La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 25 ottobre 2015

Quell'orologio fermo nella mia storia con la Tav

di Erri De Luca
Nell'aula di Corte di Assise a Torino c'è un orologio guasto. Il giudice non può vederlo, sta alle sue spalle. Durante le ultime udienze guardavo il meccanismo fermo. Mi suggeriva qualcosa vagamente, restavo in sospeso. Il tempo era fermo? Era fragile? Era irreparabile? Il 19 ottobre, udienza del verdetto, l'orologio guasto mi ha aiutato a capire. Era fermo il mio tempo da due anni e un mese, dal giorno di notifica dell' atto giudiziario. Vennero in quattro, aprii la porta, entrarono per il verbale. Non si sedettero, non li invitai a farlo. Restammo in piedi fino alla mia firma.
Due anni e un mese dopo, ero seduto davanti a un orologio rotto. La sala di attesa stava finendo, fuori il cielo era sgombro e senza vento, un giorno quieto di autunno.
Avevo chiesto alle persone venute a sostegno di reagire, in caso di condanna, nel modo più muto possibile. Niente gridi, proteste, per opporre il silenzio del muro.
La lettura veloce del dispositivo di sentenza è stata perciò accolta da un breve intervallo di totale silenzio. Era quello previsto in seguito a condanna. C'è voluto un frattempo per sintonizzarsi sulla sentenza opposta. C'è voluta la pausa di un singhiozzo. Poi l'aula ha gridato, i cronisti si sono avvicinati a semicerchio, dietro sono partiti applausi, voci, abbracci.
Qualcuno in questo paio di anni mi parlava di una storia da bolla di sapone. Se era quella, ci sono rimasto anni due e mesi uno. Anche ora che non l'ho più intorno, conservo l'odore di fuoriuscito. Mentre ascoltavo il dispositivo guardando l'orologio, dentro di me sono partiti i battiti nuovi di un tempo secondo. Uscendo dall'aula non mi sono voltato per vedere se l'orologio guasto aveva ripreso a funzionare.

Fonte: Huffington post - blog dell'Autore 

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