La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 17 settembre 2015

Contro l'Europa di Orban, con l'Europa di Tsipras

di Nichi Vendola
Sono giorni cruciali per il futuro dell'Europa e del Mediterraneo. La cronaca quotidiana ci restituisce il senso epocale di ciò che sta avvenendo a ogni latitudine del vecchio Continente, ferito dalla violenza delle politiche di smantellamento del Welfare, imprigionato nella gabbia ideologica e materiale delle oligarchie finanziarie e dei loro funzionari politici, spaventato dai fantasmi della povertà: quella indigena cresciuta a dismisura sotto i colpi dell'austerity, quella palesata in forme drammatiche dall'esodo biblico di profughi e migranti.
Sembra l'Europa del primo Novecento, affamata di pane e di populismo, drogata dal nazionalismo, malata di xenofobia e razzismo. Tornano i muri, a segnare l'asimmetria di diritti e di potere tra noi e gli altri. E il fascista Orban, in quell'Ungheria da film dell'orrore, ordina di arrestare i profughi (credo che non ci siano molti precedenti nella storia dell'umanità di un tale esibito livello di barbarie).
In questo mefitico contesto l'archiviazione del blairismo - e cioè del tacherismo di sinistra - con la vittoria di Corbyn nelle primarie del Labour Party, rappresenta un varco significativo nel muro di subalternità al liberismo del partiti del socialismo europeo.
E tra qualche giorno il ritorno alle urne del popolo greco potrebbe consolidare un fronte politico e sociale che, su scala continentale, provi a rovesciare l'agenda della Troika. Difficile non cogliere il nesso di causa-effetto tra impoverimento e rancore sociale, tra austerity e movimenti reazionari: e dunque occorre costruire una relazione forte tra lotta per l'accoglienza di chi scappa dalle brutalità della guerra e redistribuzione della ricchezza, tra solidarietà e giustizia sociale.
La questione greca è sempre aperta, nella sua dimensione materiale e nei sui riverberi simbolici. C'è un popolo alla fame e c'è una politica "carolingia" che immaginava il futuro dell'Europa libero dall'ingombro di quel piccolo grande Paese, di quel luogo fondativo di noi stessi, della nostra civiltà e del nostro immaginario.
Tsipras è stato l'unico leader europeo che ha rotto l'incantesimo della retorica liberista: isolato da tutti i governi riformisti (di destra o di sinistra non conta, quando hanno in testa la stessa idea di riforme), stretto in una tenaglia drammatica dal dominus tedesco, il capo di Syriza ha rifiutato il rischio dell'avventurismo implicito nella Grexit, ha accettato un compromesso terribile ma ha aperto una finestra sulla questione decisiva della ristrutturazione del debito e anche sul senso medesimo di una Unione europea che fugge dalla democrazia e fonda la propria legittimazione sull'autorità dei mercati.
Per queste ragioni è importante che torni a vincere quel Davide ellenico che sa prendersi le sue responsabilità e che non ha paura della volontà del suo popolo.

Fonte: Huffingtonpost.it 

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