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di Guido Viale
Same World è un progetto europeo che riunisce in rete 21 paesi con capofila il Cies, una Onlus italiana. È un esperimento di educazione ambientale e sociale incentrato soprattutto sul tema dei cambiamenti climatici in corso e sulle diseguaglianze sia tra Global nord e Global sud che all'interno di ciascun paese, nonché sulle migrazioni ambientali.
Il progetto è rivolto agli insegnanti, agli studenti e alle autorità scolastiche, ma, data l'urgenza e la rilevanza dei temi affrontati, intende offrire importanti spunti anche per l'educazione e la presa di coscienza degli adulti. In linea generale l'approccio adottato non è quello di trasmettere dei contenuti già elaborati, ma di far scoprire ai nostri interlocutori, attraverso una serie di percorsi, come i grandi processi che interessano l'intero pianeta e la nostra epoca si intrecciano con la vita quotidiana di ciascuno di noi; il che rimanda ai nostri stili di vita, ai nostri consumi, ma non solo.
Rimanda anche ai nostri rapporti con la natura e con il nostro prossimo: cioè con la società e il contesto fisico in cui si svolge la sua vita. La peculiarità dell'approccio adottato è data dallo stretto rapporto istituito o, meglio, riconosciuto, tra la dimensione ambientale e quella sociale dei grandi problemi che la nostra epoca si trova di fronte. Molte delle incomprensioni che hanno tenuto bloccate le spinte a un cambiamento sostanziale e positivo degli assetti e dei processi ambientali e sociali vigenti è la separazione, ma spesso anche l'aperta contrapposizione, tra un ecologismo attento solo, o prevalentemente, alla dimensione ambientale e un radicalismo sociale incapace di cogliere la dimensione materiale, terrena, e ben radicata nel dissesto ambientale in corso, di tutto ciò che pretendeva di combattere.
Tipica la contrapposizione tra difesa dell'ambiente e difesa dell'occupazione esemplificato dal caso dell'Ilva di Taranto - ma anche da un esempio di fantasia su cui si sviluppa lo spettacolo che verrà messo in scena stasera nell'ambito di questo progetto. Ma anche le vicende delle venti COP (conferences of parties) che hanno cercato di dare attuazione al protocollo di Kyoto e alla Convenzione sui cambiamenti climatici approvata al vertice mondiale di Rio de Janeiro del 1992 testimoniano un fallimento che rischia di riprodursi nella imminente COP 21 che si svolgerà dal 30 novembre all'11 dicembre prossimi a Parigi.
Quel fallimento deriva dal fatto di aver tenuto separati clima e società, ovvero lotta ai cambiamenti climatici e lotta contro le diseguaglianze sociali. La lotta contro i cambiamenti climatici è stata affidata interamente ai governi, che pretendono di condurla su due piani: quello tecnologico, sostituendo impianti energetici fondati sulle fonti rinnovabili a quelli attuali che sfruttano soprattutto le fonti fossili; e quello economico, incentrato sul calcolo del costo presunto di questa sostituzione e sullo studio dei tempi di "ritorno" dei relativi investimenti, per renderli redditizi.
Il problema vero è che a tutto ciò manca la dimensione sociale: la sostenibilità ambientale (anche e soprattutto in campo climatico) può essere perseguita e raggiunta solo attraverso la mobilitazione di forze e risorse, cognitive e pratiche, diffuse in tutta la società; quelle forze che individuano nella devastazione del loro ambiente, ma anche di tutto il pianeta, l'origine ultima della loro miseria, della loro oppressione e delle diseguaglianze che bloccano un vero sviluppo umano. Sulle tracce di una cultura autenticamente ambientalista, che ha avuto in Alex Langer e nella sua proposta di conversione ecologica uno dei suoi più importanti iniziatori, ma che ha impregnato profondamente anche la cultura politica di molti movimenti sia America latina che in India e nel Sudest asiatico, questo intreccio tra giustizia sociale e giustizia ambientale è anche il tema centrale che attraversa l'enciclica Laudato sì: un riferimento irrinunciabile, per la ricchezza dei suoi contenuti, per tutto il nostro progetto pedagogico.
