La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 17 settembre 2015

Varoufakis rilancia un Piano B per l'Europa

Intervista a Yanis Varoufakis di Andrea Nicastro
I colleghi ministri lo evitavano anche al tavolo delle tartine, figurarsi oggi, come potenziale rivale del fronte del no. Yanis Varoufakis, economista ed ex ministro greco, annuncia al Corriere che «presto, molto presto ci sarà il lancio ufficiale e una sinistra pan europea capace di offrire una politica alternativa all’austerità vedrà la luce». Varoufakis non ha niente del silurato o dell’ex. Anzi è sempre più convinto d’avere ragione. Gira il continente come una trottola, raccoglie adesioni, scatena applausi. È pronto a salvare l’Europa da chi, secondo lui, la sta guidando al baratro economico, sociale e politico. La sua T-shirt da modello è apparsa in Francia allo sbocciare della sinistra alla sinistra di Hollande. Con l’ex Pd Stefano Fassina e lo spagnolo Pablo Iglesias ha gioito al trionfo rosso del britannico Corbyn. 
Professor Varoufakis, come sta? 
«Un fiore. Anche se la situazione in Grecia dopo la resa del 13 luglio è triste e non preconizza niente di buono per l’Europa. Il merito è del calore della gente che mi accoglie in Grecia, Italia, Francia, persino Germania. E anche della libertà che ho per seguire la mia agenda politica fuori dalle strutture di governo». 
L’incubo Grexit, tutti gli occhi puntati addosso... nessuno strascico? 
«Il vero amore e la vera amicizia sono sopravvissuti. I falsi evaporati. Fare il ministro è stato un dovere da sopportare fino a che eravamo guidati da un principio. Piuttosto mi spiace per i miei successori che devono gestire l’orribile sconfitta». 
Dica la verità, com’è scoprirsi sex symbol? 
«Ho detestato lo star system tutta la mia vita. Sarebbe il colmo dell’ipocrisia godere di quel circo quando, per ragioni a me ignote, sono stato elevato su un ridicolo piedistallo». 
Sta finendo un libro? 
«È almeno dal 1989, che ogni anno sto per finire un libro. Questo era quasi pronto prima delle elezioni di gennaio. L’ho dovuto aggiornare. Si intitolerà “Il debole soffre il giusto?”. È, niente meno, che una storia dell’Euro». 
Quindi addio alla politica? 
«Tutto il contrario. Presto ci sarà un annuncio ufficiale. Il partito Syriza che ho servito non esiste più. Si è smembrato per la nostra capitolazione. Non volendo unirmi a ciò che è emerso dalla frattura, ho guardato là dove anche il problema greco può trovare una soluzione: l’Europa». 
Spieghi meglio. 
«La Grecia è affondata, ma è l’intera democrazia europea ad essere ferita a morte. A meno che gli europei non capiscano che la loro economia è diretta da pseudo tecnocrati non eletti e non punibili, gente che sta commettendo un errore dopo l’altro, la democrazia continentale rimarrà l’ombra di quello che pensiamo che sia». 
Eppure lei ha sempre creduto nell’euro e nell’Europa. 
«Sto lottando con me stesso per continuare a farlo. Aristotele definiva la democrazia come il sistema nel quale governano i poveri, che sono sempre la maggioranza. In questo senso, la sinistra è la custode della democrazia quando non si piega ai pochi potenti che controllano le risorse materiali. Una semplice dose di democrazia liberale nell’Eurogruppo mi sembrerebbe un buon inizio per italiani, greci, spagnoli e tedeschi». 
La sconfitta della sua posizione all’Eurogruppo non le è proprio andata giù. 
«Alexis Tsipras ed io siamo stati in disaccordo perché lui pensava che il nuovo Memorandum fosse l’unica alternativa al piano Schäuble di cacciare la Grecia dall’Eurozona. Tsipras venne minacciato di un’espulsione così violenta che la parte debole della popolazione avrebbe sofferto in modo indicibile. Quindi capisco come e perché Tsipras è arrivato a scegliere il Memorandum. Ma non sono d’accordo». 
Preferiva fallire con onore? 
«Il referendum ci ha dato il 62% di appoggio per cercare un accordo onesto, senza cedere. Così avevo letto io il voto. Tsipras l’ha capito diversamente». 
Colpa di quello che lei definì «terrorismo europeo»? 
«I giornalisti dovrebbero almeno imparare a riferire le cose correttamente. Ciò che io dissi è che nelle settimane precedenti il referendum, i greci sono stati bombardati di immagini di banche chiuse e dall’idea che non avrebbero mai più riaperto. Terrorismo è usare la paura per un fine politico. E i greci ne sono stati soggetti». 
L’alternativa era il suo Piano B? 
«Ogni Piano B che vuole evitare l’uscita dall’euro ha in sé il problema che appena diventa noto scatena il panico, la fuga dai depositi, la chiusura delle filiali e un’uscita di fatto dalla moneta unica». 
Quindi era sbagliato? 
«Difficile dirlo. Avrebbe avuto un costo altissimo, questo sì. Ma nel lungo periodo magari non più alto della costante sottomissione alla troika». 
Come sta ora la Grecia? 
«Nessun Paese alle prese con una Grande Recessione può riformarsi fino a che il debito non viene ristrutturato, la spirale debito-deflazione alimenta la crisi». 
E le privatizzazioni? La Germania sta comprando. 
«Mi piacerebbe pensare che questo non fosse l’obiettivo delle istituzioni tedesche. Detto ciò, avrei preferito che Berlino chiedesse alle sue imprese di stare lontane dai saldi greci». 
Tornerà l’incubo Grexit? 
«Tsipras è convinto che il Memorandum eviti il piano Schäuble. Io credo che ci porterà comunque fuori dall’euro. Sperabilmente, quando la Grexit spaventerà di nuovo tutti, l’Europa si sarà rimessa in piedi, il piano tedesco archiviato e al suo posto ci sarà un programma pan continentale di sviluppo, un New Deal europeo».

Fonte: Il Corriere della Sera

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.