La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 25 agosto 2015

Syriza perde il suo segretario

di Angelo Mastrandrea
In un giorno solo, Ale­xis Tsi­pras ha perso il suo suc­ces­sore e pure il pre­de­ces­sore. Nella riu­nione della segre­te­ria poli­tica di Syriza, alla quale ha par­te­ci­pato per soste­nere che l’obiettivo è «otte­nere un man­dato chiaro per quat­tro anni» e che il par­tito «deve incon­trare la società», il pre­mier si è tro­vato a dover fare i conti con la let­tera di dimis­sioni del segre­ta­rio Tasos Koro­na­kis, con il quale aveva con­di­viso la mili­tanza fin dai tempi del G8 di Genova e poi quando si erano ritro­vati a essere il primo (Tsi­pras) segre­ta­rio della neo­nata Coa­li­zione della sini­stra radi­cale e l’altro lea­der del movi­mento giovanile.
Koro­na­kis non è stato tenero con il primo mini­stro, accu­sato di aver «sva­lu­tato» il par­tito, non tenendo conto delle deci­sioni del Comi­tato cen­trale (che si era espresso a mag­gio­ranza con­tro il Memo­ran­dum) e con­vo­cando le ele­zioni senza tenere in con­si­de­ra­zione Syriza, pro­vo­cando in que­sto modo la fuo­riu­scita non solo della mino­ranza interna, ma l’esplosione dell’intera Coa­li­zione.

Nella let­tera che si con­clude con le dimis­sioni il segre­ta­rio non rispar­mia nep­pure la Piat­ta­forma di sini­stra, pure accu­sata di avere una «respon­sa­bi­lità signi­fi­ca­tiva» nella «con­ti­nua sva­lu­ta­zione del partito».
Si tratta di una defe­zione pesante non solo per­chè Syriza si ritrova senza segre­ta­rio nel momento di mag­giore dif­fi­coltà e nep­pure per il fatto che Tsi­pras perde una figura della sua mag­gio­ranza, ma soprat­tutto per­ché indica come giorno dopo giorno la prima forza poli­tica della Gre­cia si stia sgre­to­lando, para­dos­sal­mente pro­prio nel momento in cui i son­daggi la davano al mas­simo storico.
Meno sor­pren­dente, invece, è l’endorsement per Unità popo­lare dell’ultimo segre­ta­rio del Syna­spi­smos Ale­kos Ala­va­nos. L’economista che fu tra gli arte­fici della nascita di Syriza e dello svec­chia­mento del par­tito (fu lui a pro­porre Tsi­pras alla segre­te­ria) aveva già da tempo abban­do­nato i suoi com­pa­gni e alle ele­zioni di gen­naio aveva soste­nuto il pic­colo par­tito di ultra­si­ni­stra Antar­sya, che non aveva otte­nuto il quo­rum per entrare in Par­la­mento. Ieri con la sua for­ma­zione Piano B (che si richiama aper­ta­mente al Gre­xit) ha stretto un accordo con il lea­der di Unità Popo­lare Pana­gio­tis Lafa­za­nis, invi­tando anche il par­tito comu­ni­sta Kke a strin­gere un’alleanza elet­to­rale. «Noi non con­si­de­riamo il Kke come un nostro nemico. Noi non con­si­de­riamo nemica alcuna forza di sini­stra, pro­gres­si­sta e che sia con­tra­ria al terzo piano di sal­va­tag­gio. Al con­tra­rio, noi vogliamo for­mare un grande fronte comune con tutte que­ste forze», ha detto Lafa­za­nis, che ha accet­tato il man­dato esplo­ra­tivo dal Pre­si­dente della Repub­blica Pro­ko­pis Pavlo­pou­los dopo il fal­li­mento del ten­ta­tivo del lea­der di Nea Demo­cra­tia Van­ge­lis Meimarakis.
Ma le grane a sini­stra per il pre­mier non fini­scono qui. Pure l’ex par­ti­giano Mano­lis Gle­zos ieri è tor­nato ad attac­care il suo ex par­tito: «Non c’è spa­zio per nes­sun accordo post-elettorale», ha detto, a meno che dal Megaro Maximo (la sede del governo) non si fac­cia auto­cri­tica. A man­te­nere le distanze dalla neo­nata Unità Popo­lare è invece Yanis Varou­fa­kis. In un’intervista a una tv fran­cese l’ex mini­stro delle Finanze ha detto di sen­tirsi lon­tano dalle loro posi­zioni per­ché «per loro il ritorno alla dracma è una que­stione di ideo­lo­gia». Invece «per la Gre­cia è meglio rima­nere nell’euro, anche se non dob­biamo farlo a ogni costo». Per que­sto non ha escluso di poter tor­nare a col­la­bo­rare con un futuro governo gui­dato da Syriza, ma solo se cam­bie­ranno le poli­ti­che economiche.
Per il momento non pare che Tsi­pras abbia alcuna inten­zione di tor­nare sui suoi passi. Alla segre­te­ria del par­tito il capo del governo ha illu­strato le linee guida della cam­pa­gna elet­to­rale, decise il giorno prima nella riu­nione con il suo staff di fede­lis­simi (tra mini­stri ed espo­nenti di Syriza): innan­zi­tutto la richie­sta di un «man­dato chiaro di quat­tro anni», ma anche la neces­sità di porre l’accento non tanto sulla «guerra civile» tra ex com­pa­gni di schie­ra­mento (al con­tra­rio di Unità Popo­lare che intende invece dimo­strare che «la sini­stra siamo noi») quanto sul pro­gramma di governo, anti­li­be­ri­sta e con­tro il blocco d’affari interno, «per una gra­duale uscita del Paese dai con­trolli e dai Memo­ran­dum». Infine ha sot­to­li­neato la neces­sità di una rior­ga­niz­za­zione del par­tito e di una sua aper­tura alla società. Ma su que­sto punto l’impressione è che sarà neces­sa­ria una vera e pro­pria rifondazione.

Fonte: il manifesto

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