La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 17 settembre 2015

Historical Materialism, uno spazio pubblico che si apre al mondo

Intervista a Alberto Toscano di Roberto Ciccarelli
«Histo­ri­cal Mate­ria­lism è una rivi­sta con una genesi molto bri­tan­nica, e par­ti­co­lar­mente inglese – rac­conta Alberto Toscano, filo­sofo e docente al Gold­smi­ths Col­lege di Lon­dra, mem­bro del comi­tato edi­to­riale di Histo­ri­cal Mate­ria­lism, la rivi­sta da cui è nata anche la con­fe­renza annuale di cul­tura mar­xi­sta che si svolge a Roma da oggi – Con il tempo il pro­getto è diven­tata uno spa­zio plu­rale e ete­ro­ge­neo dove si con­fron­tano gli studi gram­sciani, il post-operaismo e molti altri filoni. Ciò che mi sem­bra impor­tante è che HM abbia creato uno spa­zio di ela­bo­ra­zione teo­rica e di ricerca a livello mon­diale. Oggi le con­fe­renze sono orga­niz­zate dal Canada all’India, da Lon­dra all’Australia e gli Stati Uniti».
Com’è nata la scelta di por­tare la con­fe­renza a Roma?
"La con­fe­renza deriva fon­da­men­tal­mente da legami orga­nici che abbiamo col­ti­vato negli ultimi dieci anni con stu­diosi come Vit­to­rio Mor­fino o Ric­cardo Bel­lo­fiore e molti altri. Hanno par­te­ci­pato alla con­fe­renza di Lon­dra e hanno matu­rato l’interesse di orga­niz­zarne una in Ita­lia. Nella stessa maniera si sono svi­lup­pate le altre nel mondo. Non siamo noi a espor­tare un modello, ma sono i ricer­ca­tori ad usarlo per creare spazi di dibat­tito nei loro paesi."
Insieme a Lorenzo Chiesa, lei ha curato «The Ita­lian Dif­fe­rence», un libro che ha anti­ci­pato l’attuale dibat­tito sul pen­siero poli­tico ita­liano. In che modo ha influito nel dibat­tito mar­xi­sta inter­na­zio­nale?
"L’operaismo, gli studi su Gram­sci, il fem­mi­ni­smo ita­liano sono stati impor­tanti nel mondo anglo­fono. Noi ci siamo aperti ai dibat­titi su razza e raz­zi­smo o il post-colonialismo. Cer­chiamo di inter­na­zio­na­liz­zare il dibat­tito mar­xi­sta, in senso auto­cri­tico, pun­tando molto sulla par­te­ci­pa­zione dei ricer­ca­tori dall’Asia o dall’America Latina, in una pro­spet­tiva non legata solo alle sin­gole realtà nazio­nali e al mar­xi­smo acca­de­mico anglo­fono. Ci pen­siamo come uno snodo di un dibat­tito teo­rico e mili­tante, ricco di rivi­ste come «Jaco­bin Mag» negli Usa e di molte altre nel resto del mondo."
Lei lavora e inse­gna da molti anni in Inghil­terra. Come spiega la vit­to­ria di Cor­byn alle pri­ma­rie del par­tito labu­ri­sta?
"La situa­zione è sin­go­lare. La sua è stata una vit­to­ria ina­spet­tata che sta creando una situa­zione ano­mala. Per anni nella sfera pub­blica inglese è stata negata la pre­senza delle posi­zioni più deci­sa­mente di sini­stra, can­cel­late dall’esperienza di Blair e del New Labour. I rap­porti tra la sini­stra intel­let­tuale inglese e il par­tito labu­ri­sta sono stati quasi nulli per vent’anni. È un momento molto inte­res­sante, anche per­ché nasce dopo il riflusso dei movi­menti con­tro l’austerità e con­tro le tasse universitarie."
Dal punto di vista poli­tico e cul­tu­rale, di cosa è espres­sione que­sta vit­to­ria?
"Cor­byn è il risul­tato di una cre­scita dell’intollerabilità dell’austerità e delle lotte con­tro la pri­va­tiz­za­zione dell’università, ma non è l’espressione di una fase ascen­dente. Come Pode­mos o Syri­zia, il suo è un ten­ta­tivo di rispon­dere a un riflusso dei movi­menti con una scom­messa assai impro­ba­bile: risol­vere que­sti pro­blemi a livello della poli­tica dei par­titi, pro­prio quel livello da cui i più gio­vani dif­fi­dano al mas­simo. È un feno­meno per certi aspetti para­dos­sale. Per durare fino al 2020 sarà neces­sa­rio inven­tare dina­mi­che che non pas­sino solo dalle solite cin­ghie di tra­smis­sione dei sin­da­cati. La loro sfida è rein­ven­tare le sezioni di par­tito e bloc­care il ten­ta­tivo di restau­rare il «par­tito del cen­tro estremo» come lo chiama Tariq Ali."
Per ripren­dere il tema della con­fe­renza romana, come si creano pra­ti­che rivo­lu­zio­na­rie in un qua­dro euro­peo di chiara restau­ra­zione poli­tica e cul­tu­rale?
"La situa­zione che si è creata in Spa­gna, Gre­cia o Inghil­terra è il rico­no­sci­mento dei limiti su quanto i movi­menti pos­sano inci­dere sulle realtà isti­tu­zio­nale ed eco­no­mica. È anche inte­res­sante notare il ruolo delle figure cari­sma­ti­che di Tsi­pras o Igle­sias, nel caso di Cor­byn anti-carismatica, come punto di attra­zione di un anta­go­ni­smo che altri­menti reste­rebbe vagante. Il pro­blema è adesso valu­tare se que­sti feno­meni potranno diven­tare punti di rife­ri­mento di movi­menti dal basso e sociali. In Inghil­terra que­sta è l’unica solu­zione per Cor­byn, lea­der di un enorme par­tito di oppo­si­zione in una delle più grandi eco­no­mie del mondo. Dovrà man­dare avanti una lotta discor­siva in un par­tito che gli è aper­ta­mente ostile."

Fonte: il manifesto 

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