La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 19 settembre 2015

Corbyn, il populista

di Nicola Melloni
Come già detto da alcuni dei più acuti commentatori, la schiacciante affermazione di Corbyn va collocata in un più ampio movimento europeo di rinascita a sinistra. Le forme di questa onda di sinistra sono diverse – un movimento anti-casta in Spagna, la crescita della sinistra radicale in Grecia, il ritorno alle origine più propriamente laburiste nel Regno Unito. C’è però un denominatore comune tra tutte queste esperienze – la rivolta popolare contro l’oligarchia strisciante che caratterizza questa fase decadente del capitalismo occidentale.
Se in altri paesi questo trend si è sviluppato con la creazione di nuove formazioni politiche (o col successo di partiti precedentemente marginali), a Londra si assiste ad un fenomeno diverso – lo scontro aperto tra militanti del Labour e nomenclatura. Si tratta del dato più rilevante di questa consultazione popolare. Il voto ha visto trionfare il nuovo segretario mentre tanto Brown che, soprattutto, Blair, hanno combattuto strenuamente contro la candidatura di Corbyn.
Quasi l’intero gruppo parlamentare si oppone al nuovo segretario ed in men che non si dica mezzo governo ombra si è reso indisponibile a servire sotto la leadership di Corbyn. Solo contro tutti, si potrebbe dire, non fosse per il supporto della stragrande maggioranza degli iscritti.
In realtà tutto questo rumore (per nulla, avrebbe detto Shakespeare) conferma solo il totale scollamento tra politica istituzionale e popolo. Il Labour della Terza Via era divenuto un partito di notabili arroganti, incapaci di ascoltare un elettorato sempre più spaesato che aveva abbandonato in massa il partito. Soprattutto incapaci di cogliere i massicci cambiamenti sociali che la crisi ha infine fatto emergere in tutta la loro crudezza. La Gran Bretagna è un paese con diseguaglianze crescenti, mobilità sociale sempre più bassa, divisa tra gli appartamenti milionari di Londra e 600 mila bambini che, nella stessa capitale, vivono sotto la soglia di povertà.
Il modello di sviluppo perseguito – con tinte invero diverse, ma con una ideologia di fondo simile – da Conservatori e Laburisti è quello più retrivamente neo-liberale, attento ai bisogni delle banche e della grande impresa, ancora convinto che la crescita del capitale crei ricchezza per tutti. L’establishment politico britannico è ormai quanto di più simile ci possa essere al marxiano comitato d’affari della borghesia: tasse basse per i ricchi, aiuti di stato per le banche, tagli al welfare per il popolo
La vittoria di Corbyn è un segnale inequivocabile di questo disagio, un pugno in faccia ad una nomenklatura laburista educata nelle scuole private ed ormai indistinguibile dai Tories. Questo non vuol dire, certo, che Corbyn risulterà vincente anche alle elezioni politiche – anche se nessuno meglio di un vero socialista può capire le sfide di un capitalismo sempre più escludente e illiberale. Quello che però è sicuro è il delinearsi in maniera sempre più chiara della sfida alla casta politico-economica. Una sfida che molti chiamano populista, perché finalmente rimette il popolo al centro del discorso politico. Una sfida che non guarda al passato ma al futuro e che nasce da una crisi sociale e politica a cui finora non si è saputo dare risposta.

Fonte: MicroMega online - blog dell'autore

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