La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 19 settembre 2015

Vecchie e nuove priorità di Putin nella guerra di Siria

di Mauro De Bonis
Il presidente della Russia Vladimir Putin il 28 settembre parlerà alla 70ª assemblea generale delle Nazioni Unite, dieci anni dopo l’ultima volta.
Un lasso di tempo in cui la storia dei rapporti tra Mosca e l’Occidente si è arricchita di nuovi tragici capitoli. Dalla guerra russo-ossetino-georgiana alla rivolta di Kiev e conseguente guerra nell’Est dell’Ucraina. In mezzo, il catastrofico conflitto che sta ancora insanguinando la Siria, e che vede la Russia al fianco del presidente Bashar al-Asad e l’Occidente schierato con l’opposizione. Entrambe le parti in lotta contro le milizie dello Stato Islamico (Is).
Proprio di questo comune interesse nella lotta al terrorismo è probabile che il presidente Putin torni a parlare a New York, ribadendo la sua proposta per la creazione di una ampia coalizione che veda Mosca e Washington – più i rispettivi alleati e gli attori regionali – uniti per scongiurare definitivamente il pericolo jihadista rappresentato dall’Is.
Una linea che per la Russia ha più di una valenza e che permetterebbe, secondo il Cremlino, di arrivare a una soluzione del conflitto in tempi rapidi, con la sicurezza che al tavolo delle trattative siederanno soltanto le parti interessate al futuro del paese mediorientale.
Mosca deve evitare di rimanere esclusa dalla costruzione della nuova Siria. La testa del suo alleato al-Asad non è in discussione, almeno fino a che la sua sorte e quella delle forze locali che lo sostengono non sarà discussa assieme alla supervisione russa. Lo scenario di un alleato battuto ed escluso dai giochi mentre un paese amico come la Siria viene riorganizzato dalla Casa Bianca e dai suoi alleati non lascia tranquillo un Cremlino deciso a tornare a contare in Medio Oriente. Una regione dove c’è necessità di difendere i propri interessi e prepararsi a riempire i vuoti che il discusso disimpegno americano potrebbe lasciare, almeno sulla carta.
È per questo che si sono intensificate le attività russe di sostegno e addestramento militare al regime di al-Asad nel corso di questi ultimi mesi. Mosca sembra intenzionata ad accrescere la sua presenza dietro le quinte (e non solo) per ribadire la volontà di partecipare al dopoguerra e permettere al suo alleato siriano di arrivare al negoziato con un buon peso contrattuale. Il possibile utilizzo della base aerea siriana di Jabieh nelle vicinanze di Latakia, secondo quanto riportato dalla testata russaArgumenty Nedeli, rientrerebbe in quest’ottica. Nessuna intenzione dunque di combattere sul terreno al fianco dell’alleato da parte di un Cremlino attento anche agli umori dell’opinione pubblica russa, che in un periodo di sanzioni e stretta economica è particolarmente contraria a questa ipotesi.
L’altro aspetto che non va sottovalutato nella scelta di fornire maggior sostegno alle milizie di Damasco è l’effettivo pericolo dello Stato Islamico per una Federazione Russa la cui popolazione è per circa il 15% musulmana. Se, come riportato da buona parte della stampa occidentale, si è sentito parlare in russo sui campi di battaglia siriani, si è quasi certamente trattato di uno degli oltre mille combattenti jihadisti (il numero potrebbe arrivare a 1700) che dal Caucaso russo (soprattutto da Cecenia e Daghestan) si sono spostati in Siria per combattere sotto le bandiere nere del “califfo” al-Baghdadi o per altre sigle terroristiche. Persino dall’assai meno irrequieta regione russa del Volga, circa 200 locali sono partiti per combattere. E nel Caucaso del Nord lo Stato Islamico ha dichiarato la nascita di una sua provincia, la più settentrionale del suo “califfato”.
Il timore di non riuscire a bloccare il flusso di cittadini che dalla Federazione Russa si reca a combattere per questo o quel gruppo terroristico e soprattutto di non poter impedire il loro rientro a conflitto finito preoccupano seriamente Putin e il suo paese.
Per questo il leader del Cremlino spingerà per combattere assieme all’Occidente l’Is e il terrorismo tutto. Una proposta che dopo gli attentati alle Torri Gemelle non venne presa in considerazione dagli Stati Uniti.

Fonte: Limes online 

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.