La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 18 settembre 2015

Il governo di Syriza alle nuove condizioni: una roccaforte da difendere

Il 25 gennaio c’è stata una svolta senza precedenti per la situazione politica in Grecia e in Europa. Per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale un partito della sinistra radicale è riuscito a conquistare il governo, in un contesto di crisi economica, politica e sociale generalizzata.
Gli ultimi 5 anni di politiche “da memorandum” hanno modificato la tradizionale rappresentanza politica e sociale e distrutto la coalizione sociale e le principali relazioni politiche e sociali che nel corso degli ultimi 25 anni avevano sostenuto, attivamente o passivamente, il processo neoliberale di ristrutturazione dell’economia greca. Tutto ciò è accaduto quando il mite e graduale processo di ristrutturazione è stato sostituito da un brutale programma di aggiustamento strutturale rapido che non ha lasciato alcun margine per possibili misure di adeguamento materiale (bassi tassi d’interesse, esenzioni fiscali, evasione fiscale controllata, limitato incremento salariale, ecc.) per le classi sociali che avevano sostenuto la coalizione neoliberale al potere nell’ultimo periodo.
Il collasso delle precedenti alleanze politiche e sociali ha coinciso con la crescita di una volontà popolare di mobilitazione collettiva, sia in forme tradizionali (scioperi, manifestazioni), sia in forme nuove (Piazza Syntagma, iniziative di solidarietà sociale). In tale contesto di crescenti lotte popolari, SYRIZA ha compreso che era arrivato il momento per la Sinistra di prendere l’iniziativa di rappresentare una nuova alleanza sociale, che sembrava essere in grado di costituire una forza di governo. Ed è esattamente ciò che è successo.
Il programma politico che ha accelerato e completato la riorganizzazione sociale che era in corso era il Programma di Salonicco con i suoi quattro pilastri: affrontare la crisi umanitaria, rilanciare l’economia, ripristinare la legge sul lavoro e ricostruire democraticamente lo stato.
Era un programma mirato alla redistribuzione del reddito e del potere in favore delle classi che avevano sofferto maggiormente delle conseguenze della politica dei Memorandum. Tuttavia, è sempre stato chiaro che per attuare questo programma occorreva uno strenuo negoziato con i Creditori, così da eliminare le principali leve utilizzate per imporre i programmi di aggiustamento strutturale: il debito e l’esclusione dell’economia greca dal mercato dei capitali.
2. Il negoziato
L’arma dell’asfissia finanziaria è stata però utilizzata in maniera molto efficace dai Creditori e dalle Istituzioni [n.d.t. la Troika] nel corso di tutto il negoziato con il nuovo Governo. Quando SYRIZA ha assunto il potere, il taglio dei finanziamenti della Banca Centrale Europea (BCE) e la minaccia costante del crollo del sistema finanziario nazionale sono stati utilizzati per esercitare una pressione economica e sociale sul nuovo Governo. Lo scopo era sia di provocarne la caduta, sia di ottenere la sua resa incondizionata e l’adozione del precedente programma di aggiustamento strutturale e svalutazione interna.
Nonostante le nostre forze limitate, abbiamo provato a difenderci in tutti i modi contro queste pressioni, mettendo in campo contemporaneamente una nuova etica politica e una nuova prospettiva sociale, sia a livello nazionale che internazionale.
Per quanto riguarda il negoziato, nonostante lo spreco di tempo e i possibili errori tattici, abbiamo tentato tutto quanto in nostro potere per resistere all’asfissia finanziaria (posticipazione dei pagamenti al Fondo Monetario Internazionale, rifiuto di estendere il precedente piano di salvataggio, imposizione del controllo sui movimenti di capitali in modo da proteggere il sistema bancario dal ricatto finanziario della BCE). Abbiamo anche fatto tutto il possibile per mandare un segnale politico all’Europa, mostrando chiaramente che il programma di svalutazione nazionale aveva fallito e che non aveva più il sostegno popolare.
