La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 29 agosto 2015

Il pretesto dello ‘Stato Islamico’ e le guerre imminenti in Libia

di Ramzy Baroud
Un’altra guerra è in gestazione in Libia: la domanda è: ‘come’ e ‘quando’? Mentre la prospettiva di un altro scontro finale militare à improbabile che salvi la Libia dalla sua attuale insurrezione per difendersi e dallo scontro politico, è probabile che cambi proprio la natura del conflitto in quel paese arabo ricco ma diviso.
Un importante pre-requisito per la guerra è di individuare un nemico o, se necessario, di inventarsene uno. Il cosiddetto ‘Stato Islamico’ (IS) sebbene difficilmente sia una componente importante nella politica controversa del paese, è probabile che sia quell’antagonista.
Attualmente la Libia è spaccata, politicamente, tra due governi e, geograficamente, tra molti eserciti, milizie, tribù e mercenari. E’ uno stato fallito per eccellenza, sebbene tale titolo non renda giustizia alla complessità del caso libico, insieme alle cause alla radice di quel fallimento.
Ora che l’IS ha praticamente conquistato la città di Sirte che una volta era una roccaforte dell’ex leader libico Muammar Gheddafi e il bastione della tribù al-Qadhadhfa, la scena sta diventando anche più torbida che mai in precedenza.
La convinzione comune è che l’avvento del gruppo opportunistico, assetato di sangue sia un evento naturale, considerando il vuoto nella sicurezza conseguente alle dispute politiche e militari. Ma c’è da aggiungere altro alla storia.
Vari avvenimenti importanti hanno portato all’attuale stallo e al caos totale in Libia. Uno è stato l’intervento militare della NATO che allora era stato promosso come modo di appoggiare i libici nella loro insurrezione contro il loro leader di lunga data, Gheddafi. La volontaria lettura sbagliata fatta dalla NATO della risoluzione dell’ONU 1973 ha avuto come conseguenza la ‘Operazione Protettore Unificato’, che spodestò Gheddafi, uccise migliaia di persone e consegnò il pese nelle mani di numerose milizie che alle quali, all’epoca venivano descritte collettivamente come i ‘ribelli’.
L’urgenza che la NATO assegnava alla sua guerra – il cui scopo era, presumibilmente, di impedire un possibile ‘genocidio’ – teneva molte persone nei media o solidali o tranquille. Pochi osavano parlare apertamente:
“Mentre il mandato ONU della NATO era di proteggere i civili, l’alleanza, in pratica, ha usato quella missione nel modo sbagliato. Usare il potere per appoggiare una parte in una guerra civile per cacciare il regime di Gheddafi, divenne la forza aerea per le milizie ribelli sul terreno,” scrisse Seumas Milne sul Guardian nel maggio 2012.
“Così, mentre il bilancio delle vittime era stato forse tra i 1000 e i 2000 quando la NATO intervenne in marzo, in ottobre era oramai stimato dall’NTC (Consiglio Nazionale Transizionale) in 30.000 – compresi migliaia di civili.”
Un altro importante evento sono state le elezioni. I libici hanno votato nel 2014, arrendendosi a una bizzarra realtà politica dove due ‘governi’ sostengono di essere i legittimi rappresentanti del popolo libico: uno a Tobruk e a Beida e l’altro a Tripoli.
Ogni governo ha i suoi propri armamenti militari, le sue alleanze tribali e i suoi benefattori regionali. Inoltre, ognuno è ansioso di rivendicare una porzione maggiore della massiccia ricchezza di petrolio e l’accesso ai porti, gestendo così la propria economia.
Tuttavia il massimo che questi governi sono riusciti a ottenere, è uno stallo politico e militare, interrotto da battaglie maggiori o minori, e da un massacro occasionale. Questo fino a quando l’IS è apparso sulla scena.
L’improvviso avvento dell’IS è stato utile. All’inizio, la minaccia dell’IS è sembrata una rivendicazione esagerata da parte dei vicini arabi della Libia per giustificare il loro intervento militare. Poi è stata confermata da una prova su video che mostrava dei “giganti” dell’IS manipolati visualmente che tagliavano la gola di poveri lavoratori egiziani su qualche spiaggia misteriosa. Poi, mentre nel frattempo non accadeva granché, i combattenti dell’IS cominciarono a impadronirsi di intere città, spingendo a richieste di intervento militare da parte dei leader libici.
Però la conquista di Sirte non può essere spiegata in un modo così casuale da parte di un gruppo militante che cerca di penetrare in un paese diviso politicamente. Questa improvvisa conquista è accaduta in uno specifico contesto politico che può spiegare l’ascesa dell’IS in modo più convincente.
