La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 27 agosto 2015

Il Jobs Act della vergogna, confermata la norma contro i disabili

di Antonio Sciotto
Dop­pia smen­tita, ieri, per il mini­stro del Lavoro Giu­liano Poletti: prima ha dovuto cor­reg­gere le tabelle pastic­ciate dif­fuse dal suo dica­stero due giorni fa (rela­tive alle assun­zioni di luglio, come il mani­fe­sto ha denun­ciato), e poi ha dovuto riman­giarsi la pro­messa fatta al mee­ting Cl di Rimini: gli ultimi quat­tro decreti del Jobs Act, da lui annun­ciati in mat­ti­nata al varo al con­si­glio dei mini­stri di oggi, dovranno invece slit­tare. Forse, al 4 set­tem­bre. Si sarebbe già chiuso un accordo per ammor­bi­dire i con­trolli a distanza, men­tre resta in piedi l’odiosa norma sulla chia­mata nomi­na­tiva dei lavo­ra­tori disabili.
Il mini­stro ha giu­sti­fi­cato lo slit­ta­mento con il «sovraf­fol­la­mento» di prov­ve­di­menti al con­si­glio di oggi: «Nel corso del pre-consiglio — ha spie­gato — è stato veri­fi­cato che c’erano troppi punti all’ordine del giorno con molti prov­ve­di­menti in sca­denza rav­vi­ci­nata: i nostri sca­dono a metà set­tem­bre e per­ciò è stato deciso che slit­te­ranno alla pros­sima set­ti­mana. D’altronde tutto è pronto, si tratta solo di un pro­blema di sovraffollamento».

Uno dei punti con­tro­versi resta quello dei con­trolli a distanza. Si sarebbe però rag­giunto un’intesa con la Com­mis­sione Lavoro della Camera, che chiede regole più stringenti.
Il mini­stero aveva già chia­rito che la norma circa i dispo­si­tivi utili «per ren­dere la pre­sta­zione» signi­fica che «l’accordo o l’autorizzazione non ser­vono se, e nella misura in cui, lo stru­mento viene con­si­de­rato quale mezzo che “serve” al lavo­ra­tore per adem­piere la pre­sta­zione: ciò signi­fica che, nel momento in cui tale stru­mento viene modi­fi­cato (ad esem­pio, con l’aggiunta di appo­siti soft­ware di loca­liz­za­zione o fil­trag­gio) per con­trol­lare il lavo­ra­tore, si fuo­rie­sce dall’ambito della dispo­si­zione: in tal caso, infatti, da stru­mento che serve al lavo­ra­tore per ren­dere la pre­sta­zione il pc, il tablet o il cel­lu­lare diven­gono stru­menti che ser­vono al datore per con­trol­larne la pre­sta­zione; con la con­se­guenza che que­ste modi­fi­che pos­sono avve­nire solo alle con­di­zioni sta­bi­lite dalla norma, ossia la ricor­renza di par­ti­co­lari esi­genze, l’accordo sin­da­cale o l’autorizzazione» amministrativa.
Nella nuova bozza di decreto dovrebbe quindi essere stata espli­ci­tata que­sta inter­pre­ta­zione, oltre ad aggiun­gere un punto sull’informativa al lavo­ra­tore e sul Codice della pri­vacy: così come chiede la Com­mis­sione Lavoro della Camera, dovrebbe essere aggiunto che «i dati regi­strati dagli stru­menti» potranno essere «uti­liz­za­bili a con­di­zione che sia data al lavo­ra­tore pre­ven­tiva e ade­guata infor­ma­zione delle moda­lità d’uso, dei casi e dei limiti di effet­tua­zione degli even­tuali con­trolli, che in ogni caso deb­bono avve­nire nel rispetto» del Codice della privacy.
I quat­tro decreti in attesa di appro­va­zione riguar­dano gli ispet­tori del lavoro (si isti­tui­sce una Agen­zia unica), i ser­vizi per l’impiego, la sem­pli­fi­ca­zione e le pari oppor­tu­nità, e infine gli ammor­tiz­za­tori sociali.
Resta pur­troppo irri­solto, nono­stante le ripe­tute pro­te­ste di Cgil, Cisl, Ugl, Anmil e tante asso­cia­zioni di set­tore come Coor­down, il nodo della chia­mata nomi­na­tiva dei disa­bili.
Oggi la legge (la 68/2000) pre­vede che per le imprese da 15 a 35 dipen­denti, la «quota» di lavo­ra­tori disa­bili sia sod­di­sfatta con un lavo­ra­tore chia­mato nomi­na­ti­va­mente: è com­pren­si­bile, trat­tan­dosi di una pic­cola impresa. Da 35 a 50 la quota sale a due, uno su chia­mata nomi­na­tiva e uno scelto con metodo «nume­rico», ovvero preso dalle liste del col­lo­ca­mento, senza la pos­si­bi­lità che venga sele­zio­nato. Infine, oltre i 50 dipen­denti, la quota obbli­ga­to­ria pre­vede un 7% di per­so­nale disa­bile: il 60% si può chia­mare nomi­na­ti­va­mente, il restante 40% per via numerica.
Il governo vor­rebbe esten­dere la chia­mata nomi­na­tiva a tutte le imprese, la Com­mis­sione Lavoro della Camera chiede — per ammor­bi­dire — che valga solo fino a 50 dipen­denti. Sin­da­cati e asso­cia­zioni si sono ribel­lati: «Lavo­re­ranno solo gli amici e i parenti, o ver­ranno comun­que scelti i “meno disa­bili” — dice Nina Daita della Cgil — Si pre­fe­rirà un addetto con disa­bi­lità minima, al 46%, rispetto a uno con l’80% di inva­li­dità. E gli uffici di col­lo­ca­mento che ci stanno a fare? Si creerà un enorme sistema clien­te­lare. Noi chie­diamo di con­fer­mare le norme oggi in vigore».

Fonte: il manifesto

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