La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 17 settembre 2015

Economisti o sacerdoti?

di Gianluca Graciolini
I due santoni italiani del mainstream liberista e austeriano, tali Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, è da anni che scorrazzano sui principali media, ispirando, sollecitando o più semplicemente giustificando, le scellerate politiche economiche e sociali adottate da un trentennio a questa parte su scala nazionale, europea e globale. Leggiamo nelle loro stesse parole il motivo di tanta fortuna politica, culturale ed accademica. Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera del 4 agosto 2007: “La crisi del mercato ipotecario americano è seria, ma difficilmente si trasformerà in una crisi finanziaria generalizzata”. Alberto Alesina in un'intervista a La Stampa il 20 agosto del 2008: “Non ci sarà nessuna crisi del 1929 […]: quella in atto è una correzione come ce ne sono state altre, e le Banche Centrali stanno reagendo in maniera appropriata”. Abbiamo visto tutti come è andata a finire, ma i due e tutti gli altri come loro, compresi i Reinhart e Rogoff, quelli dell'equazione dimostrata sballata ed inventata per giustificare "scientificamente" le misure di austerità, continuano bellamente a far mostra di sè e delle loro idee malsane in ogni dove.
Senza mai aver chiesto scusa al loro pubblico, ai loro lettori e anche ai loro studenti, continuano cioè a propinarci mefitici e surreali dogmi (tipo la disuguaglianza sociale è ottima per la prosperità economica), come se niente fosse accaduto nel frattempo, ovvero il fallimento alla prova di ogni fatto economico e sociale di ogni loro articolo di fede e di ogni loro malia.
Se oggi fosse ancora in vita Thomas Khun, il grande epistemologo de "La struttura delle Rivoluzioni scientifiche", avrebbe relegato le idee di tutti costoro tra i paradigmi falliti, sconfitti, inservibili ed abbandonati. Ed i loro autori li avrebbe assimilati più a dei sacerdoti egizi che armeggiano con gli infusi a guardia del Faraone e dello status quo che a scienziati dignitosi, i quali, allorquando sbagliano, chiedono almeno scusa alla comunità di cui fanno parte.
Gente, che si sappia almeno con chi abbiamo a che fare, quando parliamo di economisti neoliberisti e mainstream. 
Noi non siamo economisti, ma plebei coscienti che vivono la realtà e studiano come cambiarla. Senza scomodare i nostri Gramsci o Marx, non era forse Diderot che incitava a rendere la filosofia popolare? Ebbene, rendiamocela: questa, per esempio, è una vera sfida per una nuova sinistra.

P.s.: Ringrazio Francesco Sylos Labini per aver recentemente ricordato in un suo articolo le grandi capacità visionarie e predittive dei due bocconiani...

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