L’apice di questa battaglia politica è stato il referendum del 5 luglio, un momento di sollevazione popolare e di spirito di lotta che resterà per sempre indelebile nella memoria dei popoli europei, i cui risultati politici si estenderanno nel prossimo futuro. Affinché questo accada, però, occorre che il referendum non lavori nella direzione opposta: non deve trasformarsi in un motivo di frustrazione per le classi popolari perché ciò che è seguito non è stato coerente con l’entusiasmo iniziale. Lo sforzo di dare un’interpretazione di questi eventi, durante e dopo il referendum, non deve essere preso alla leggera, poiché ci sono delle forze politiche che distorcono le ragioni del referendum e il suo risultato con l’unico obiettivo di usurparli e utilizzarli come veicolo per sopravvivere come forza di opposizione.
Occorre perciò ricordare che l’obiettivo dichiarato del referendum era di rafforzare la posizione negoziale del governo in un negoziato assolutamente sbilanciato e asimettrico. Non abbiamo mai affermato nulla di diverso; non abbiamo mai detto che chiedevamo il mandato popolare per spazzare via l’Eurozona, travolgendo innanzitutto noi stessi. Abbiamo invece chiesto di rifiutare un programma di tagli orizzontali e incrementi fiscali accompagnato da uno studio di fattibilità sul debito Greco politicamente connotato, che imponeva alti surplus primari, e da un finanziamento insufficiente basato sul vecchio programma (il piano di salvataggio del 2012), che sarebbe stato esteso per appena altri cinque mesi, lasciando dunque invariata la situazione di incertezza economica e procrastinando semplicemente il rischio di una Grexit.
Ed è stato esattamente questo mandato che abbiamo ricevuto dal popolo Greco: rifiutare questa specifica proposta della Troika, ottenere un accordo migliore e fattibile, che non comportasse un disastro sociale generalizzato, in un contesto europeo estremamente negativo.

3. Il dilemma del ricatto 
Dopo il referendum, ci siamo trovati ad affrontare l’atteggiamento punitivo dei Creditori e delle Istituzioni in uno scenario politico Europeo assolutamente ostile.
Con le banche sotto controllo, la sospensione dell’Erogazione di Liquidità di Emergenza da parte della BCE, con la minaccia di un haircut sui bond greci dati in garanzia alla BCE per fornire liquidità alla Banca Centrale di Grecia e alle banche greche, con il FMI che faceva pressione per il rientro della rata del prestito in scadenza il 30 giugno minacciando di dichiarare la Grecia in default, con l’accesso ai mercati evidentemente impossibile, e con tutti i governi dell’UE che ricattavano il governo greco, abbiamo dovuto affrontare il seguente dilemma: firmare un accordo che era migliorato per quanto riguardava il quadro istituzionale e i finanziamenti (86 miliardi in tre anni, invece di 5 milioni per 5 mesi), ma inquietante – come minimo – per quanto riguardava le condizioni, oppure guidare il paese verso un default incontrollato con conseguenze imprevedibili per il futuro, compreso il crollo del sistema bancario, interventi di bail-in sui titolari di conti correnti, uscita dall’Eurozona senza alcuna misura di protezione per la nuova moneta, e conseguentemente una acuta crisi sociale e politica che avrebbe portato probabilmente alla caduta del Governo e alla crisi umanitaria. Il dilemma che dovevamo affrontare non era Memorandum o dracma, ma Memorandum con l’euro o con la dracma (proposta di Schäuble) o default incontrollato.
In altre parole, dovevamo scegliere tra una ritirata tattica, in maniera da preservare la speranza di vincere una battaglia politica asimmetrica, oppure imporre alla Sinistra un fallimento storico che avrebbe trasformato il paese in un deserto sociale. Ci siamo presi la nostra parte di responsabilità e abbiamo scelto la prima opzione. Per questo ora chiediamo di essere giudicati dal popolo Greco.

