
di Seila Bernacchi
Sentire quello che accade nel nostro Paese è sempre più un’attività che richiede o molto pelo sullo stomaco o una straordinaria capacità di tradurre in burla le notizie che arrivano.
Qualche giorno fa le dichiarazioni di Monsignor Galantino, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) hanno fatto scalpore. Il prelato denunciava l’ignavia dello Stato e del suo esecutivo ad affrontare il problema dei migranti che continuano a morire o ad essere respinti.
Reticolati di filo spinato, muri eretti a protezione di frontiere che non avrebbero più motivo d’esistere, granate assordanti e pattugliamenti sui mezzi di locomozione e lungo tunnel di collegamento tra stati sono le strategie messe in campo dagli stati membri per far fronte all’emergenza – che in realtà non può più configurarsi come tale – umanitaria.
Il mondo politico ha reagito con sdegno al je accuse di Galantino rivendicando non si sa bene quali mirabili risultati o quale lungimirante gestione delle ondate migratorie. Per la vicesegretaria del PD, Debora Serracchiani, era “ingenerosa” la presa di posizione del Monsignore; per il felpato Matteo Salvini, invece, Galantino sarebbe un comunista che fa politica mentre riceve cospicue somme di denaro dallo Stato italiano tramite l’8 per mille.
I collegamenti logici delle dichiarazioni del leghista devono essere intrinseci al tessuto delle felpe indossate e non è dato sapere quale sia la combinazione tra il problema dell’accoglienza ai migranti, il defunto comunismo italiano e la cascata di soldi che la Chiesa cattolica italiana intasca con il meccanismo dell’8 per mille.
Qualche ora dopo il segretario della CEI rincara la dose definendo i politici italiani un “harem di cooptati e furbi”.
E’ a seguito di questo ennesimo attacco che si fa vivo con un intervista al quotidiano La Repubblica il Ministro delle Infrastrutture, Graziano Del Rio, che reagisce alle dichiarazioni di Galantino invitando a non generalizzare e rivendicando il suo essere un “cattolico adulto”.
Espressione questa già usata una decina d’anni orsono da Romano Prodi in occasione del referendum sulla Legge 40/2004 in materia di riproduzione medicalmente assistita quando la Chiesa cattolica si spese in una campagna – risultata vincente – a favore dell’astensionismo.
Come allora anche oggi rimane non immediatamente comprensibile cosa intendano questi cattolici nel definirsi adulti. Dal vocabolario Zingarelli prendiamo questa definizione di adulto: “persona che è nella piena maturità fisica, psichica e sessuale”; in senso figurato significa “sviluppato, maturo”. Possiamo rallegrarci del raggiunto sviluppo di Del Rio oggi e di quello di Prodi nel 2005 ma sarebbe forse auspicabile che chi usa l’espressione “cattolico adulto” si prendesse anche la responsabilità di spiegare che cosa designi il concetto di adultità coniugato alla confessione religiosa cui aderisce.
Sarebbe auspicabile poiché – volendo per puro spirito dialettico riconoscere un significato a quell’espressione – i sensi possono essere almeno due e non proprio in armonia tra di loro. Del Rio può definirsi cattolico adulto nel senso di pienamente strutturato nella sua fede e con una convinta adesione ai dettami del Magistero che ne articola le espressioni nella società, il tempo del catechismo è finito e l’uomo è pienamente sviluppato nel suo cattolicesimo. In tal caso non si capisce che cosa abbia da recriminare a Monsignore, dovrebbe semmai chinare il capo e ricevere – di buon grado o con contrizione sarà affar suo – le critiche che Galantino indirizza ai suoi fedeli – politici.
Oppure Del Rio usa il concetto di adultità in senso kantiano, se così possiamo dire, intendendo il superamento di uno stato di minorità, l’avvenuta emancipazione che consente all’uomo – in questo caso l’uomo in quanto credente cattolico – di raggiungere l’autonomia e la capacità razionale su cui improntare la propria condotta lasciando finalmente il ‘girello’ che sosteneva i suoi incerti passi.
Vorrebbe in sostanza dire che – pur cattolico – l’uomo Del Rio ha capacità di discernimento autonomo che gli consente di guardare e vivere con spirito critico i dettami del Magistero cattolico per vivere la propria fede personale in uno spazio e in un tempo in cui i codici di comportamento e deliberazione sono in costruzione e non avulsi dai mutamenti sociali, storici e di costume.
