La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 19 settembre 2015

Che cosa porta i migranti ad andarsene e che cosa si deve fare


di W.T. Whitney
I migranti stanno abbandonando il Medio Oriente e l’Africa e stanno inondando l’Europa. Altri lasciano l’America Centrale e il Messico per gli Stati Uniti. Le crisi umanitarie sono sulla soglia del nostro paese e dell’Europa. Il panico regna in Europa per le orde di stranieri che arrivano. I volontari e le Nazioni Unite si sono mobilitati. Alcuni governi europei forniscono servizi sociali, trasporti, alloggi e cibo. Per i migranti, l’espulsione e la detenzione incombono come un pericolo. I media dominanti si concentrano sui problemi immediati dei profughi, sulle barriere lungo la loro strada, e sulle difficoltà dei governi a far fronte alla situazione.
Si potrebbe pensare, a questo punto, che la ragione dovrebbe insistere su nuovi modi di pensiero per fissare le cose. Per esempio: perché le persone se ne vanno? Si potrebbero scoprire le ragioni, fissarle e mettere fine al disastro. Potrebbe iniziare la consapevolezza che quel subbuglio in Europa e negli Stati Uniti rappresenti dei sintomi, e che i palliativi non bastano. La soluzione sta nel curare la malattia. Le vittime lo sanno in base alla loro esperienza. Vivono allo scopo di sopravvivere; le loro vite sono a gran rischio. Questa è la malattia che richiede una cura. Che cosa la causa?

