato qualche giorno dalla fatidica sentenza di assoluzione di Erri De Luca, rinviato a giudizio per le sue parole, abbiamo avuto la possibilità di parlare di quanto accaduto con Alessandra Ballerini che, insieme a Gianluca Vitale ha costituito il collegio difensivo del poeta e scrittore. Le riflessioni di Alessandra Ballerini, avvocato di strada, perennemente in difesa di chi sempre non ha voce, nel 2001 nel legal team di Genova, durante i G8 e oggi impegnata soprattutto sul fronte dell’immigrazione, lasciano una prospettiva anche inquietante rispetto allo stato del diritto in Italia
«Quando abbiamo sentito la parola “assolto” per noi c’è stata incredulità. Non perché non ci speravamo ma semplicemente in quanto quel processo non aveva alcuna ragione di essere celebrato.
Erri De Luca ha semplicemente detto che era stata ripristinata la legalità, io e il mio collega eravamo appena rientrati dopo lo sgombero di un campo rom, attuato “casualmente” in quelle ore malgrado il provvedimento facesse seguito ad una vecchia ordinanza. C’era stata una pausa fra l’apertura dell’udienza e la lettura della sentenza e avevamo scelto di andare al campo dove abbiamo un centinaio di agenti in assetto antisommossa. Siamo tornati con le scarpe piene di fango, in tempo per vedere che un incubo si chiudeva».
Erri De Luca ha semplicemente detto che era stata ripristinata la legalità, io e il mio collega eravamo appena rientrati dopo lo sgombero di un campo rom, attuato “casualmente” in quelle ore malgrado il provvedimento facesse seguito ad una vecchia ordinanza. C’era stata una pausa fra l’apertura dell’udienza e la lettura della sentenza e avevamo scelto di andare al campo dove abbiamo un centinaio di agenti in assetto antisommossa. Siamo tornati con le scarpe piene di fango, in tempo per vedere che un incubo si chiudeva».
Quindi una sentenza annunciata?
«Ripeto a rigor di logica non ci doveva neanche essere il rinvio a giudizio. Ma poi in quel clima, con quella procura, tutto era più difficile trovandoci sul banco degli imputati. Il giudice ha condotto bene il processo e avevamo una certa speranza. Ma nulla era certo»
Quindi un processo inutile, costato anche alla collettività
«Si uno non ci pensa ma fra giudici, carabinieri in aula (fenomeno inquietante e non comune) spese legali e di semplice registrazione degli atti il costo è tanto inutile quanto enorme. La procura per due anni sarà scortata a nostre spese, in base ai rischi derivanti da un accusa che non sussisteva».
E poi ci sono anche tante incongruenze
«Si ad esempio il fatto che lo Stato, in questo processo non si è costituito parte civile. Bizzarro ma è come dichiarare che le dichiarazioni di Erri De Luca non hanno prodotto i danni temuti. Se invece, per paradosso avessero realmente causato danneggiamenti, la LTF (Lyon –Turin Ferroviairie) non avrebbe subito danni perché il lavoro è tutto subappaltato e le ditte interessate verrebbero risarcite dallo Stato. Per difendere i cantieri lo Stato destina risorse attraverso il rafforzo della sicurezza, la costruzione di reti, la presenza delle forze dell’ordine. Eppure lo Stato dichiara di non aver subito danni. Era chiaro ma De Luca è stato processato, eppure lo Stato non può scegliere se chiedere di essere risarcito o meno. Ma le anomalie sono tante. Ad esempio l’accusa si basava su alcune frasi dell’intervista rilasciata dall’imputato ad Huffington Post nel settembre 2013 e a cui il processo ha dato grande risonanza mediatica. Beh come mai se era ritenuta “pericolosa” non è stata oscurata l’intervista? Evidentemente non era così pericolosa. Altro fatto curioso: non c’erano prove. L’intervista era frutto di una conversazione telefonica, probabilmente non registrata. Erri De Luca avrebbe potuto tranquillamente dire di essere stato male interpretato. Non lo ha fatto. L’intervista poi è stata a mio avviso manipolata dalla procura. Inizia dicendo: “Ha ragione il procuratore capo di Torino quando paventa il terrorismo No Tav?” risposta “Caselli esagera”. E l’intervistatrice “Forse esagera, ma in macchina i due ragazzi arrestati avevano caricato molotov…” risposta “Sì, pericoloso materiale da ferramenta. Proprio quello che normalmente viene dato in dotazione ai terroristi. Mi spiego meglio: la Tav va sabotata. Ecco perché le cesoie servivano: sono utili a tagliare le reti. Nessun terrorismo”. Di fatto poi l’accusa di terrorismo è caduta, quindi cosa c’era di tanto inaccettabile in questa intervista?».