4. L’accordo con i creditori
Cosa contiene di fatto l’accordo che abbiamo firmato con i Creditori? È davvero, come sostengono alcuni, il peggiore dei Memorandum? È vero che accelera e completa il programma di aggiustamento strutturale lasciando invariata la condizione di povertà e crisi umanitaria, e addirittura prevedendo le misure per la sua gestione futura? Senza farci illusioni sul contenuto dell’accordo, queste accuse costituiscono soltanto esagerazioni politiche che sono comprensibili nelle circostanze in cui ci troviamo. Esse però non colgono nemmeno lontanamente la realtà nel suo complesso, e poiché non sono in genere supportate da prove, non contribuiscono alla necessaria analisi della particolare situazione che si è venuta a creare per la Sinistra e per le forze sociali che quest’ultima vuole rappresentare.
Questo particolare accordo, firmato con il coltello alla gola, dopo essere stati sottoposti a un ricatto senza precedenti durante i negoziati con la Troika, cristallizza lo specifico equilibrio di forze che si era formato recentemente nel contesto dell’Eurozona. Com’è noto, è impossibile per chiunque sottrarsi a questo specifico equilibrio, perché questa è la realtà. Così, in ogni aspetto, in ogni capitolo, in ogni provvedimento, l’accordo riflette i risultati di questo negoziato asimmetrico, la volontà dei Creditori di smantellare il sistema di protezione sociale e liberalizzare completamente il mercato del lavoro, come pure la volontà del governo greco di opporsi a questa prospettiva.
Per quanto riguarda la prima parte dell’accordo, il Piano di salvataggio, il governo greco è riuscito a evitare la prospettiva di un costante ricatto finanziario supportata da circoli europei estremamente reazionari – in particolare la “frazione Schäuble” – che è rimasta in campo fino all’Eurogruppo del 14 agosto. Secondo questo piano, la Grecia avrebbe dovuto accettare l’estensione di cinque mesi del precedente Piano di salvataggio, oppure continuare dopo il 12 luglio con una serie di prestiti-ponte che avrebbero prorogato la condizione di incertezza e non avrebbero fatto altro che aumentare il potenziale ricattatorio dei Creditori così da imporre condizioni ancora più recessive e antisociali.
Viceversa, dopo la strenua resistenza ma anche grazie alle iniziative politiche che hanno portato alla mobilitazione di tutte le forze democratiche che esistono ancora nell’Europa reale, siamo riusciti a ottenere da una parte una modifica del quadro istituzionale e legale con un nuovo Piano di salvataggio, e dall’altra una copertura finanziaria per tre anni che ci permette di affrontare sia il fabbisogno esterno che le passività interne, vale a dire i debiti dello Stato nei confronti di fornitori e imprese.
Specificamente, il nuovo quadro istituzionale e legale del Piano di salvataggio mette fine ai precedenti accordi – di tipo coloniale – con il Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria (una società pubblica a responsabilità limitata), poiché da questo momento in poi la Grecia ha un contratto con il Meccanismo Europeo di Stabilità, vale a dire con un’organizzazione internazionale, con la quale la relazione contrattuale è governata dalla legge europea e internazionale e, soprattutto, recupera le garanzie assicurate dalle immunità e dai privilegi della Repubblica Greca e della Banca di Grecia nei confronti dei suoi creditori internazionali. Si tratta, cioè, di una relazione completamente nuova che permette di godere di tutti gli standard di garanzia abitualmente adottati in questi casi.
Contemporaneamente, mentre la seconda parte dell’accordo, cioè l’Annex al Piano di salvataggio, è certamente un duro programma che prosegue le politiche di austerità, ci sono alcuni – limitati, certamente – benefici per la maggioranza della società, e per tutta un’altra serie di questioni i dettagli dell’attuazione dell’accordo dipenderanno da futuri negoziati tra la Grecia e i Creditori: questo lascia dunque aperta un’ampia prospettiva per proposte politiche e battaglie sociali in difesa dei redditi da lavoro, dei lavoratori autonomi, del patrimonio pubblico (interventi sul sistema pensionistico, sui rapporti di lavoro, sul sistema fiscale e sull’utilizzazione del patrimonio pubblico).
