
di Paolo Fumagalli
Da quando è iniziata questa sciagurata diciassettesima legislatura, nel febbraio 2013, sono piovuti addosso ai cittadini italiani leggi e decreti votati da una maggioranza priva di qualunque legittimazione politica. Sono state compiute scelte inspiegabili per molti elettori, soprattutto di centrosinistra, che vi hanno assistito attoniti e frustrati, talvolta indignati, spesso inconsapevoli o ingannati dalla propaganda dei mass media, di sicuro impotenti. Tra i provvedimenti approvati, riforma del lavoro (più nota come Jobs Act), Sblocca Italia, riforma della scuola (cosiddetta Buona Scuola) e nuova legge elettorale (il famoso Italicum). Le prime tre ricordano un modello neo-liberista che sappiamo già fallimentare, mentre il principale scopo della riforma elettorale (insieme a quella costituzionale) sembra essere quello di ridurre gli spazi di partecipazione democratica.
La reazione più diffusa a questi provvedimenti è stata la classica lamentela, il tipico borbottio italico che suona più o meno così: “È uno schifo, ma non possiamo farci niente!”. In effetti, è difficile immaginare come i cittadini possano bloccare il Parlamento, formalmente legittimato ad approvare simili provvedimenti, benché questi siano stati votati da una maggioranza artificialmente creata e non siano espressione di sovranità popolare.
Ora, finalmente, abbiamo la possibilità di cambiare questa situazione, in piccola parte, dando allo stesso tempo un forte segnale. È iniziata una campagna referendaria che ha per oggetto le quattro leggi sopra citate (Jobs Act, Sblocca Italia, Scuola e Italicum), in relazione alle quali sono stati elaborati otto quesiti. La paternità dell’iniziativa spetta ai cittadini che vorranno firmare per il referendum; la raccolta delle firme è organizzata da Possibile, il nuovo soggetto politico che fa riferimento a Pippo Civati, con la partecipazione di Green Italia. Finalmente, dal “Non possiamo farci niente” che ci ha bloccato fino ad ora, possiamo passare al “fare qualcosa”, dall’impotenza possiamo passare alla partecipazione attiva attraverso lo strumento del referendum che ha già mostrato altre volte il suo potenziale.
Abbiamo la possibilità di riprenderci un po’ della nostra sovranità, di cancellare, in tutto o in parte, quattro leggi vergogna, che verosimilmente la maggioranza dei cittadini non ha voluto e non vuole, e che nessun partito aveva promesso durante la campagna per le elezioni politiche. Sostituiamo all’arte patria della lamentazione l’impegno politico e l’azione concreta. Depositiamo i moduli, raccogliamo le firme, facciamo informazione sulla campagna. Sospendiamo le riunioni e le conferenze, usciamo dalle stanze chiuse e dai teatri, parliamo dei quesiti con la gente nelle strade e nelle piazze (verrebbe quasi da dire “strada per strada, casa per casa”).
Facciamo sentire alla gente che la politica esiste ancora e che i cittadini possono intervenire nel dibattito da protagonisti. Chiediamo a chi firma di darci una mano e di diffondere la voce, inneschiamo un circolo virtuoso che favorisca la partecipazione. Facciamo emergere la maggioranza invisibile, quella dei cittadini onesti che vogliono un cambio di rotta nelle scelte del Parlamento e del Governo. I grandi media non sono con noi, e, a parte l’analisi di qualche attento osservatore, cercheranno di fare passare la vicenda nel silenzio più assoluto, come già accaduto altre volte. Ragione di più per andare nelle piazze e promuovere un’Altra Politica.
Un’ultima nota. Sono state espresse perplessità sia sulle tempistiche, sia sulla formulazione dei quesiti dei referendum. Le prime sarebbero troppo ristrette (causa estate), la seconda troppo ristretta (per esempio sulla Scuola). Forse è vero. Forse no. Questo però non è il momento per dubbi, tatticismi e discussioni. Questo è il momento di agire, di dare un segnale, di cominciare una piccola rivoluzione pacifica, di parlare alla maggioranza invisibile, di incontrare il popolo, anche (forse soprattutto) nelle periferie. Riprendiamoci un pezzetto di sovranità, torniamo a fare politica in mezzo alla gente.
Fonte: Esseblog
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