In maggio, la 166a Brigata denominata Alba della Libia (affiliata a gruppi che attualmente controllano Tripoli), si ritirava da Sirte senza molte spiegazioni.
“Un mistero continua a circondare l’improvviso ritiro della brigata,” ha scritto Kamel Abdallah sul settimanale al-Ahram Weekly. “Gli ufficiali devono ancora offrirne un resoconto, malgrado il fatto che questa azione abbia aiutato l’IS ad assicurarsi una presa insuperata sulla città.”
Mentre i combattenti salafiti , insieme a membri armati della tribù al-Qadhadhfa si spostavano per fermare le avanzate dell’IS (si è saputo di terribili massacri, non ancora però verificati), entrambi i governi libici devono ancora fare una qualsiasi mossa palese contro l’IS. Neanche il Generale Khalifa Heftar, ostinato entusiasta della guerra e anti-islamista, e il suo cosiddetto “Esercito Nazionale Libico”, hanno fatto un grande sforzo per combattere l’IS, che si sta espandendo in altre parti della Libia.
Invece, mentre l’IS si sposta in avanti e consolida la sua presa su Sirte e su altri luoghi, il Primo Ministro Abdullah Al-Thinni di base a Tobruk, ha esortato “le nazioni arabe sorelle” a venire in aiuto della Libia e a effettuare attacchi aerei su Sirte. Ha anche esortato i paesi arabi a fare pressione sull’ONU perché ponga fine al suo embargo di armi sulla Libia che è già satura di armamenti che sono spesso consegnati illegalmente da varie fonti regionali arabe.
Il governo di Tripoli sta sollecitando anche l’azione contro l’IS, ma entrambi i governi che non sono riusciti a raggiungere un piano di azione politico per l’unità, si rifiutano ancora di operare insieme.
La richiesta di intervento arabo nella baraonda dello stato di sicurezza della Libia è politicamente motivato, naturalmente, perché Al-Thinni spera che gli attacchi aerei metterebbero in grado le sue forze di estendere il loro controllo sul paese, oltre a rafforzare la posizione politica del suo governo in qualsiasi futuro accordo fatto con la mediazione dell’ONU.
Ma un’altra guerra si sta progettando altrove, e questa volta coinvolgerà i soliti sospetti della NATO. Tuttavia l’ideazione occidentale del piano è molto più complessa dei disegni politici di Al-Thinni. Il London Times il 1° agosto ha riferito che “centinaia di truppe britanniche vengono destinate ad andare in Libia, come parte di una nuova importante missione internazionale,” che comprenderà anche “personale militare di Italia, Francia, Spagna, Germania e Stati Uniti…in un’operazione che sembra abbiano stabilito che venga attivata appena le fazioni rivali belligeranti all’interno della Libia accetteranno di formare un governo unico di unità nazionale.
Le nazioni impegnate nell’operazione che, secondo una fonte del governo del Regno Unito, potrebbe essere realizzata alla fine di agosto”, hanno con interessi economici legittimi e sono le stesse parti che erano dietro la guerra in Libia nel 2011.
Commentando il rapporto, Jean Shaoul ha scritto: “L’Italia, l’ex potenza coloniale in Libia, si suppone che fornisca il maggior contingente di truppe di terra. La Francia ha legami con i vicini della Libia: Tunisia, Mali e Algeria. La Spagna conserva ancora degli avamposti nel Marocco settentrionale, e l’altra potenza importante coinvolta, la Germania, sta ancora una volta cercando di ottenere l’accesso alle risorse e ai mercati dell’Africa.”
E’ sempre più chiaro che la Libia che una volta era una nazione sovrana e relativamente ricca, sta diventando un terreno per un enorme gioco geopolitico e per vasti interessi ed ambizioni economiche. Purtroppo gli stessi libici sono proprio i complici che sono dietro alla divisione del loro paese, mentre le potenze arabe e occidentali stanno tramando per assicurarsi una porzione più grande della ricchezza economica e del valore strategico della Libia.
Si dice che la conquista di Sirte da parte dell’IS sia un momento di svolta che, ancora una volta, sta producendo una frenesia di fare guerra – simile a quella che precedette l’intervento militare della NATO nel 2011. Indipendentemente dal fatto che gli arabi bombardino la Libia, o che lo facciano le potenze occidentali, è probabile che la crisi in quel paese aumenterà, o peggiorerà, come la storia ha ampiamente dimostrato.

Originale: non indicato
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2015 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0

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