Un elemento positivo dell’Accordo è anche l’aggiustamento del surplus primario ottenuto grazie alle forti pressioni esercitate dal governo greco durante il negoziato. Secondo l’Accordo, gli obiettivi fiscali fissano un deficit primario allo 0,25% per l’anno 2015 e un surplus primario dello 0,5% nel 2016, 1,75% nel 2017 e 3,5% nel 2018. Si tratta di un’importante riduzione del debito pubblico rispetto al precedente programma che imponeva un surplus primario del 3% per l’anno 2015, portato progressivamente al 4,5% nel 2018. Poiché la dimensione del surplus primario non è altro che un indice numerico delle dimensioni dell’austerità, questo significa che abbiamo ottenuto un aggiustamento decisamente più contenuto che riduce il rischio di nuovi tagli orizzontali nei prossimi anni.
Infine, per la prima volta l’accordo stabilisce un calendario chiaro per l’avvio di una discussione riguardo alla riduzione del debito pubblico e alle condizioni per la restituzione dei prestiti. È precisamente in quest’area che dovremo combattere duramente per ottenere un risultato positivo, in grado di ridefinire il quadro delle relazioni tra la Grecia e i suoi Creditori. Questo perché un accordo che riduce il debito greco eroderà immancabilmente la base di potere che negli ultimi cinque anni ha permesso di imporre un’austerità durissima e i programmi di svalutazione nazionale. Per combattere questa battaglia è assolutamente necessario far leva sulla nuova situazione politica che sta prendendo forma in Europa dopo i negoziati, poiché nuove linee di frattura sono emerse negli schieramenti politici europei nel corso dell’ultimo semestre.

5. Esiste un’alternativa?
Molte persone ovviamente sostengono che SYRIZA, firmando il nuovo Accordo, avrebbe fatto proprio il tatcheriano “Non c’è alternativa”, ben oltre e contro gli stessi imperativi neoliberali. Nella breve storia di SYRIZA non c’è mai stata una rappresentazione più fuorviante di questa. Quest’affermazione di Tatcher non significa altro che il neoliberismo, l’estremo individualismo e la caccia al profitto personale sono l’unica strada per costruire lo stato sociale. Questa dichiarazione significa che ogni percorso alternativo comporta necessariamente perdita di libertà, totalitarismo e miseria sociale.
SYRIZA e il suo governo non hanno mai adottato questo atteggiamento politico e ideologico. Una cosa è accettare il neoliberismo come orizzonte strategico, come la sola strada possibile per costruire lo stato sociale, e un’altra è accettare che in un certo momento storico, con un dato equilibrio di forze politiche, occorre fare un compromesso tattico e temporaneo per essere in grado di proseguire la lotta e preservare la possibilità e l’opportunità di vincere.
Per cui, sì, c’è un’alternativa, c’è un altro modo per organizzare le società e le economie. Questo modo passa per la redistribuzione della ricchezza e del potere alle classi subordinate, ai lavoratori e alle lavoratrici del settore pubblico e privato, ai lavoratori autonomi e ai/lle pensionati/e; passa per il rafforzamento di forme di economia sociale che contestano il modello occulto o nascosto delle gerarchie (e dunque dei poteri) dentro le imprese e offrono un’opportunità alla creatività di una gioventù fin troppo qualificata e disoccupata; passa per la protezione dei beni comuni che uno dopo l’altro stanno diventando preda del capitale finanziario; passa per il sostegno alla previdenza sociale, ma anche per l’estensione e l’incremento dei diritti sociali e delle libertà democratiche.
Questo percorso implica una relazione continua e integrata con i movimenti delle classi subordinate, e presuppone un contatto ravvicinato con le elaborazioni teoriche degli intellettuali di Sinistra ma anche la costruzione di un partito di massa organizzato, aperto al mondo del lavoro e ai/lle giovani. Questo è il tipo di partito che dovremo costruire, se vogliamo avere una possibilità di successo nella lunga e difficile lotta di classe che ci aspetta.
Considerato tutto ciò, la strada verso l’emancipazione sociale, in particolare nelle attuali condizioni di crisi, non è facile e non sarà breve. Ci sarà bisogno di accelerare, o di rallentare, ci saranno curve, inversioni a U e vicoli ciechi, non è una strada lineare, ma accidentata e piena di biforcazioni. Dovremo procedere in base alle esperienze dei movimenti laburisti e di sinistra del 19°, del 20° e del 21° secolo, ma anche in base alle nostre esperienze personali. Comprese quelle accumulate negli ultimi sei mesi, giuste e sbagliate, successi e fallimenti.
