La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 28 agosto 2015

Quel cemento armato che divora le coste italiane

di Dario Cataldo
Giù le mani dai litorali italiani. Servono nuove regole, nuove leggi che interrompano lo scempio che da oltre trent’anni è messo in scena tra le coste della Penisola. Il cemento deturpa l’arte e la poesia del nostro paesaggio. Dal Sud al Nord, il 56% del territorio costiero del Belpaese è profanato dall’uomo.
Legambiente a partire dal 2012 ha avviato uno studio che nel corso degli anni ha analizzato l’intero panorama italiano, eccezion fatta per la Sicilia e la Sardegna, per le quali ci si occuperà a partire dal prossimo anno. Il dato disarmante è frutto di una selvaggia speculazione edilizia dei paesaggi naturali.
Dal Dossier, dei quasi 4 mila Km di coste, oltre la metà sono antropizzate. Con la legge Galasso del 1985, quanti danni sono stati perpetrati in nome dell’urbanizzazioni di aree agricole e marine. Tutto però è sempre passato inosservato, sottaciuto da logiche politiche e clientelari che hanno ammutolito le manifestazioni di protesta contro l’alterazione della bellezza paesaggistica.
Soltanto adesso, con la Legge Madia che legittima l’ingerenza dei prefetti nelle soprintendenze, generando una confusione di competenze e di ruoli, il problema della tutela del paesaggio è tornato di moda, come se gli 8 km di coste all’anno smantellate nel corso di 30 anni fossero solo un lontano ricordo.
Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, dichiara che: ”Con il silenzio/assenso della Legge Madia i rischi per le coste italiane aumenteranno. Se molte minacce per il paesaggio costiero si sono realizzate all’interno di un quadro normativo che prevedeva piani regionali e vincoli di edificabilità, come quelli introdotti dalla Legge Galasso, è facile immaginare cosa potrà succedere in assenza di una riorganizzazione e di un rafforzamento degli uffici preposti alla gestione dei. Per questo – continua Zanchini – occorre cambiare le regole di tutela, che si sono rivelate del tutto inadeguate a salvaguardare i paesaggi costieri dalla pressione edilizia, e istituire un sistema di controlli adeguati e di condivisione delle informazione tra i Ministeri dei beni culturali e dell’ambiente, Regioni e Soprintendenze, Comuni e forze di polizia.
Occorre poi completare la pianificazione paesaggistica, perché oggi solo Puglia, Sardegna e Toscana lo hanno fatto introducendo chiare indicazioni di tutela, attraverso un’intesa con il Ministero dei Beni culturali. La Legge Madia deve essere cambiata proprio in questa direzione, prevedendo il silenzio assenso solo per le Regioni nelle quali sono in vigore dei piani paesaggistici, perché in queste realtà è chiaro cosa si può realizzare e cosa no.
E’ urgente poi fissare, attraverso meccanismi di sanzione e premialità, un vincolo di inedificabilità assoluta per tutte le aree costiere ancora libere per una distanza di almeno 1 chilometro dal mare, nelle Regioni senza piani paesaggistici”. Da sovrapposizioni di foto satellitari, è il versante tirrenico quello più martoriato; in quello adriatico solo la natura ha frenato l’impeto dell’uomo e la sua insaziabile avidità di denaro e potere.
L’ingordigia ha raggiunto record assoluti in Calabria, in cui a fronte dei circa 800 km di coste, sono 530 km quelle che ospitano soprusi in cemento. È sottinteso che non tutto si avvale della legalità. Bisogna leggere tra le righe il forte abusivismo che caratterizza le speculazioni edilizie. Ma non solo Sud, tra le regioni più colpite anche la Liguria, il Friuli Venezia Giulia e Lazio.
Aldilà di assegnazioni di competenza e silenzio/assenso di sorta, occorre ripartire da una riqualificazione ambientale e soprattutto culturale del nostro Paese. Se non capiamo il valore del nostro patrimonio artistico, architettonico e ambientale, forse allora è giusto consegnarlo a mani estere che sappiano prendersene cura.

Fonte: Caratteri liberi

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