di Alfonso Gianni
Huffington Post ha fatto bene a sottolineare la perentoria richiesta della Caritas sul tema del reddito garantito. Questa posizione, a non molta distanza dalla giornata mondiale contro la povertà, prevista per il 17 ottobre, potrebbe essere anche d'aiuto ad aumentare le mobilitazioni già previste per quella giornata in Italia e in altri paesi.
La Caritas mette sotto accusa la politica fin qui seguita dal governo Renzi. Gli 80 euro in busta paga sono stati una goccia in un mare crescente di povertà. La riforma fiscale che il Presidente del Consiglio promette, 45 miliardi di tasse in meno in tre anni, oltre a essere di dubbia attuazione, comincia malissimo: dalla abolizione della tassa sulla casa. Poiché questa era già stata tagliata per il 31% dei contribuenti meno abbienti, quella di Renzi, come lo fu quella di Berlusconi a suo tempo, è una misura ad esclusivo vantaggio dei ceti più abbienti. L'esatto contrario della lotta alla povertà. Gli altri passi della "riforma copernicana" di Renzi, così egli ha definito con scarsa modestia la sua proposta, riguardano riduzioni che concernono le imprese. Le persone fisiche e i pensionati arrivano per ultimi, se ci sarà capienza.
Intanto disoccupazione e povertà crescono. Non basta lavorare, vista la precarietà e le basse retribuzioni, per uscire dalla povertà e dalla indigenza. Ma non se ne può uscire in modo definitivo, neppure con sussidi, ovvero trasferimenti monetari dallo Stato, se non ci sono prospettive di un lavoro remunerato secondo i principi contenuti nell'articolo 36 della nostra Costituzione che parlano per il lavoratore del "diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa".
Ma a chi chiede reddito perché ne ha bisogno subito per sopravvivere, non si può rispondere: "aspetta, un giorno ti daremo lavoro". Così come a chi chiede lavoro, perché questo significa dignità sociale, non si può solo parlare di un reddito garantito che lo porterebbe a galleggiare appena sopra la linea della povertà.
C'è bisogno di introdurre misure universali di reddito garantito e nello stesso tempo di politiche del lavoro che non puntino alla flessibilità - grande e perniciosa illusione del neoliberismo - ma alla creazione di nuovo lavoro in settori economici innovativi. Abbiamo bisogno insieme di una politica di contrasto alla povertà - anche di chi lavora, dei working poor - e di una sostenibile politica economica e industriale. Nel nostro paese mancano entrambe. Da tempo, non solo per colpa di questo governo che pure, al di là della solita propaganda, ce la mette tutta per peggiorare la situazione. I dati Svimez e Istat parlano chiaro, e in modo spietato.
Ma quando parliamo di reddito garantito di che parliamo? Questa à la domanda che sorge spontanea leggendo quanto Huffington dice della proposta di Caritas. La Caritas Italiana "auspica l'introduzione" di "un sistema fondato su una misura rivolta a chiunque sia in povertà assoluta", come "quello previsto dal Reddito d'inclusione sociale (Reis) proposto dall'Alleanza contro la povertà in Italia". Ci vuole "una misura nazionale per tutti i poveri, che rappresentano il 6,8% delle popolazione in Italia", ha affermato il responsabile scientifico del Rapporto Cristiano Gori, auspicando "un piano nazionale in quattro anni, dal 2016 al 2019". All'inizio, l'introduzione del reddito minimo "costerebbe solo 1,8 miliardi di euro mentre a regime la spesa sarebbe di 7,1 miliardi".
Ma se è così, non ci siamo. Il reddito garantito non può avere come base la famiglia, ma dovrebbe essere indirizzato alle singole persone. Invece il Reis richiamato da Caritas - e non c'è da stupirsi, data la matrice ideologica della Istituzione - si caratterizza proprio per intervenire in favore delle famiglie cadute in povertà.
Meglio che niente, si dirà. Certo. Ma il diritto di cui parla la Costituzione non riguarda le famiglie, ma le singole persone, sia che abbiano famiglia, sia che no. In quanto cittadini, non in quanto madri o padri di famiglia, essi sono titolari del diritto al lavoro e a un reddito che fornisca un'esistenza libera e dignitosa.
Su questo bisogna fare chiarezza, proprio perché l'intervento della Caritas può essere di aiuto a l'avanzamento della discussione parlamentare delle proposte di legge depositate sul tema, ma sarebbe gravemente riduttivo se le curvasse in senso puramente familistico.
Fonte: Huffingtonpost.it
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