La vita a rischio nelle tre regioni è una storia molto raccontata e mutevole, specialmente se le parti responsabili sono note. La storia è abbastanza semplice, tuttavia, e ha realmente bisogno soltanto di poche parole per essere raccontata. Gli artisti ottengono lo scopo con parole preziose come pepite. Il defunto romanziere portoghese e premio Nobel, José Saramago è un esempio.
Pensando all’Africa, sostiene che “Lo spostamento dal sud al nord è inevitabile. Né recinzioni di filo spinato, né muri, né le espulsioni serviranno a qualcosa; arriveranno a milioni. L’Europa sarà conquistata da coloro che hanno fame. Vengono a cercare coloro che li hanno derubati. Non ci sarà compenso per loro, perché si stanno lasciando dietro una carestia di secoli, e arrivano seguendo le tracce del profumo delle loro razioni quotidiane. La distribuzione è sempre più vicina. Le trombe hanno cominciato a suonare. L’odio è servito, e avremo bisogno di politici che sanno come elevarsi al di sopra delle circostanze
Questo toccante quadro del colonialismo, del saccheggio e della disperazione riguarda l’Africa. Il giornalista messicano David Brooks, con analoga economia di parole ci dice perché gli abitanti del Medio Oriente emigrano.
“Gli Stati Uniti,” scrive sul giornale La Jornada, “sono stati i più grossi venditori di armi al mondo….il 60% di queste vendite fatte dall’amministrazione Obama vanno ai loro clienti nel Golfo Persico e in Medio Oriente; a questi, nei primi 5 anni di Obama alla Casa Bianca [gli Stati Uniti] hanno venduto 64 miliardi di armamenti e di servizi militari, di cui i tre quarti destinati all’Arabia Saudita. Hanno promesso formalmente altri 15 miliardi di armamenti per il 2014 e il 2015…Allo stesso tempo ha posto fine al congelamento delle vendite militari all’Egitto. Nel frattempo, è stato riferito che in nazioni come Iraq, Siria e Yemen massicce di armamenti statunitensi inizialmente inviati agli alleati sono finiti nelle mani di nemici come l’ISIL. Mentre il mondo è scosso dalle foto di ondate di profughi che arrivano in Europa, il motivo per cui fuggono è stato perduto di vista. E’ la conseguenza dei paesi attaccati dagli Stati Uniti e dalle potenze europee e che sono vittime di interventi, di invasioni e di conflitti interni scatenati dal collasso di regimi precedentemente intatti. A causa di tutto questo, ciò che viene usato nelle battaglie interne e/o nelle battaglie tra questi stati, sono, in gran parte “prodotti fabbricati negli Stati Uniti. (1)
L’Africa ha sperimentato i frutti sanguinosi del possesso coloniale. Il Medio Oriente conosce la morte causata dalle bombe e dal caos. I profughi dell’America Latina e di Caraibi finiscono per evitare le conseguenze dell’estrazione delle risorse, la monopolizzazione della terra, gli imperativi dei banchieri e le prerogative del commercio internazionale. Il processo si è esteso nel corso dei secoli. Una voce poetica ora messa a tacere ha parlato per i migranti costretti a lasciare la sua America.
Nell’introduzione al suo magistrale libro “Le vene aperte dell’America Latina,” Eduardo Galeano (1973) dice: “La nostra parte del mondo…è stata precoce: si è specializzata nel perdere fin dai tempi remoti in cui gli europei del Rinascimento si avventurarono attraverso gli oceani e seppellirono i loro denti nelle gole della civiltà indiana. …Ma la nostra regione funziona ancora come un servo……Continua a esistere al servizio delle necessità degli altri…Più libertà viene estesa alle aziende, più prigioni devono essere costruite per coloro che soffrono a causa di quell’azienda. I nostri sistemi di inquisitori-boia funzionano non soltanto per i mercati esterni dominanti; forniscono anche pozzi di profitti da prestiti stranieri…”
E’ necessario dire poco altro, tranne che per fare delle connessioni. Un giornalista argentino, recentemente ha espresso l’opinione che: “Da parte nostra, nei paesi dell’America, sappiamo benissimo che ciò che ha causato il flusso dei migranti, perché per più di due secoli siamo stati i destinatari di quelle migrazioni che hanno portato milioni di europei nei nostri paesi fuggendo dalla fame, dalle guerre e dalle persecuzioni politiche, dalle periodiche crisi economiche distruttive del capitalismo.”
Alberto Rabilotta continua: “Nell’era coloniale, le potenze europee e gli Stati Uniti causarono molti danni e distruzione sociale nei paesi dell’America, in particolare alle società dei popoli nativi…Quelle politiche neo-coloniali e imperialiste stanno causando ancora ferite che non guariranno mai, nelle nostre popolazioni…dalle Malvine a Porto Rico…Ciò che le èlite del mondo non vogliono vedere è la migrazione che continua e che aumenta di profughi che arrivano sui litorali europei o alla frontiera meridionale degli Stati Uniti. Ma continueranno ad arrivare fino a quando continueranno le attuali abitudini politiche, economiche, militari. Sono i conflitti militari o la mancanza di mezzi di sussistenza che fanno arrivare i profughi.”
In effetti, il colonialismo che si fonde nel capitalismo prevale in tutte e tre le regioni. La conseguenza è scarsità e grandi sofferenze dovute al fatto che le nazioni già ricche hanno requisito la loro ricchezza e alla forza militare, vera o minacciata. Il paese ultimo arrivato come vittima dell’imperialismo, il Medio Oriente, fonte di ricchezze basate sul petrolio, si è portato al passo quando sono iniziate le guerre e i bombardamenti degli Stati Uniti. Nazioni forti, che nazionalizzavano, che una volta provvedevano alle loro popolazioni, sono sparite. La descrizione dell’opera degli imperialisti, non dice nulla sulla necessità di occuparsi delle vittime. Cercare la salvezza usando i loro piedi, queste si dirigevano dove sono conservate le ricchezze dei loro paesi.
I meccanismi dell’imperialismo all’estero, e l’imperialismo stes
so, sono quindi sull’agenda per il problema dei rifugiati. Per porre fine al disastro in corso, gli anti-capitalisti vicini ai centri di potere hanno tutte le ragioni di unirsi in una causa comune con i profughi vittime dell’imperialismo. Forse inizialmente potrebbero trovare dei fondamenti familiari quando replicano a mobilitazioni di tipo fascista di delinquenti che fanno il lavoro sporco per i loro padroni sul territorio della loro patria. Ma inevitabilmente segue la sfida di come collegare la lotta popolare nei paesi ricchi con i movimenti di resistenza all’estero. E’ necessario, ed è un primo passo per coloro che lottano in Europa e negli Stati Uniti per lasciare seriamente indietro la divisione e le recriminazioni e per unirsi loro stessi. Il collante, abbastanza chiaro, sarebbe la lotta antimperialista in nome dell’alternativa socialista al capitalismo, ovunque.

Nota:

1 Come fonte di questa informazione, Brooks cita un rapporto di William D. Hartung, apparso nell’aprile 2015. Vedere: http://www.lobelog.com/the-obama-arms-bazaar-record-sales-troubling-results

Fonte: http://www.counterpunch.org/2015/09/15/what-causes-migrants-to-leave-and-what-is-to-be-done/
Originale: Counterpunch
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2015 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0

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