Il Ministro dell’Interno Alfano redarguisce invece Galantino per la sua intromissione in affari non di sua competenza, a ciascuno il suo insomma, la politica e le politiche sono affar nostro tu preoccupati degli spiriti.
Rileviamo che vi è stato un moto d’orgoglio della classe politica nei confronti del Segretario della CEI che a qualcheduno è sembrato talmente inaspettato ed esplicito da far tremare i polsi. “Libera Chiesa in libero Stato” si poteva pensare.
Sennonché il matrimonio tra Stato e Chiesa e la cessione di sovranità della politica ai dettami delle gerarchie cattoliche non si fanno attendere e subito il legame si rinsalda e i dissapori si dimenticano.
Basta la dichiarazioni del Cardinale Angelo Bagnasco sulla famiglia e contro le unioni civili a ristabilire unità e profonde condivisioni d’intenti tra la maggioranza della classe politica e i vertici dell’istituzione cattolica. Il presidente della CEI rivendica infatti una famiglia “corrispondente all’esperienza universale dei popoli” cosa che a suo giudizio verrebbe minacciata dal riconoscimento dei matrimoni tra persone dello stesso sesso.
Non rifletteremo adesso sulle dichiarazioni del Cardinale, vogliamo restare sul punto di questo articolo, che è il rapporto tra agire politico e indirizzi politici dei vertici cattolici, tra autonomia deliberativa delle istituzioni e potere d’orientamento della Chiesa, tra credenze personali e loro traduzione in atti normativi.
In sintesi potremmo dire: tra adultità cattolica e minorità laica.
Rileviamo allora il consenso unanime di Lega, Area popolare, Fratelli d’Italia, Nuovo Centro destra, Forza Italia, e sicuramente non una minoranza PD alle dichiarazioni di Bagnasco.
Ritroviamo esultante l’ex sottosegretaria alla Salute con delega alle questioni bioetiche, Eugenia Roccella, che in pieno pleistocene culturale afferma che “le altre relazioni (quelle non etero sessuali ndr), non aperte alla procreazione non possono essere omologate sul piano legislativo all’unica da cui possono nascere figli”.
Il cattolicissimo, non sappiamo se adulto o no, Quagliariello, precisa con il consueto fervore che bisogna “sbarrare la strada a pratiche insopportabili come l’utero in affitto” , il leghista Roberto Maroni proclama rincuorato “è questa la Chiesa che mi piace”. E giù con plausi alla reprimenda bagnaschiana contro questa strana idea di voler riconoscere come famiglia nuclei sociali che non siamo formati da “mamma, papà e bambini”. Scopriamo che Alessandro Pagano di Area popolare è promotore del comitato “Parlamentari per la famiglia” (sic).
Ora, provando a sgarbugliare i fili di questa matassa la conclusione è desolante: da un lato, la politica balbetta imbarazzata il proprio status autonomo in fatto di politiche migratorie – ed è inutile far finta che la Chiesa in fatto di politiche sociali faccia supplenza all’inadeguatezza del poter politico, dall’altro, la stessa classe politica non rivendica alcuna autonomia ma anzi si stringe riconoscente a un cardinale quando in gioco ci sono questioni che riguardano i diritti civili e individuali dei cittadini.
Ci sono voluti 10 anni per smantellare quasi del tutto la legge – dettata dalla Chiesa – sulla riproduzione assistita, Del Rio e Company erano ancora minori quando si consumavano sul corpo delle donne le conseguenze degli assurdi divieti della Legge 40?
In Italia non solo non si parla di eutanasia ma non si è stati capaci – ed è stato un bene visto il tentativo del DDL Calabrò – a fare una legge sulle direttive anticipate di trattamento, nemmeno dopo che il caso Englaro vide uno scontro senza precedenti tra i più alti organi dello Stato.
Del Rio e Company sono ancora in fase di apprendimento quando si parla del riconoscimento del diritto all’autodeterminazione in ambito sanitario? La legge per il riconoscimento delle coppie di fatto per cui l’Italia è stata condannata da Strasburgo si dice che deve essere ben ponderata, certo non è una priorità, il pericolo di un progresso dei diritti civili è talmente incombente che è troppo scomodo pensare di promuovere quel progresso – da Stato laico – in base ai principi che connotano una società liberal democratica.
Che i migranti se la vedano tra annegamenti e fili spinati e che le questioni bioetiche e più in generale connesse ai diritti civili siano ricacciate sotto il tappeto come polvere scomoda che è meglio non vedere. Il tanfo che arriva da sotto quel tappeto è sempre più nauseante.
Fonte: Caratteri liberi
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.