La nostra battaglia in questi ultimi sei mesi è stata dura, dolorosa e decisamente emblematica per tutti i popoli dell’Europa e del mondo che lottano per rovesciare finalmente l’egemonia globale del neoliberismo. La piccola Grecia ha condotto (e continua a condurre) una lotta politica che va al di là delle sue dimensioni e che sarà ricordata dai libri di storia.
Ci è successo di essere i protagonisti di una resistenza contro il capitale finanziario globale, all’alba di un nuovo periodo storico che potrebbe essere iniziato con la crisi finanziaria del 2008. Si potrà comprendere solo più avanti se la nostra battaglia segni l’inizio di un nuovo periodo storico o la fine del precedente, e tutto dipenderà dai risultati delle lotte politiche e sociali. La storia si produce solo in retrospettiva, quando la polvere della battaglia si deposita e si instaura un nuovo equilibrio. Questo equilibrio è ancora lontano.

6. La situazione in Europa. Verso una riorganizzazione degli equilibri di potere
È stato proprio il negoziato del governo greco negli ultimi mesi a mettere in evidenza gli attuali limiti dell’Europa per quella che è, la crudeltà dei meccanismi coercitivi del neoliberismo e la ripartizione assolutamente impari del potere politico all’interno delle istituzioni e tra i vari governi.
Nonostante ciò, per la prima volta un governo di uno stato membro dell’Unione Europea e dell’Eurozona ha direttamente messo in discussione i rapporti di potere e le politiche che esso impone, cioè l’austerità aggressiva, attraverso la disciplina fiscale e la svalutazione nazionale. È stato proprio questo atto che ha monopolizzato l’attenzione del mondo per ben sei mesi e ha contemporaneamente generato un impressionante dibattito politico in Europa e dentro le sue istituzioni.
Questo dibattito ha aperto crepe importanti all’interno dei partiti social-democratici europei, ha attirato una parte dei Verdi europei verso la Sinistra, ha mobilitato ampie forze sociali che hanno sostenuto la battaglia del governo greco, ha provocato la reazione di intellettuali da tutto il pianeta che non solo hanno dato un sostegno politico, ma hanno anche approfondito la critica teorica dell’estremismo neoliberista e dell’austerità.
La questione greca ha messo in evidenza il ruolo egemonico che la Germania ricopre nell’imporre programmi di aggiustamento fiscale costringendo le proprie élite politiche a spendere il proprio capitale politico per creare le condizioni per ricattare efficacemente il primo governo di sinistra del continente europeo dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Il negoziato ha anche svelato i limiti strutturali deliberatamente imposti alla BCE e la sua natura politica, poiché non opera come prestatore di emergenza nei confronti degli stati membri dell’Eurozona, ma ricopre piuttosto il ruolo di ricattatore istituzionale nei confronti dei membri del sistema europeo che mettono in questione la direzione neoliberale delle politiche europee.
Sono proprio questi elementi che hanno generato l’ampio dibattito e i conflitti politici che potrebbero portare in futuro a una crisi generalizzata del progetto europeo, vista la determinazione con cui alcune parti delle élite politiche europee perseguono un processo di costruzione federale dell’Europa (Unione Bancaria, Ministri delle Finanze, rafforzamento della Commissione Europea) inteso come rafforzamento del progetto neoliberale. In questi conflitti, la Grecia dovrebbe giocare un ruolo da protagonista per esacerbare ulteriormente le contraddizioni dell’Unione Europea e dell’Eurozona, mobilitando le forze politiche e sociali per resistere, mettere in discussione e trasformare le istituzioni europee.
Per questo tipo di lotta è pero necessario che la Sinistra sia al governo. Perché solo la Sinistra può agire come catalizzatore di sviluppi radicali nell’arena politica dell’Europa odierna. Viceversa, il ritorno delle vecchie forze politiche che sono state al governo nel nostro paese congelerà per gli anni a venire la costruzione di un ampio movimento internazionalista e pan-europeo in grado di vincere le grandi battaglie che ci aspettano.