È un approccio olistico che vede nel vivente, nelle forme e nelle condizioni del suo riprodursi e perpetuarsi, il fondamento della norma che deve regolare anche i rapporti dell'essere umano (e non dell'uomo: papa Francesco con questo termine intende non attribuire al genere maschile la rappresentanza anche di quello femminile) con la natura e con i suoi simili. D'altronde anche un altro personaggio che costituisce da tempo un punto di riferimento per i fautori della giustizia ambientale e sociale, Naomi Klein, nel suo ultimo libroUna rivoluzione ci salverà, ha messo bene in chiaro che non può esservi vero risultato della lotta contro i cambiamenti climatici senza un sovvertimento radicale dell'ordine sociale su cui si fonda l'economia dei combustibili fossili fin dagli esordi della rivoluzione industriale.
Entrando poi nello specifico, l'intreccio tra temi globali e vita quotidiana messo al centro del progetto pedagogico può essere sviluppato e approfondito attraverso la ricostruzione del ciclo di vita dei prodotti, dei beni e dei servizi che entrano a far parte del nostro stile di vita: quali risorse, rinnovabili e non rinnovabili, mobilitano; quali danni infliggono all'ambiente e alle comunità con il loro prelievo; quanti e quali processi di trasformazione attraversano, e a quali condizioni; quanto pesano trasporti, imballaggi, obsolescenza e pubblicità nel farli arrivare fino a casa nostra o nella nostra disponibilità; quali impatti produce il nostro modo di usarli e di consumarli; che ne è di loro una volta dismessi e a quali condizioni possono essere restituiti all'ambiente senza fare danni o reimmessi in un nuovo ciclo produttivo.
Un tema centrale che emerge da questo approccio è la necessità di recuperare quanto più possibile la sovranità dei territori e delle comunità che li abitano su tutte quelle fasi del ciclo di vita dei prodotti che possono essere "deglobalizzate", ovvero rilocalizzate (reshoring). Il riscatto del Gobal sud e la riconversione alla sostenibilità del Global nord non possono che passare attraverso un processo del genere.
Il cibo, cioè l'agricoltura e l'alimentazione sono temi che hanno avuto nell'Expo, peraltro ad armi tutt'altro che pari e, oserei dire, in un gioco truccato, la sede di una contrapposizione frontale e non ricomponibile tra due opposte concezioni del modo in cui nutrire il pianeta. Da un lato un'agricoltura industrializzata, interamente dipendente dalla chimica, dai combustibili fossili, dall'ipermeccanizzazione e un'industria alimentare controllata dalle multinazionali del cibo e della grande distribuzione; dall'altro un'agricoltura "contadina", e un'industria alimentare di dimensioni contenute, legate ai territori, ecologiche, di prossimità, multicolturali e multifunzionali.
È una contrapposizione che il tema del cibo rende evidente a tutti, ma che si riproduce in termini analoghi in molti altri settori: quello della generazione energetica (energia per la vita è peraltro il grande tema con cui l'expo è stato presentato, ma che proprio alla vigilia del vertice di Parigi, è rimasto del tutto in ombra); quelli della mobilità, della gestione del suolo, dell'edilizia, della gestione dei rifiuti, cioè delle risorse del futuro, quello degli assetti urbani.
Oltre a questo, il progetto si è concentrato particolarmente su un tema della massima attualità e rilevanza, che è quello dei profughi. È nostra convinzione che la distinzione tra profughi di guerra e migranti economici non abbia alcun fondamento: entrambi sono in realtà "profughi ambientali", perché all'origine delle condizioni che li hanno costretti a fuggire dai loro paesi, cosa che nessuno fa mai volentieri, c'è una situazione di insostenibilità provocata dai cambiamenti climatici, dal saccheggio delle risorse locali, dalla penuria di acqua, dall'inquinamento dei suoli.
Il caso della Siria è esemplare: all'origine della guerra che sta sospingendo milioni di profughi verso l'Europa c'è una rivolta popolare contro un regime che incapace di garantire il sostentamento di una popolazione urbana in continua crescita; e all'origine di quella crescita c'è una fuga dalle campagne desertificate dalla mancanza di acqua e dal cambiamento del clima. Tutto si tiene. Gli effetti sociali del deterioramento dell'ambiente e dei cambiamenti climatici sono davanti a noi. In una dimensione sconosciuta e inattesa.
Fonte: Huffington Post - blog dell'Autore
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