La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 24 agosto 2015

La voce della mediocrità

di Marco Viola
150 anni di questione meridionale. Poi arriva lui: l’idolo delle casalinghe di Voghera, esperto in varie ed eventuali, la voce del ‘buon senso comune’. Sto parlando di Massimo Gramellini, tra le più coraggiose penne del giornalismo nostrano. Forse non è il solo ad avere intuizioni così brillanti, ma di certo è l’unico ad avere il coraggio di scriverle a chiare lettere in editoriali come “Magna Grecia” (31 luglio). Lui non ha paura: perché un vero giornalista non deve avere paura di scrivere quello che pensa, per quanto scomodo possa risultare ai potenti. O, forse, perché per dispensare consigli con tanta sicurezza su cose su cui non ci si è documentati ci vuole proprio un grande coraggio.
La ricetta di Gramellini per il Sud prevede che
"un premier decisionista alla Renzi" somministri una “Cura Choc”: "abbattere le tasse a livelli irlandesi per attrarre capitali stranieri. E trasferire il controllo del territorio dalle mafie allo Stato (non alle mafie di Stato), se è il caso con l’impiego dell’Esercito”.
Certo, l’originalità non è il suo forte: la scorciatoia neoliberismo “meno tasse = più imprenditori” era già vecchia quando lui stesso aveva ancora i capelli. Lui però ce la ripropone in salsa italiana: capitalismo sì, ma col controllo dello Stato; e, già che ci siamo, include un’ampia spruzzatina di trash (l’idea di combattere la mafia con l’esercito mi pare ottima per un film di Quentin Tarantino).
Ma siccome qui ci occupiamo precipuamente di università, concentriamoci soprattutto sulla “purga” proposta per gli atenei del Sud: una drastica riforma universitaria anti-clientelare che spazzi via il pulviscolo delle facoltà che fabbricano disoccupati e concentri ogni risorsa su quattro-cinque atenei, uno per regione, facendone poli di eccellenza.
A voler essere maliziosi, si potrebbe pensare che tanto rancore verso il mondo accademico derivi da qualche frustrazione personale di Gramellini: mai laureatosi, una volta definì gli anni di iscrizione a Giurisprudenza “i più stupidi e inconcludenti della [sua] vita”. Ma, evitando di indulgere nella psicanalisi da bar, limitiamoci a un rapido fact-checking sull’affermazione per la quale gli atenei del Sud sarebbero una “fabbrica di disoccupati”.
Sarebbe bastato fare una decina di minuti di ricerca sui database di ISTAT per scoprire che la disoccupazione, nel Mezzogiorno, colpisce molto più duramente chi non ha conseguito una laurea. Per citare un solo dato, consideriamo il tasso di disoccupazione per tutta la popolazione sopra i 15 anni, nel primo triennio del 2015: il 20,5% in media, che scende a 12,2% per i laureati. Certo che per essere fabbriche di disoccupati, questi atenei del Sud sono proprio inefficienti; ma d’altronde, si sa, nel Sud Italia non funziona niente.
Per quanto riguarda l’idea di concentrare le risorse in 4-5 poli di eccellenza (che poi è la riedizione di un’idea di Renzi): ammesso e non concesso che si decida di rottamare alcune di queste ‘fabbriche difettose di disoccupati’, prendendo alla lettera l’idea di salvarne “una per regione” ci si ritroverebbe al paradosso di lasciare intatti i piccoli atenei come quello della Basilicata e del Molise, unici nella loro regione, e di dover invece scegliere se decapitare (o accorpare?) atenei voluminosi e prestigiosi come la Federico II o l’Orientale di Napoli.
Ora, le proposte un tanto al chilo come quelle di Gramellini non sarebbero un problema se fossero scritte su qualche comunicato di secessionisti nordisti col tank nel cortile. Ciò che rattrista è che campeggiano sulla prima pagina di un quotidiano nazionale – e ancor più triste è pensare che il vice-direttore de La Stampa, sia pagato molto più delle migliaia di giornalisti e blogger seri che riportano correttamente i dati e le loro fonti, e argomentano con attenzione e prudenza le loro considerazioni.
Eppure, i “Buongiorno” di Gramellini stanno lì, e parlano a tutto il Paese. E qualcuno addirittura li apprezza. Come mai?
La spiegazione più plausibile per questo genere di fenomeni l’ha data Umberto Eco, in un saggio ormai più che cinquantenario in cui, ironicamente, si chiedeva del successo di un altro Bongiorno: il conduttore televisivo Mike.
La spiegazione di Eco è piuttosto semplice: Bongiorno ha successo per la sua mediocrità; perché il conduttore de “La Ruota della Fortuna” faceva sentire un po’ migliore anche il più umile degli spettatori. Parimenti, i Buongiorno di Gramellini consacrano i luoghi comuni e le soluzioni più semplicistiche portnadoli sulla prima pagina di un quotidiano nazionale. Chiunque cerchi risposte semplici alla complessità del mondo, ma sia troppo benpensante per accontentarsi della soluzione-Salvini (ruspa!), potrà fare una proposta banale e sentirsi meno scemo, perché una proposta altrettanto semplice e ‘di buon senso’ sarà lì, sulla prima pagina de La Stampa. “Quindi, dopotutto” penserà, “se la mia idea è riportata anche sulla prima pagina di un quotidiano nazionale, non poteva essere un’idea stupida”. 
E invece, sì: è sulla prima pagina de La Stampa proprio per questa ragione.
Visto che abbiamo citato Eco, torna in mente una sua recente affermazione che ha fatto scandalo:
"I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività."
Ammesso che i social media abbiano davvero qualcosa da farsi perdonare, ci rimane il dubbio che, nel fare i confronti, Eco non avesse ben presente la qualità attuale della cosiddetta “stampa tradizionale”.

Fonte: UniNews24

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