La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 19 settembre 2015

Un Manifesto per la sinistra e l'umanesimo sociale

di Simone Oggionni e Paolo Ercolani
C'è un aspetto sostanziale che differenzia la destra dalla sinistra. Su di un piano generale, la prima tende a rappresentare istanze istintive che, per così dire, appaiono spontanee e naturali nell'ordine delle cose: paura o astio per il diverso, individualismo, razzismo, competizione, profitto, visione gerarchica del genere umano, esclusione.
La sinistra, invece, costruisce e promuove idee e progetti attraverso una disarticolazione razionale del disordine e una progettazione altrettanto razionale di un universo differente. Per questo si definisce in relazione a valori come uguaglianza, cooperazione, solidarietà, tensione verso il cambiamento, inclusione delle diversità, emancipazione dei più deboli e degli oppressi.
Decretare la fine delle ideologie, e con essa il superamento della dicotomia destra/sinistra, ha determinato in questi ultimi anni due effetti.
In primo luogo ha inibito la ricerca e l'elaborazione di una nuova mappa ideologica e politica da parte della sinistra. In secondo luogo, ha favorito il prevalere esclusivo e incontrastato di un sentire comune, di idee e valori che, appartenenti al retroterra fisiologico della destra, il neoliberismo è riuscito a fondere sino al punto di innalzarsi a pensiero unico dell'epoca globalizzata.
Se a questo aggiungiamo l'incapacità e inadeguatezza, da parte delle classi dirigenti e intellettuali della sinistra, di sforzarsi e impegnarsi sul terreno dell'elaborazione di un universo teorico e programmatico adatto ai tempi e ai contesti mutati, capiamo perché si susseguono senza soluzione di continuità, da circa trent'anni, sconfitte e fallimenti.
Più precisamente la sinistra sconfitta si è divisa in due. Da una parte quelli che hanno accettato il punto di vista dell'avversario e rinnegato tutto il proprio passato, per genuflettersi (con lo zelo tipico dei neofiti) al credo liberale, all'interno del quale prevalevano nel frattempo le spinte più reazionarie.
Dall'altra parte quelli che a vario titolo si sono arroccati nella difesa di riferimenti e progetti anacronistici e del tutto incapaci di intercettare le istanze del tempo mutato, nonché sterili e inadatti a incidere sui rapporti di forza e sulla realtà sociale. Quante volte abbiamo pensato che le parole del secolo scorso fossero inadeguate a comprendere la contemporaneità e ancora di più le etichette - alcune semplicemente folkloristiche - delle grandi famiglie politiche che, armate una contro l'altra, hanno spezzettato e frammentato la sinistra?
È decisamente ora (e anzi lo è da un pezzo!) di uscire da questi errori e di mettere fine a questa colpevole latitanza di una forza di sinistra moderna in grado di esprimere qualcosa di sensato sul terreno culturale. E, per questa via, in grado di tornare a rappresentare e a dare voce alle istanze e ai bisogni dei più deboli, a partire da un mondo del lavoro (e del non lavoro a esso complementare) sempre più smarrito e sotto scacco.
Per questi motivi abbiamo ritenuto indispensabile comporre a quattro mani un Manifesto. Un contributo che possa fornire, al tempo stesso, idee per un rinnovato armamentario teorico di comprensione del tempo presente, nonché un nuovo orizzonte politico e programmatico a una sinistra, quella del XXI secolo, a cui è richiesto di essere una e coesa in vista delle grandi sfide a cui ci mette di fronte il tempo presente.
Questa grande ambizione, che abbiamo articolato all'interno del manifesto che uscirà per Mimesis nel mese di ottobre, può essere riassunta con tanti paradigmi e nuovi codici. Il più significativo ci pare il concetto di "Umanesimo sociale".
Non è possibile esprimerci con completezza in questa sede (per cui rinviamo all'uscita del nostro Manifesto). Ci basti dire, però, che mai come oggi a essere sotto attacco, in balia di forze impersonali, meccaniche e schiave di una logica puramente numerica, è l'uomo.
Non tanto l'uomo considerato genericamente e astrattamente, ma l'essere umano in quanto entità sociale e politica, inserita all'interno di rapporti di forza che nella nostra epoca vedono il predominio del nuovo capitalismo e in particolare del sistema tecno-finanziario.
Questo sistema riesce a imporre un modello di società in cui l'uomo è sempre più ridotto al ruolo esclusivo di consumatore, produttore e utente. Peggio: è ridotto a strumento e non a fine. Il pensiero unico della teologia economica, infatti, si basa su un fondamentalismo del Mercato per cui all'umanità viene richiesto e imposto di sottomettere tutto il suo agire al profitto e al progresso della tecnica, una tecnica che è al servizio esclusivo della finanza e della sua logica quantitativa.
A questa spirale anti-umana è chiamata a opporsi una sinistra in possesso di una chiarezza programmatica che la veda operare unita per la costruzione di una società di cui l'uomo, storicamente e socialmente connotato, sia il centro e l'eguaglianza e la giustizia sociale l'orizzonte da riscoprire e valorizzare.
A questo scopo sono chiamati tutti coloro che si richiamano alla storia migliore della sinistra e tutti coloro che condividono un'idea di cambiamento, affinché si possa dar vita, finalmente, a un nuovo soggetto storico, unito e popolare, in grado di interpretare le esigenze rinnovate e le istanze delle donne e degli uomini in lotta contro la disumanità del sistema tecno-finanziario.
In questa direzione vogliamo dare il nostro contributo, sapendo che siamo insufficienti. Ma che l'inadeguatezza soggettiva non può più essere l'alibi per rimanere inermi e passivi di fronte a un mondo che - così com'è - non funziona più.

Fonte: Huffingtonpost.it 

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