Se lo sarà domandato la procura
«Si lo hanno ribadito chiaramente. Il reato commesso è quello di non aver mai negato il carattere dell’intervista. Poteva negarne il carattere e per la procura quello che rende pericoloso quest’uomo è proprio la coerenza. È quella che va punita. Se ne poteva tirare fuori molto tranquillamente. Le idee che non piacciono al potere bisogna rimangiarsele. E per questo hanno perso. La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo sancisce all’articolo 10 che “Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera”. Ricevere e comunicare e non si dice “solo delle opinioni della maggioranza”. Sono garantite quelle che inquietano, a volte offendono, provocano. Se si forma il dibattito attraverso idee contrapposte si salva la democrazia che altrimenti muore. In una precedente occasione a ricorrere alla Corte Europea, su queste basi era stato il direttore del Giornale Maurizio Belpietro, proprio contro la procura e contro l’allora Procuratore Capo Caselli per un reato di opinione. Ebbene, nonostante in quel caso il bene primario era l’organo dello Stato e la sua onorabilità, la Corte di Strasburgo ha ritenuto sproporzionata la pena del carcere per reati di opinione. Se si va in galera per questo si ha paura di esprimere opinioni discordanti che poi altri non possono più ricevere».
Anche l’avvocato dell’accusa, Alberto Mittone ha manifestato questo parere
«Si è spinto a dire rivolgendosi a De Luca: “Lei non è un poeta che si tiene le poesie nel cassetto ma vende milioni di copie. Lei va in tv, lei distribuisce anche gratis le cose che scrive”. Ora al di là del fatto che non era stato l’imputato a distribuire al processo i suoi scritti e al di là del fatto che lo si accusava di andare ad una trasmissione a cui sarebbe andato dopo, preoccupa che un avvocato, che peraltro è anche scrittore, si accalori perché quella che De Luca chiama “parola contraria” e che per un lapsus l’avvocato dell’accusa chiamava “parola negata” abbia avuto eco e ascolto. Il tutto sulla base del fatto che le parole sono importanti. Il mio collega, che ringrazio ancora una volta, è intervenuto parlando di me dicendo che io, occupandomi di migranti e facendo parte della Campagna che dice Mai più CIE (LasciateCIEntrare), istigo forse a danneggiare i centri di espulsione per migranti? Che se insieme ad Antigone e al Senatore Manconi scriviamo e diciamo della necessità di “abolire il carcere” siamo responsabili se qualcuno danneggia un penitenziario? Beh è una idea preoccupante di cosa si può dire e cosa non si deve dire.
L’altro giorno, un europarlamentare della Lega Nord, si è presentato in Tv con una pistola, per affermare l’importanza di difendersi da soli. Anche questa è una opinione
«No per due motivi. Intanto da una parte c’è un poeta che non chiede voti e semplicemente non accetta che alcune persone vengano accusate di terrorismo per un opera che in molti si ritiene dannosa e inutile. Dall’altra c’è un politico, pagato anche da noi, che per acquistare consenso e voti, sull’onda emotiva, si presenta con una pistola per affermare che dovrebbe essere consentito uccidere, che il valore della proprietà è più importante di quello di una vita. E questa affermazione, unita all’istigazione all’odio razziale è una violazione della legge. E arrivo al secondo punto. Sempre la Convenzione Europea, più della Costituzione italiana, pone dei limiti. La nostra costituzione parla di “buon costume” quella Europea dice che “L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario”. Quindi si è soggetti a limiti imposti dalla legge che Erri De Luca non ha violato mentre per l’onorevole Buonanno sarebbe il caso che qualcuno si pronunciasse».
In chiusura, adesso cosa vi aspettate?
«Mah è difficile dirlo. Se uno ragionasse con il buon senso dovrebbe pensare che è tutto finito. Basta chiedere se dopo le dichiarazioni rilasciate dal nostro assistito c’è stato un incremento dei danneggiamenti ai cantieri e scoprire che la risposta è no. Basterebbe cercare nella montagna di intercettazioni se qualcuno se ne è uscito con frasi del tipo “facciamolo perché anche Erri De Lucaa la pensa così” e anche lì il risultato è negativo su tutta la linea. Non c’è nessun nesso di causalità e questo dovrebbe garantire maggiore libertà di parola al poeta. Ma non escludo nulla. Si è sentito anche dire che se i No Tav daranno segno di distensione non si ricorrerà in appello»
Una parola in ostaggio allora? Pessimo segnale per una democrazia malata.
Fonte: Rifondazione comunista
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