7. La situazione politica in Grecia
Il vero dilemma politico che la Sinistra deve affrontare adesso è se ritirarsi di fronte alla sfavorevole distribuzione del potere politico e sociale in Europa, permettendo così la restaurazione del sistema politico borghese in Grecia, oppure combattere da una posizione di governo per ottenere l’abbandono del neoliberismo e delle politiche dei Memorandum di austerità.
Per rispondere a questa domanda occorre tener presente che il possibile ritorno al governo dei partiti borghesi rappresenterebbe una sconfitta storica per la Sinistra, che molto probabilmente distruggerà le prospettive che si sono aperte con la vittoria politica ed elettorale del 25 gennaio scorso. Questo però non significa che la vittoria nella tornata elettorale del 20 settembre non comporti anch’essa dei rischi specifici: il rischio di un cambiamento del partito a causa di un contesto avverso, ma anche dei limiti imposti dal nuovo Memorandum, il rischio dell’erosione del partito e il suo allontanamento dalle masse dei lavoratori che vuole invece rappresentare, il rischio di una sua trasformazione in un semplice gestore moderato del memorandum neoliberista.
Sono questi i pericoli reali che dovremo prendere accuratamente in considerazione nel tentativo di assumerci la leadership della lotta del popolo greco per trasformare le relazioni di potere nel paese e a livello internazionale, tanto più se da posizioni di governo. La scelta opposta rischia però di avere conseguenze devastanti per i lavoratori, perché il ritorno al potere del vecchio sistema politico si tradurrà quasi certamente in misure politiche punitive e vendicative nei confronti della Sinistra e delle masse popolari, con uno spostamento dei rapporti di potere politico e sociale a danno della maggioranza.
È precisamente per questa ragione che, nonostante i problemi reali che il nostro partito sta affrontando, ci vediamo costretti proprio dalla realtà a lottare per vincere le prossime elezioni: mobilitare la nostra base e continuare a impegnarci, pur riconoscendo la nostra intrinseca debolezza e i dilemmi strategici che dobbiamo affrontare dopo l’imposizione del nuovo Memorandum.
L’obiettivo di SYRIZA è di attuare un programma di governo della durata di quattro anni, che certo non può essere realizzato negli stessi termini del precedente proprio a causa dell’esperienza acquisita nei sette mesi di negoziato e di governo che abbiamo alle spalle, ma che mira a farla finita con il neoliberismo e le politiche di austerità, a iniziare una radicale trasformazione democratica dello stato, a trovare soluzioni per mitigare gli effetti del Memorandum, ad attuare politiche a sostegno della maggioranza e modificare i rapporti di potere a favore dei lavoratori.
È precisamente per l’attuazione di questo programma che un Governo della Sinistra costituisce una roccaforte da difendere. Una roccaforte essenziale nella lunga battaglia contro il modello neoliberale perseguito dai poteri dominanti in Grecia e in Europa.
Lo stato non è una fortezza, ma una rete, una relazione e un campo strategico per la battaglia politica. Non cambia da un giorno all’altro, la sua necessaria trasformazione richiede lotte continue e sostenute, impegno popolare, democratizzazione costante. Come il neoliberismo, che ha conquistato il mondo attraverso continui aggiustamenti e svolte nel corso degli ultimi quattro decenni, allo stesso modo l’economia dei bisogni direttamente connessa con l’espansione e l’incremento della democrazia diretta e indiretta in tutti i settori possibili, che sono obiettivi della Sinistra radicale, ha bisogno di tempo, perseveranza e determinazione per espandersi nell’Europa reale dell’austerità e del neoliberismo, un mondo governato dalla logica del profitto.
In queste circostanze, il programma di governo di SYRIZA prova a fornire delle soluzioni, a cercare delle risposte e a indicare la strada, ponendo quale orizzonte non negoziabile della propria azione politica e sociale l’emancipazione dei lavoratori e dei giovani.

Fonte: Syriza
Pubblicato su listatsipras.eu

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